La questione è annosa e va ricapitolata. Un Decreto legge del 2015 prevede che gli sforamenti dei budget regionali relativi all’acquisto di dispositivi medici vengano ripianati in parte dalle aziende fornitrici, nella misura, più o meno del 50%, con il meccanismo del cosiddetto payback. Il provvedimento è rimasto in realtà inapplicato, finché, come si suol dire, i nodi sono venuti al pettine: le Regioni hanno chiesto alle aziende di “rientrare”, in relazione al periodo 2015-2018. Suscitando la reazione di Confindustria Dispositivi Medici, l’associazione di categoria, che a più riprese ha parlato di misure non sostenibili per buona parte delle imprese che riforniscono le strutture sanitarie pubbliche dei dispositivi necessari alla attività quotidiana.
La parola è passata quindi alla giurisprudenza, fino alla pronuncia di questi giorni della Corte Costituzionale (articolata in due diverse sentenze), secondo cui il «payback presenta di per sé diverse criticità, ma non risulta irragionevole in riferimento all’art. 41 Cost., quanto al periodo 2015- 2018. Esso, infatti, pone a carico delle imprese per tale arco temporale un contributo solidaristico, correlabile a ragioni di utilità sociale, al fine di assicurare la dotazione di dispositivi medici necessaria alla tutela della salute in una situazione economico finanziaria di grave difficoltà. Il meccanismo non risulta neppure sproporzionato, alla luce della significativa riduzione al 48% dell’importo originariamente posto a carico delle imprese, riduzione ora riconosciuta incondizionatamente a tutte le aziende in virtù della citata sentenza n. 139».
Confindustria DM: comparto a rischio sopravvivenza
In teoria il dettato della Consulta dovrebbe mettere fine al contenzioso tra Regioni e aziende ma la reazione allarmata di queste ultime rende probabile il tentativo di una soluzione di compromesso, non facile però da trovare, perché le Regioni su quei rimborsi fanno conto: se quelle risorse non arrivano dalle imprese da chi possono arrivare? Dallo Stato? Difficile, viste le perenni ristrettezze di bilancio.
Prendendo atto delle citate sentenze il presidente di Confindustria DM (Dispositivi Medici) Nicola Barni (nella foto) parla esplicitamente di comparto a rischio: «La pronuncia di rigetto della Corte costituzionale sull’incostituzionalità del meccanismo del payback sui dispositivi medici versa un intero comparto e tutta la filiera italiana del settore in una crisi irreversibile. Gran parte delle imprese non solo saranno nell’impossibilità di sostenere il saldo di quanto richiesto dalle Regioni, ma saranno altresì costrette ad avviare procedure diffuse di mobilità e licenziamento, ad astenersi dalla partecipazione a gare pubbliche e, in molti casi, a interrompere completamente la propria attività in Italia».
Ne consegue un appello al governo per «l’immediata convocazione e costituzione di tavoli per gestire la crisi del comparto. Inoltre, con questa sentenza non si è considerato che le imprese potrebbero non essere in grado di provvedere alle forniture con un’inevitabile ripercussione sulla capacità del sistema di garantire la tutela della salute dei pazienti».