Il sistema sanitario del Regno Unito (Nhs) ha inserito nel piano quinquennale per la salute mentale la formazione per farmacisti, che potrebbero assumere posizioni in nuovi team integrati di assistenza primaria e comunitaria per le persone con malattia mentale, come psicosi e disturbo bipolare dell’umore.
Come riporta un articolo del Pharmaceutical Journal il piano è sostenuto da 2,3 miliardi di sterline di finanziamenti, riservati per sistemi di assistenza integrati per raggiungere obiettivi specifici per migliorare l’assistenza nei servizi di salute mentale. Il progetto consiste in un “Percorso di formazione in farmacia specializzata in salute mentale” dal Nhs, ma secondo i dati forniti dall’Università di Bradford, ci sono state solo 39 iscrizioni, sui 70 posti messi a disposizione dei farmacisti nell’anno 2023/2024.
Indentificare possibili segnali di sofferenza psicologica
Un’occasione mancata, secondo il PJ. È documentato, infatti, che i farmacisti siano una risorsa preziosa per i servizi di salute mentale del sistema sanitario: per esempio un articolo pubblicato sull’Irish Journal of Psychological Medicine nel novembre 2023 ha evidenziato il valore dei farmacisti specializzati in salute mentale nella gestione in particolare dei pazienti con malattia mentale, descrivendoli «nella posizione migliore per fornire leadership per l’ottimizzazione dei farmaci», migliorando l’aderenza e fornendo informazioni. Inoltre, una revisione sistematica di 37 studi pubblicati nel 2022 ha concluso che gli interventi di salute mentale supportati dai farmacisti migliorano i risultati clinici per i pazienti.
Pharmaretail ha chiesto a Lara Bellardita – psicologa, psicoterapeuta e dottore di ricerca in Psicologia Clinica, che svolge attività clinica e di consulenza e formazione con principale riferimento all’ambito della Psicologia della salute e del benessere – un commento sul ruolo che il farmacista potrebbe avere in Italia nell’ambito della salute mentale.
Ritiene questa iniziativa del Nhs importante?
I farmacisti proprio per la loro presenza sul territorio sono spesso, come loro stessi affermano, i primi professionisti sanitari che le persone incontrano e a cui fanno riferimento quando presentano un disagio che sia a livello fisico o mentale. È quindi estremamente importante che ricevano un’adeguata formazione non per andare a sostituirsi agli specialisti della salute mentale, psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, ma per orientare e indirizzare le persone che si trovano in uno stato di difficoltà e vulnerabilità.
I farmacisti sul territorio possono svolgere un ruolo anche nell’ambito della salute mentale?
Secondo il mio parere sì. Infatti, se da una parte il tema della salute mentale è stato “sdoganato” dal disagio psicologico che è emerso durante e soprattutto dopo la pandemia, tuttavia dall’altra parte rimane spesso tabù, in particolare in alcuni contesti rurali o nelle piccole realtà di paese. La formazione ai farmacisti dovrebbe riguardare come identificare possibili segnali di una sofferenza psicologica e come affrontare il discorso di un invio a un professionista della salute mentale.
Come potrebbero essere sfruttate le competenze acquisite?
È evidente l’importanza del supporto del farmacista nell’aderenza alle terapie farmacologiche e comportamentali (per esempio, oggi conosciamo bene il ruolo dell’esercizio fisico sulla salute mentale e sul benessere psicologico). In un certo senso, i farmacisti adeguatamente preparati possono avere il ruolo di “navigatore” sul territorio per affrontare la complessità del disagio psicologico, ovviamente anche quello legato alla presenza di malattie croniche e oncologiche.
C’è poi il tema dello stress a cui sono sottoposti i farmacisti dietro al banco, anche nella gestione del benessere personale una formazione in ambito psicologico potrebbe essere d’aiuto?
Per i farmacisti sarebbe utile avere degli strumenti per tutelare la propria salute mentale e il benessere psicologico. Infatti, i farmacisti rischiano di farsi coinvolgere troppo o, al contrario, di prendere eccessivamente le distanze, per evitare la fatica emotiva che comprensibilmente può derivare dall’essere una figura sanitaria di riferimento per il paziente. Una formazione specifica può essere utile per imparare a riconoscere le emozioni che si provano dietro al banco, e poi viverle in maniera utile, all’interno del rapporto professionale.