L’Italia è uscita dall’emergenza Covid-19 con un Servizio sanitario nazionale indebolito e il netto aumento del finanziamento pubblico negli ultimi anni è stato interamente assorbito dall’emergenza, tanto che ora le Regioni rischiano di tagliare i servizi. Liste di attesa molto lunghe, aumento della spesa sanitaria privata, diseguaglianza tra le diverse Regioni, sono alcuni dei problemi emersi dal quinto Rapporto Gimbe, che ha mostrato un netto peggioramento dello stato di salute del Ssn, con ritardi nell’erogazione delle prestazioni sanitarie, nuovi bisogni di salute e demotivazione del personale sanitario.
Farmacisti protagonisti della prossimità
«La crisi di sostenibilità del Servizio sanitario nazionale sta raggiungendo il punto di non ritorno tra l’indifferenza di tutti i Governi che negli ultimi quindici anni, oltre a tagliare o non investire in sanità, sono stati incapaci di attuare riforme coraggiose per garantire il diritto alla tutela della salute», ha commentato Nino Cartabellotta (nella foto), presidente della Fondazione Gimbe. «La sanità pubblica è una conquista sociale irrinunciabile e un pilastro della nostra democrazia; il livello di salute e benessere della popolazione condiziona la crescita economica del Paese; infine, la perdita di un Ssn universalistico porterà a un disastro sanitario, sociale ed economico senza precedenti». In questo contesto, il Ddl sull0’autonomia differenziata potrebbe aggravare ulteriormente la situazione.
Le liste di attesa molto lunghe sono uno dei segnali che creano maggior disagio ai cittadini. Secondo Gimbe il ritardo delle prestazioni sanitarie accumulato durante la pandemia ha determinato un ulteriore allungamento delle liste di attesa che le Regioni non riescono a smaltire nonostante le risorse stanziate dal Governo. Secondo una recente audizione dell’Istat la quota di persone che hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie è passata dal 6,3% nel 2019 al 9,6% nel 2020, sino all’l’11,1% nel 2021. Anche a causa delle liste di attesa nel 2021 la spesa sanitaria in Italia ha raggiunto i 168 miliardi di euro, di cui 127 miliardi di spesa pubblica (75,6%), 36,5 miliardi (21,8%) a carico delle famiglie e 4,5 miliardi (2,7%) sostenuti da fondi sanitari e assicurazioni.
«La chiave di lettura», spiega Cartabellotta, «è chiarissima: la politica si è sbarazzata di una consistente quota di spesa pubblica per la sanità, scaricando oneri iniqui sui bilanci delle famiglie». Infine, il monitoraggio del ministero della Salute sugli adempimenti ai Livelli essenziali di assistenza, «documenta enormi diseguaglianze regionali con un gap Nord-Sud ormai incolmabile, che rende la “questione meridionale” in sanità una priorità sociale ed economica». A tutto questo si aggiunge un mancato accesso alle innovazioni.
Nel marzo 2013 la Fondazione Gimbe ha lanciato la campagna “Salviamo il nostro Servizio sanitario nazionale”, «con il monito che la perdita del Ssn non sarebbe stata annunciata dal fragore di una valanga, ma dal silenzioso scivolamento di un ghiacciaio, attraverso anni, lustri, decenni. E dopo dieci anni di battaglie Gimbe per la sanità pubblica, nell’indifferenza di tutti i Governi, le evidenze dimostrano che siamo vicini al punto di non ritorno. Se un Ssn pubblico, equo e universalistico rappresenta ancora una priorità del Paese e un pilastro della nostra democrazia è necessario un repentino cambio di rotta, indicato dalla Fondazione con il “Piano di rilancio del Servizio sanitario nazionale», ha concluso Cartabellotta.
In questo rilancio del Ssn i farmacisti potrebbero avere un ruolo centrale, attraverso la valorizzazione del ruolo e delle competenze nell’ambito del Ssn, il consolidamento della Farmacia dei servizi, la lotta alla burocrazia e la spinta al digitale. In questi anni i farmacisti si sono affermati «come i principali interpreti di quella prossimità che rappresenta la chiave di volta per la costruzione di un Servizio sanitario più equo, efficiente e sostenibile» ha spiegato Andrea Mandelli, presidente della Fofi, in occasione della conferenza nazionale della Fondazione Gimbe. «Per questo, è opportuno implementare la Farmacia dei servizi, che è stata il fondamento della risposta del Paese ai cittadini negli ultimi tre anni; dare piena applicazione al Dm 77 con la farmacia sempre più integrata nel sistema sanitario e collegata in rete con i professionisti delle cure primarie per la presa in carico dei cronici; ma anche riportare sul territorio i farmaci innovativi che possono essere gestiti e dispensati dal farmacista di comunità e per i quali è necessario trovare una remunerazione che ne favorisca la distribuzione sul territorio». In parallelo con la valorizzazione delle funzioni del farmacista di comunità è poi necessario promuovere il rafforzamento della presenza e delle competenze dei farmacisti all’interno negli ospedali e nelle Asl, dando piena realizzazione al ruolo del farmacista clinico e di dipartimento.
Infine, ha concluso Mandelli «si rende necessaria una revisione del sistema Ecm, che vada realmente incontro alle esigenze del professionista e che valorizzi la formazione sul campo. Ci sono poi la sfida della sanità digitale, con la piena attuazione del Fascicolo sanitario elettronico e del Dossier farmaceutico, e della “sburocratizzazione”, oggi quanto mai prioritaria alla luce dell’importante carenza di personale sanitario che riguarda da vicino anche i farmacisti».