Approvato da Senato e Camera, il Decreto-legge sulle liste d’attesa varato dal governo alcune settimane fa è diventato legge. Un provvedimento nato sull’onda delle crescenti proteste dei cittadini, senza grandi distinzioni tra regione e regione, sull’impossibilità di accedere in tempi “normali” a prestazioni sanitarie in ambito Ssn, siano esse fornite dalle strutture pubbliche o da quelle private convenzionate.
Il testo di legge prevede l’istituzione, presso l’Agenas, di una Piattaforma nazionale per le liste d’attesa che, sulla carta, dovrebbe consentire al ministero della Salute di monitorare la situazione Regione per Regione. Altro elemento portante l’istituzione di Cup unici regionali per le prenotazioni, in modo che l’offerta sanitaria ai cittadini, pubblica e convenzionata, sia davvero completa e in grado di limitare disservizi e ritardi.
Grande la soddisfazione del ministro della Salute Orazio Schillaci: «La nostra priorità è tutelare il diritto alla salute degli italiani e lo facciamo attraverso un nuovo sistema di monitoraggio finalmente efficace e strumenti di controllo che vedono in prima linea le Regioni e il Ministero della Salute con un Organismo che potrà attivare poteri sostitutivi, in caso di inadempienza. Aboliamo dal 2025 il tetto di spesa per le assunzioni di personale, diamo ulteriori incentivi al personale con la detassazione delle prestazioni aggiuntive e garantiamo che ai cittadini sia sempre erogata la prestazione: se non ci riesce il servizio pubblico, si ricorre all’intramoenia o al privato accreditato. Non ci sono regali ai privati, al contrario il privato accreditato dovrà fare pienamente la propria parte mettendo a disposizione tutta l’offerta di prestazioni nel Cup unico regionale. Inoltre, sosteniamo le Regioni del Sud con interventi di adeguamento tecnologico e formazione di personale per potenziare l’assistenza sociosanitaria. Da questo momento non ci sono più alibi: abbiamo definito chiaramente regole e responsabilità».
Non mancano le critiche
Fin dalla sua uscita il Dl liste d’attesa, ora convertito in legge, non ha mancato di suscitare polemiche, da parte dell’opposizione parlamentare, e critiche da parte di specialisti della politica sanitaria.
Tra questi ultimi il presidente di Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta, durante una audizione al Senato, ha espresso molti dubbi sul fatto che si possa imprimere una svolta alla crisi liste di attesa puntando sempre sugli stessi organici: «Se i professionisti sono sempre gli stessi e con carichi di lavoro già inaccettabili, come potranno mai erogare le prestazioni anche il sabato e la domenica, senza violare la direttiva UE sugli orari di riposo che prevede, oltre alle 11 ore al giorno, almeno un giorno intero (24 ore) di riposo a settimana?». Altro tema spinoso, la detassazione degli straordinari con una flat tax al 15%: «Nel 2024 gli 80 milioni necessari saranno recuperati dal fondo per i danneggiati da trasfusioni e vaccinazioni e da altri obiettivi nazionali. Dal 2025 gli oltre 160 milioni verranno dalla corrispondente riduzione della spesa destinata al perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale previsti dalla Legge di Bilancio 2024». La preoccupazione, in sostanza, è che per incentivare gli operatori sanitari a lavorare di più, offrendo loro maggiori gratificazioni economiche, si tolgano risorse a un Fondo sanitario nazionale già non ricchissimo, per usare un eufemismo.
Quanto alle società scientifiche, la posizione del Collegio Reumatologi Italiani pone l’accento sulla necessità che i mutamenti avvengano in tempi brevi: la legge appena approvata «crea le condizioni affinché vengano definiti ulteriori strumenti per migliorare l’appropriatezza della richiesta di visite ed esami, ma è necessario che questi strumenti siano avviati in tempi brevi, producendo quell’effettivo alleggerimento e de-affollamento degli ambulatori che è nell’attesa di popolazione e istituzioni». Va posta, da parte delle istituzioni, «un’attenzione decisa su tre temi rilevanti: appropriatezza prescrittiva di esami e visite specialistiche, monitoraggio delle prestazioni, conoscenza della domanda-offerta sui territori locali». La questione appropriatezza è fondamentale: quante prestazioni sanitarie sono davvero urgenti? Se non lo sono la conseguenza è che vanno a intasare agende che dovrebbero invece definire criteri di priorità in tema di accesso alla sanità pubblica.
Infine, sul piano politico le critiche delle opposizioni parlano di provvedimento non adeguatamente finanziato e dalla realizzazione molto futuribile. Oltre che di “regalo ai privati”. Obiezione che, come abbiamo visto, Schillaci respinge vivamente.
Senza esprimere giudizi di merito, che non ci competono, ci limitiamo a osservare che l’attuazione dei vari Cup regionali non sarà facile. Anche in una regione come la Lombardia, considerata tra le più performanti a livello sanitario, il tema è al centro da tempo del dibattito amministrativo e considerato prioritario dall’assessore alla Salute Bertolaso. Ma finora gli esiti sono stati negativi.