Nel primo semestre del 2024 la spesa farmaceutica per acquisti diretti, composta soprattutto da medicinali a dispensazione ospedaliera, è stata di 7,687 miliardi, pari all’11,59% del Fondo sanitario nazionale. Lo scostamento rispetto al tetto è di 2,181 miliardi.
Nello stesso periodo la spesa convenzionata netta a carico Ssn – quella che passa dalle farmacie territoriali – è stata pari a 4.009,4 milioni di euro, al netto di sconti, ticket regionali, compartecipazioni al prezzo di riferimento e del payback; in lieve aumento (+22,1 milioni di euro) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La convenzionata, in pratica, si attesta, nella misura di 296 milioni, al di sotto del tetto programmato a inizio anno, che è pari al 6,60% del Fondo sanitario nazionale (Fsn).
Questi i dati salienti del Monitoraggio della spesa farmaceutica Nazionale e Regionale per il periodo gennaio-giugno 2024 pubblicato da Aifa,
I consumi, espressi in numero di ricette (294,2 milioni), sono cresciuti dell’1,5% rispetto al 2023, così come l’incidenza del ticket totale (+1,4%). Anche le dosi giornaliere dispensate sono aumentate del 0,5%, equivalenti a 59,2 milioni in più rispetto all’anno precedente. La spesa per i farmaci innovativi sale del 20,9% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno, attestandosi a 502 milioni, mentre cala del 9,9% la spesa per i medicinali di fascia C acquistati dalle Regioni, pari in valore assoluto a 389 milioni.
È invece pari a 545 milioni la quota di compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini per il pagamento del differenziale di prezzo tra i meno costosi medicinali generici e gli originator.
Una crescita fisiologica
Come accade ormai da anni la spesa farmaceutica ospedaliera sfora il budget previsto, che per il 2024 è pari all’8,30% del Fsn. Incrementi progressivi di spesa che, secondo molti addetti ai lavori, sono da ricondurre – al di là una percentuale di sprechi difficili però da quantificare – a stanziamenti troppo esigui, rispetto alle crescenti esigenze assistenziali che si manifestano nelle strutture ospedaliere.
«L’andamento della spesa per acquisti diretti non deve sorprendere, visto che già lo scorso anno nel primo semestre si era registrato uno scostamento del 10,88% rispetto al tetto di spesa programmato, inferiore di appena lo 0,6% rispetto a quello registratosi in questa prima metà dell’anno», commenta da parte sua il presidente dell’Aifa Robert Nisticò (nella foto). «L’incremento di spesa, come nei precedenti monitoraggi, risente soprattutto della crescita di quella per i farmaci oncologici a uso ospedaliero. L’Aifa utilizza tutti gli strumenti a sua disposizione per il controllo della spesa, a cominciare dalla contrattazione dei prezzi, tra i più bassi d’Europa, per finire con le complesse procedure di ripiano in base al meccanismo del pay-back, che porteranno quest’anno nelle casse dello Stato circa 2 miliardi di euro. Ma è chiaro che la spesa per gli acquisti diretti è condizionata anche dall’assegnazione dei budget nelle singole aziende ospedaliere e dai controlli sulle prescrizioni».
Il trend, sottolinea Nisticò, non è solo italiano, caratterizza tutti i Paesi avanzati: «La ricerca corre veloce ma ha un costo. Così come incide l’invecchiamento della popolazione che va di pari passo con l’accrescimento dei bisogni assistenziali. Ciò non toglie che, come dimostrano i dati del nostro Rapporto OsMed, da poco pubblicato, ci sia ancora da lavorare in termini di appropriatezza e aderenza alle terapie».