«Sono personalmente felice che l’iniziativa One Health Ambassador, promossa da Boehringer Ingelheim si sia concretizzata con la premiazione dei professionisti della salute “virtuosi”. Questa prima edizione ha infatti messo in evidenza quanto sia fondamentale la collaborazione interdisciplinare tra farmacisti, medici di famiglia e veterinari, per affrontare sfide complesse, tra cui l’antibiotico-resistenza, una minaccia crescente e preoccupante riconosciuta tale anche dall’Oms».
Il commento di Silvia Nencioni (nella foto), presidente di Omeoimprese, si riferisce al recente evento romano che ha premiato i giovani professionisti particolarmente attivi, con i loro progetti, in ambito One Health. Un concetto, promosso dall’Organizzazione mondiale sanità, che punta alla sostenibilità complessiva del pianeta, una svolta radicale rispetto a visioni del mondo che hanno condotto a uno sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali a nostra disposizione. Con le conseguenze che conosciamo.
Presidente, l’antibiotico resistenza è sempre più una questione di salute pubblica, non solo in Italia: qual è la posizione di Omeoimprese in merito?
L’antibiotico-resistenza rappresenta senz’altro una delle più gravi minacce alla salute pubblica globale. Ogni anno, nelle Nazioni europee, si stima che causi oltre 35.000 decessi, di cui un terzo solo in Italia. Tra i principali fattori nello sviluppo di patogeni farmaco-resistenti rientra l’uso eccessivo e inappropriato degli antibiotici, sia negli esseri umani che negli animali. Non stupisce quindi che l’Unione europea si sia posta l’obiettivo di ridurre del 20% il consumo totale di antibiotici nell’uomo entro il 2030: un obiettivo sfidante, a cui ritengo che l’omeopatia possa apportare un contributo prezioso, con un impatto positivo sulla salute pubblica.
Quale può essere il ruolo delle medicine non convenzionali nel contrastare il fenomeno?
Sappiamo che l’uso dei medicinali omeopatici, laddove opportuno, può limitare il consumo di antibiotici, quando non necessari. È quanto emerso, per esempio, dal più grande studio farmaco-epidemiologico francese, lo studio EPI3, che ha rilevato, in caso di infezioni delle vie aeree superiori, una riduzione del 57% dell’uso di antibiotici nei pazienti in cura presso medici che prescrivono medicinali omeopatici. Anche in campo veterinario, l’utilizzo dell’omeopatia permette di ridurre la resistenza antimicrobica negli animali, attraverso un minor impiego di antibiotici. Peraltro, i vantaggi di ridurre gli antibiotici in ambito veterinario sono stati oggetto recentemente delle dichiarazioni del sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, durante l’evento conclusivo del G7 Salute di Bari. Secondo Gemmato, l’Italia è prima in Europa per la tracciatura degli antibiotici nella filiera zootecnica e questo ha portato a una riduzione del 46,7% dell’assunzione degli antibiotici da parte degli animali d’allevamento, con un conseguente abbattimento di consumo anche nell’uomo. Questi dati dimostrano l’importanza di integrare le medicine non convenzionali nei protocolli di trattamento esistenti, per contrastare questo fenomeno e massimizzare l’efficacia terapeutica.
Restando al panorama italiano si sente di chiedere alle istituzioni misure che, sostenendo il comparto, potrebbero contribuire alla battaglia contro l’antibiotico-resistenza?
Ecco, di fronte a una sfida di salute così complessa, ritengo che incoraggiare l’inclusione dell’omeopatia nei piani d’azione nazionali contro l’antibiotico-resistenza darebbe un apporto significativo nel contenere questa minaccia. Ciò è particolarmente rilevante alla luce delle recenti raccomandazioni dell’Oms che sottolineano l’importanza delle strategie multidisciplinari nella gestione della salute pubblica. Una scelta peraltro coerente con l’approccio One Health, che promuove un modello basato sulla consapevolezza che la salute umana, quella animale e quella ambientale sono strettamente interconnesse e non possono prescindere l’una dall’altra.
Cosa ritenete prioritario?
In questo contesto, tra le istanze al centro del nostro dialogo con le istituzioni, rientra certamente la necessità che la legislazione italiana sui medicinali omeopatici sia coerente con le caratteristiche di questi farmaci, come peraltro avviene in altri Paesi. Poter superare quei paletti normativi che impediscono per esempio alle aziende di inserire sulle confezioni le indicazioni terapeutiche e la posologia, favorirebbe lo sviluppo dell’omeopatia in Italia e un suo utilizzo a beneficio anche della lotta all’antibiotico-resistenza.