Case di Comunità, Il Sole 24 Ore fa il punto

Case di Comunità, Il Sole 24 Ore fa il punto

A poco più di 500 giorni dalla scadenza fissata per l’apertura delle 1.420 Case di Comunità previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), finanziate con 2 miliardi di euro, il quadro resta complesso. Come racconta Marzio Bartoloni su Il Sole 24 Ore, questi maxi-ambulatori, pensati per rafforzare la Sanità territoriale e avvicinare i servizi ai cittadini, restano ancora per molti un’idea astratta.

Secondo gli ultimi dati, al 30 giugno scorso erano attive 413 strutture, ma la vera sfida non riguarda solo il completamento: è l’effettiva erogazione dei servizi a rappresentare il nodo principale.

Prestazioni limitate e personale carente

Le Case di Comunità dovrebbero garantire prestazioni sanitarie complete, dalla diagnostica di base alle visite specialistiche, dai vaccini agli screening, fino al supporto per la salute mentale e l’assistenza sociale. Tuttavia, come rilevato dalla Corte dei Conti in Lombardia, molte strutture operano con una “ridotta operatività,” a causa della carenza di personale medico e di orari limitati.

In particolare, 120 strutture su 413 attive a giugno non hanno nemmeno un medico in sede, e in altre 58 i medici sono presenti per meno di 30 ore a settimana. L’obiettivo dichiarato è garantire un’apertura h24 o almeno per 12 ore al giorno, con la presenza di una squadra multidisciplinare composta, oltre che da infermieri, anche da psicologi, fisioterapisti, logopedisti e specialisti come cardiologi e diabetologi.

Il nodo del personale

Il problema principale rimane la carenza di personale. Se nel 2022 erano stati stanziati fondi per nuove assunzioni, la legge di bilancio attuale non prevede risorse dedicate. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, punta a integrare i medici di famiglia, prevedendo di assumere i giovani professionisti come dipendenti attraverso una delicata riforma in cantiere.

Nel frattempo, a partire dal 2025, la nuova convenzione per i medici di base prevede 20 milioni di ore da destinare alle Case di Comunità, come ricordato da Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Medici.

Modelli regionali e il ruolo dei “pronto soccorso leggeri”

Alcune Regioni, come Emilia-Romagna e Toscana, hanno già attivato modelli simili con le Case della Salute, che includono “pronto soccorso leggeri” per gestire i casi meno urgenti, come piccoli traumi, febbre o sintomi influenzali. Questi centri, denominati Cau (Centri di Assistenza e Urgenza) o Pir (Punti di Intervento Rapido), potrebbero rappresentare un esempio per alleggerire il carico sui pronto soccorso tradizionali.

Tuttavia, come sottolinea Alessandro Riccardi, presidente della Simeu, è essenziale definire chiaramente i ruoli e i servizi delle Case di Comunità per evitare confusione tra i cittadini.

Le prossime settimane saranno cruciali per capire se queste strutture riusciranno a colmare il divario tra gli obiettivi del Pnrr e la realtà operativa.

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