Secondo un’indagine realizzata da Nomisma per l’Osservatorio Sanità di Unisalute, sei italiani su dieci ritengono che il Servizio Sanitario Nazionale non sia più in grado di coprire tutti i bisogni di salute della collettività, mentre la fiducia resta salda per un italiano su due. Solo il 36% considera il nostro SSN tra i migliori. La ricerca è stata condotta su un campione di 1.346 italiani tra i 18 e i 70 anni, stratificato per età, sesso e area geografica, con un sovracampionamento nelle province di Milano, Torino, Padova, Bologna, Napoli, Palermo, Genova e Cagliari.
Guardando ai numeri dell’Osservatorio 2023 lo scontento verso il Ssn arrivava solo al 46% del campione, mentre il 56% di esso si diceva soddisfatto delle cure ricevute dal pubblico, percentuale scesa al 47% nel 2024. Un trend negativo – quello della percezione che i cittadini hanno della sanità pubblica – che si manifesta anche riguardo ai tempi di erogazione delle prestazioni, che il 77% degli intervistati considera eccessivi. Più di quattro su cinque (84%), inoltre, ritengono che rispetto a 5 anni fa i tempi di attesa si siano allungati, e di conseguenza puntare a ridurli (74%) e fornire maggiori disponibilità di date e orari (47%) sono i due aspetti più importanti su cui intervenire per migliorare il Ssn.
Nuove tecnologie e occupazione
Rispetto al periodo pre-pandemia Covid-19, un intervistato su quattro (25%) nota un maggior ricorso nel pubblico ai servizi di telemedicina e teleconsulto: un sostegno da parte della tecnologia che viene visto con favore, tanto che il 61% vorrebbe un maggior uso di soluzioni tecnologiche per l’assistenza a distanza. Certo le nuove tecnologie possono fare molto nel rendere più facile il compito ai medici, facilitando quel contatto medico-paziente che in alcuni casi, per motivi vari, non è semplice da realizzare; ma non possono ovviare a carenze strutturali del sistema, che il cittadino constata quotidianamente recandosi in un ospedale o in ambulatorio pubblico.
Sul versante occupazionale, infatti, il tema della carenza di personale sanitario è ormai uscito dal recinto del dibattito tra addetti ai lavori per estendersi a tutta l’opinione pubblica. Una presa di coscienza dimostrata anche dall’indagine Unisalute-Nomisma: più di 3 italiani su 4 (76%) sostengono che il numero di medici e infermieri in forze al Servizio sanitario nazionale sia inadeguato rispetto alle esigenze dei cittadini. Di qui anche le inefficienze di un sistema pubblico che, tra le altre cose, deve subire la concorrenza del privato, da un lato, e degli altri Paesi europei, ma non solo, dall’altro, visto che all’estero le retribuzioni sono spesso molto più allettanti. Da parta sua il governo ha inserito nel progetto di legge di Bilancio ora al vaglio del Parlamento una misura con la quale aumenta le indennità per i medici del pronto soccorso. Un ambito che sconta negli ultimi anni una “crisi di vocazioni” e, più di recente, un crescente problema di violenza e aggressività da parte di parenti e amici dei pazienti presi in carico dalla medicina d’urgenza. Episodi che appaiono sempre più spesso nelle cronache dei giornali.