Sempre più, a livello globale, la rete delle farmacie si sta affermando come presidio sanitario a tutela della salute pubblica. In particolare, in Italia l’emergenza pandemica ha trasformato le farmacie in capisaldi delle campagne vaccinali e del tracciamento dei contagi da Covid, attraverso l’esecuzione di test diagnostici. Ma, emergenze a parte, la salute pubblica si basa soprattutto sulla prevenzione, sulla capacità di indurre, nei cittadini, la consapevolezza di quanto siano importanti gli stili di vita, a livello individuale e sociale. Anche questo fa parte di quella che chiamiamo “Farmacia dei servizi”.
Riconosciuta come elemento importante di salute pubblica, la lotta al fumo però sta passando poco dalle farmacie, nonostante il consumo di tabacco sia unanimamente riconosciuto come fattore di rischio per molte patologie e fonte di ingenti costi socioeconomici. Di qui il documento appena pubblicato dalla International pharmaceutical federation (Fip) sul “Ruolo dei farmacisti nel costruire un futuro libero dal tabacco e dalla dipendenza da nicotina”. Fip, è utile ricordarlo, è una istituzione con più di un secolo di vita, che riunisce sotto le proprie insegne 160 organizzazioni di rappresentanza dei farmacisti, di ogni parte del mondo.
Un ruolo più attivo
Alla base di tutto la sollecitazione della Fip alle associazioni alle quali si rivolge affinché supportino le farmacie attraverso l’elaborazione di linee guida focalizzate sullo stop al fumo. I farmacisti, da parte loro, «dovrebbero assumere un ruolo più attivo nel dissuadere i cittadini dall’uso del tabacco, servendosi anche delle tecnologie digitali per diffondere la conoscenza presso chi voglia smettere di fumare dei trattamenti più efficaci». Come sempre Fip si rivolge anche alle istituzioni perché investano nella formazione di operatori preparati anche in questo specifico campo; ai governi poi il compito di remunerare i presidi territoriali che siano attivi nella lotta al fumo.
«Chi più dei farmacisti», sottolinea Lars-Åke Söderlund (nella foto), vice presidente di Fip, «può agire sulla salute pubblica attraverso l’informazione al paziente, il rapporto diretto con lui, la conoscenza dei trattamenti farmacologici. I farmacisti possono contribuire all’aumento delle percentuali di abbandono del fumo identificando dapprima coloro che ne fanno uso, poi valutando la loro propensione a smettere e infine indicando loro gli interventi più adatti a raggiungere l’obiettivo».
Tra le raccomandazioni di Fip ai farmacisti quella, primaria, a seguire corsi di formazione ad hoc e fare opera di persuasione non solo sugli adulti soggetti al vizio del fumo ma più ancora sulle giovani generazioni, che sono spesso tentate dal consumo di tabacco o dalla pratica del vaping, l’utilizzo di quelle sigarette elettroniche che stanno sostituendosi, in parte, a quelle tradizionali, senza essere più salutari.
Si tratta ovviamente di linee guida che vanno poi declinate in modo diverso da Paese a Paese, a seconda delle differenti legislazioni. Tra le altre raccomandazioni quella di inserire la dipendenza da fumo in quello che in inglese si definisce health record e che da noi è il Fascicolo sanitario elettronico, in modo da rendere più evidente i rischi, per il soggetto, di incorrere in determinate patologie, oltre che la possibilità che alcuni trattamenti farmacologici possano risultare di minore efficacia.
Fonte: https://www.fip.org/file/6049