L’intervista a Erika Mallarini, Associate Professor of Practice di Government, Health and Not for Profit presso Sda Bocconi School of Management

L’intervista a Erika Mallarini, Associate Professor of Practice di Government, Health and Not for Profit presso Sda Bocconi School of Management

Quali trasformazioni avvenute nel 2021 nel mondo della farmacia ci porteremo nell’anno nuovo?

Ci sono state tre grandi categorie di trasformazioni: di tipo istituzionale, organizzativo e di mercato. Sotto il primo profilo la possibilità di erogare i servizi di tamponi e di vaccinazione anti Covid-19 e antinfluenzale hanno permesso alla farmacia di essere inclusa a pieno titolo tra i presidi sanitari. Non che non lo fosse già nella sostanza, ma mancava quel riconoscimento da parte delle istituzioni che oggi finalmente c’è e che è indispensabile per un modello economico sostenibile, che stia in piedi indipendentemente dal commerciale. I nuovi servizi hanno avuto un impatto organizzativo non indifferente sull’organizzazione del lavoro e degli spazi e hanno reso necessario adottare nuove modalità di gestione di stampo manageriale. Ma la vera trasformazione destinata a stravolgere il settore è quella di mercato: la farmacia oggi è diversa anche perché il customer journey è cambiato. Secondo una recente ricerca del Channel & Retail Lab Sda Bocconi, la permanenza media del cliente in farmacia che era di 7 minuti pre-pandemia ed era scesa a 4 minuti durante l’emergenza, è passata oggi a circa 2 minuti. La consulenza è sempre fondamentale, ma si chiedono informazioni diverse perché sono cambiati i problemi e l’approccio a essi. Anche i clienti più fedeli hanno sperimentato durante la pandemia prodotti che tradizionalmente compravano in farmacia in canali diversi, scoprendo brand che non conoscevano; le promozioni sono percepite in modo differente; i colori hanno assunto altri significati; il numero di persone all’interno del punto vendita impatta in modo nuovo sulla propensione all’acquisto. Non è solo una questione di digitalizzazione, anzi gli effetti di quella non li abbiamo ancora visti, è proprio una rivoluzione nella modalità di interazione con la farmacia.

Quali altri cambiamenti non ancora in atto vede all’orizzonte?

Come ho detto, della digital transformation non abbiamo visto ancora praticamente nulla, ma sarà quella la vera rivoluzione destinata a cambiare l’intero settore sanitario. Terapie personalizzate, medicina predittiva, chirurgia robotica, queste e altre innovazioni stanno stravolgendo il sistema. Il primo impatto sulla farmacia lo avrà probabilmente la telemedicina, agevolata nella sua diffusione dalla pandemia e dai finanziamenti del Pnrr.  La telemedicina avvicina il medico al paziente, crea una nuova prossimità. E se il contatto con il medico si semplifica e diventa più tempestivo, la consulenza a oggi richiesta alla farmacia può diventare meno rilevante quando posso interfacciarmi direttamente con chi ha fatto la diagnosi e prescritto la terapia. Per le farmacie più orientate all’innovazione lo strumento può però diventare un’opportunità: con il Channel & Retail Lab abbiamo individuato una dozzina di tool – come telecoaching, teleconsulenza, telemonitoraggio – che possono mettere realmente in grado di farmacia di svolgere in maniera strutturata un servizio di pharmaceutical care. D’altra parte, se la farmacia non investe su questo aspetto, rischia di perdere terreno su quello che è il suo punto di forza, ovvero il consiglio al paziente.

Secondo lei, quali saranno i driver che porteranno le persone in farmacia quando usciremo dalla pandemia?

Saranno diversi a seconda di ciascuna farmacia. Mi faccia dire una cosa banale, quello che porta le persone in farmacia sono i farmaci. Se la farmacia se la gioca bene, rispetto alle posizioni acquisite durante la pandemia, ci saranno più farmaci in farmacia. Se il farmacista sarà ancora più bravo, saranno le soluzioni per la salute a far entrare le persone e a “trattenerle”: un mix tra App, strumenti di telemedicina, prodotti e farmaci.

Prossimità: dove si collocherà la farmacia nella nuova organizzazione territoriale della sanità?

Federfarma sta lavorando molto bene sul credito acquisito dalle farmacie durante la pandemia: è presente a tutti i tavoli, non solo quelli in cui si parla di farmaci, per far sì che la farmacia sia sempre più integrata nel sistema sanitario territoriale. Però sulla base dell’esperienza dobbiamo ammettere che non tutte le oltre 19.000 farmacie stanno seguendo questa rivoluzione copernicana messa in atto dal sindacato, non per cattiva volontà, intendiamoci, ma perché le farmacie sono molto diverse tra loro. Solo che questa frammentazione rende difficile alle istituzioni riconoscere la farmacia come un unico interlocutore, e fare degli accordi senza sapere su quante farmacie si può effettivamente contare è difficile. Il rischio concreto è che sarà la Casa della comunità a dispensare il farmaco.  Io però credo ancora nel progetto Sistema Farmacia Italia, nella sua pare relativa alla pharmaceutical care, su quella commerciale spero di essere smentita, ma ho perso ogni speranza. E se si riesce a mappare un sistema di farmacie a geometria variabile sia in termini di servizi garantiti sia di territori coperti la farmacia, non sarà mai più considerata come l’ultima ruota del carro (dalle istituzioni, non dal cittadino che nella farmacia ha sempre, o quasi sempre, trovato le risposte ricercate)

Nuovi servizi e nuovi scenari. Di quali competenze hanno bisogno la farmacia e i farmacisti?

I servizi per la salute sono fortemente specialistici oggi, abbiamo device estremamente sofisticati rispetto ai primi che utilizzavamo, per esempio per l’autoanalisi. Ma se la farmacia impara non a usare lo strumento, ma a sapere mettere in rete una combinazione di servizi, farà la differenza. Faccio un esempio: ci sono spirometri che possono essere utilizzati attaccandoli a uno smartphone, così il farmacista può mettere a disposizione lo strumento, in rete, con la competenza del professionista. Una forma di marketplace esperto e fisico. Dal punto di vista delle competenze la competenza di governance è completamente diversa da quella di erogare un servizio o vendere un prodotto: si tratta di conoscere i device e la patologia. Serve allora fare rete tra farmacie perché facendo rete si può fare accreditamento anche con il Sistema sanitario nazionale, e essere riconosciuti dai medici. E si ritorna a Sistema Farmacia Italia. Ma se non sarà SFI saranno comunque le reti di proprietà o le reti “virtuali” a trovare il modo di diventare “piazze di salute”, un concetto che personalmente mi piace molto più dell’Hub (impossibile perché per essere hub ci vuole il medico) e dello Spoke (perché il valore della farmacia non sta solo nella prossimità).

I consumatori si dimostrano sempre più attenti alla sostenibilità: quali sono le risposte che deve dare la farmacia?

Cito due ricerche: una dell’Osservatorio Consumi Privati in Sanità (OCPS) di Sda Bocconi e una di DiversityLab e Focus Management. La prima è focalizzata sul mondo salute, la seconda è universale, trasversale a tutti i settori.  Dalla combinazione dei due studi è emerso che la sostenibilità in campo sanitario è un concetto più ampio della sola sostenibilità ambientale, ma comprende anche l’inclusione. Inclusione di genere, età, disabilità, condizione socio-economica, etnia, orientamento sessuale e orientamento religioso. Il cittadino su questo tema è estremamente sensibile: è disposto a spendere anche il 20% in più a parità di qualità se il servizio è erogato da una azienda sostenibile e inclusiva. La farmacia è inclusiva per tutte le attività che svolge e per l’attenzione alle fragilità. Sulla questione ambientale, a parte lo smaltimento di farmaci, la questione è più complessa perché c’è un problema in termini di mappe cognitive: è difficile associare alla chimica la tutela dell’ambiente. I farmaci sono potenzialmente inquinanti, quindi nell’immaginario sono l’opposto della sostenibilità ambientale: il rischio è che qualsiasi iniziativa appaia come una operazione di greenwashing.

Farmacie in Europa e nel mondo: quali sono le esperienze e le prassi che vorrebbe importare in Italia?

Sono due le prassi che vorrei importare, ma non solo richiedono una modifica normativa, ma soprattutto non piacciono ai farmacisti. La prima sono i diversi livelli di accreditamento, come nel Regno Unito. Avere farmacie tutte uguali implica un livellamento verso il basso, ma le farmacie non sono tutte uguali e l’accreditamento non determina farmacie di serie A e di serie B, ma consente di sviluppare quello che serve sul territorio e fare delle scelte imprenditoriali. Faccio l’esempio dei vaccini: non sono 19.000 le farmacie ad aver fatto il corso, non tutti quelli che hanno seguito il corso erogano vaccini. Ci sono oggettivi problemi di spazi e di tempo. Non tutte le farmacie possono fare tutto, ma il rischio è – come già detto prima – che le istituzioni non ritengano la farmacia un interlocutore affidabile se si dischiara che La Farmacia X fa qualcosa e non Le farmacie Y,Z… Una soluzione può essere quella dei diversi livelli di accreditamento: alcune farmacie fanno i vaccini, altre assistenza domiciliare integrata, altre ancora case management. Come gruppo Focus Management facemmo questa proposta qualche anno fa ma non piacque alle farmacie italiane, perché nel nostro Paese La Farmacia è una, o almeno così la vede la gran parte dei farmacisti. E secondo me è giusto che una categoria segua la propria vision, anche se magari non quella coerente con l’ambiente istituzionale e di mercato in cui ci troviamo. La seconda proposta mutuata dall’estero sono le Retail Clinic, come erogatori di soluzioni, dal punto prelievi alle visite, alla diagnostica leggera. Il modello americano è nato dalle farmacie. In Italia lo hanno sviluppato i gruppi dell’ospedalità privata. Quello che a me piacerebbe è che anche in Italia fossero le farmacie a cogliere questa opportunità.

 Quale sarà la parola chiave per la farmacia nel 2022?

Per me la parola chiave per la farmacia del 2022 sarà: varietà. Avremo farmacie sempre più diverse l’una dall’altra che si confronteranno tra loro. Si verranno a creare tanti modelli, a causa dell’organizzazione su base regionale della sanità, come già avviene per la Distribuzione diretta e per conto. Se verrà sfruttata come punto di forza, facendo le cose giuste laddove servono, sarà un vantaggio per l’impresa farmacia, per il sistema sanitario e soprattutto per i cittadini.

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