Da più parti viene denunciata una sempre maggiore difficoltà del sistema sanitario nazionale in termini economici e organizzativi. Per continuare a garantire la vocazione universalistica del sistema sanitario è necessaria oggi una serie di misure e politiche chiave per affrontare i nodi e le criticità che possono minare alla base l’equità e la sostenibilità del sistema, promuovendo un percorso progressivo di riforma e di regolamentazione che consenta di recuperare appropriatezza, efficacia ed efficienza.
Di questi temi tratta un documento, recentemente presentato su iniziativa della Fondazione The Bridge, dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università degli Studi di Pavia, con alcune proposte di politiche sanitarie per avviare una vera riforma in Italia e dotarsi di un sistema sanitario più equo, partecipato e sostenibile. Il documento è frutto del primo anno di lavoro del gruppo di “Agenda Salute”.
Istituire un green team nelle strutture sanitarie
Tra i temi affrontati quello della sanità integrativa: da qualche anno, infatti, si è sviluppato un modello di finanziamento sanitario multi-pilastro, evidenziando una crescente ibridazione del Ssn. Purtroppo, tale sviluppo non è stato governato, mentre appare necessario disciplinare il processo sui piani regolatorio e organizzativo, garantendo adeguati monitoraggio e vigilanza. Il gruppo di lavoro chiede maggiore trasparenza e che vengano pubblicati i dati della sperimentazione in atto, prima che il modello diventi effettivo nel 2025. Tra le altre proposte si richiede di ampliare la funzione di finanziamento e rimborsabilità delle prestazioni nei confronti dei soggetti del sistema integrativo collettivo, tutelando gli interessi degli assistiti in una logica di continuità delle cure.
«I temi presenti in Agenda Salute sono fondamentali per il futuro del Ssn. La sanità integrativa è tra i punti più importanti. Da tempo leggiamo che la spesa privata per la sanità in Italia è aumentata, ma questo non è vero», spiega Alessandro Venturi, professore di Diritto amministrativo e di Diritto regionale e degli enti locali presso il dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Pavia, Alma Ticinensis. «Anzi, dei 42 miliardi che vengono spesso citati, premesso che sono delle stime e nessuno sa realmente a quanto ammonti la spesa sanitaria privata, in realtà solo 17 sono spesa sanitaria vera, cioè quella che non è sostituita dal Ssn. Una spesa fisiologica. Di questi 17 miliardi, poi, ne abbiamo 4 che sono già intermediati da fondi mutualistici o assicurativi, quindi si riducono a 13 miliardi. Allora, con il primo punto di Agenda Salute, parlare cioè in maniera aperta di sanità integrativa al di fuori di qualsiasi ideologia, vogliamo immaginare un sistema che riduca il più possibile la spesa dal proprio portafoglio, quella out of pocket pura, mentre dovrebbe aumentare la spesa intermediata da fondi assicurativi e mutualistici. In un quadro, però, dove il Ssn con i suoi 136 miliardi di spesa copre ancora il prevalente fabbisogno di tutti i cittadini italiani».
Su ricerca e sperimentazione clinica una delle proposte è quella di sostenere lo sviluppo di una strategia nazionale della ricerca sanitaria e di una governance della sperimentazione clinica con la creazione di un’Agenzia nazionale della ricerca sanitaria.
Per promuovere una medicina preventiva bisogna accedere alle informazioni raccolte nelle attività di assistenza clinica e a quelle in possesso del Ssn e dei Ssr, ma oggi esistono dei gravi ritardi dovuti alla rigidità di applicazione del Gdpr. È importante, allora, sostenere il Disegno di legge, presentato al Senato nel 2024, che regola la gestione dei dati sanitari con una modalità innovativa (sandbox), mutuata dall’ambito finanziario, che permette di affrontare in un ambiente protetto e sicuro i limiti posti all’utilizzo dei dati sanitari da parte dei Dpo (Data protection officer).
Attualmente in Italia sono riconosciute trenta professioni sanitarie, e il volume dei professionisti coinvolti, che operano sia in strutture pubbliche che private, è di circa 1.500.000 unità. Per il futuro, per esempio, si prevede che tra le professioni più richieste, non ancora riconosciute, ci saranno l’esperto di deep learning (addestratore di algoritmi), lo stratega del lifestyle, il telechirurgo, l’esperto di bioprinting (organi sintetici), il terapista realtà virtuale (in ambito salute mentale), l’analista di dati sanitari (big data). Tra quelle già riconosciute, invece, si prevede saranno più richiesti l’infermiere professionista, il medico tecnologo e l’assistente sanitario a domicilio. Affinché si possano adottare logiche predittive adeguatamente affidabili e supportare uno sviluppo coerente delle figure professionali che saranno maggiormente richieste, è necessario prevedere una riforma della formazione specialistica e delle lauree triennali abilitanti e l’istituzione di un tavolo interministeriale che si occupi di monitoraggio e individui i trend formativi utili a breve, medio e lungo termine e li espliciti in offerta formativa universitaria e corsi Ecm.
Infine, il cambiamento climatico, il cui impatto sulla salute umana è ormai comprovato. Il settore sanitario è responsabile in media del 4,4% delle emissioni di CO2 globali. L’Ue è la terza produttrice dopo Stati Uniti e Cina, e l’Italia si colloca tra quei Paesi il cui settore sanitario produce emissioni poco superiori alla media, con il 4% sul totale delle emissioni nazionali. È necessario, quindi, ripensare l’aspetto organizzativo e culturale delle strutture ospedaliere, per esempio inserendo gli ospedali negli elenchi delle aziende energivore e istituendo un tavolo permanente con i Ministeri di competenza (Ambiente, Salute, Semplificazione), le rappresentanze regionali e le associazioni ospedaliere, per semplificare la normativa esistente, prevedendo l’istituzione di un green team aziendale e l’adozione di un piano annuale delle politiche ambientali che promuova l’utilizzo di energie rinnovabili.