L’aumento dei costi dell’energia degli ultimi mesi sta mettendo in difficoltà diversi comparti, tra i quali quello della filiera del farmaco. Le difficoltà si riscontrano a diversi livelli, dall’approvvigionamento delle materie prime, con ripercussioni sul prodotto, ma anche sul packaging, all’aumento dei costi di trasporto, e infine alla gestione delle aperture delle farmacie. Il rischio è che nel breve termine i problemi abbiano impatto sui pazienti.
Aumento delle bollette e difficoltà con materie prime
«La situazione è grave. Le aziende farmaceutiche stanno affrontando non solo l’incremento del costo di energia e gas ma anche un aumento delle materie prime e dei costi del packaging, unite all’inflazione e alla svalutazione dell’euro. Tutto questo sta diventando insostenibile, visto che queste non scaricano sui cittadini gli aumenti dei costi sostenuti», ha dichiarato Marcello Cattani (nella foto), presidente Farmindustria, all’Ansa. «A pesare non sono solo gli incrementi del 600% dell’energia e del gas e l’inflazione, arrivata all’8,4%, ma anche gli aumenti del packaging, ovvero di carta e vetro necessari al confezionamento dei medicinali, che sono cresciuti del 50% in un anno. Mentre i principi attivi dei farmaci sono aumentati del 50% e in Europa arrivano per l’80% da Cina e India, dove li paghiamo in dollari, con un ulteriore impatto negativo per via della svalutazione dell’euro. La domanda inoltre è incrementata e difficile da soddisfare, c’è difficoltà di reperimento».
In questo caso però le aziende non possono rivalersi sul consumatore finale, perché il prezzo di quelli rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale è negoziato con l’Aifa. «Vetro, alluminio, cellulosa, in qualche caso qualche polimero, eccipienti. Abbiamo avuto difficoltà ad approvvigionarci, in qualche caso carenze, in altri abbiamo riscontrato un aumento dei prezzi», ha dichiarato ad Adnkronos Sergio Dompé, presidente esecutivo di Dompé Farmaceutici. Questo «diventa ancora più grave per i farmaci che sono inseriti in Fascia A, prescrivibili a carico dello Stato e che per legge hanno prezzi fissi. Quindi tra un po’ le aziende non saranno più in grado di consegnarli perché qualcuno di questi è già diventato antieconomico oggi produrlo. La guerra in Ucraina, per esempio, ha creato dei problemi grossi con il mannitolo, un eccipiente che viene contenuto in molte formulazioni farmaceutiche e che è un derivato di sostanze che si producono molto in quel Paese». Da qui la richiesta di Farmindustria di mettere in sicurezza il settore.
In farmacia la situazione è già evidentemente difficoltosa: «Ci sono aziende che già consegnano di meno e farmaci che mancano, ai quali riusciamo a sopperire con i generici. Non siamo ancora in emergenza, ma la nostra attenzione è molto alta», ha spiegato Augusto Luciani, presidente di Federfarma Umbria, in una intervista. «Le aziende della distribuzione intermedia del farmaco sono in difficoltà e il rischio è che, in seguito agli effetti della crisi, le consegne si diradino e la reperibilità dei farmaci si faccia più complicata a causa di una disponibilità per così dire più diluita nel tempo in seguito al minor numero delle consegne». Tra le criticità specifiche già rilevate «mancano gli antidepressivi. Per ora tamponiamo con i farmaci generici, ma in effetti abbiamo già grande difficoltà a soddisfare le esigenze dei cittadini». Prosegue inoltre la difficoltà reperire l’ibuprofene, per il quale alcune farmacie hanno cominciato si sono attrezzate per preparalo in galenica.
Per quanto riguarda i costi di gestione delle farmacie a lanciare l’allarme è Alberto Lattuneddu, presidente di Federfarma Forlì-Cesena e segretario regionale dell’associazione, sulla stampa locale. Le 105 farmacie private associate «stanno subendo un incremento dei costi di energia e di trasporti di oltre il 40% e, in alcuni casi segnalati, addirittura raddoppiati». Inoltre «diversi fornitori regionali e nazionali stanno imponendo costi di consegna esorbitanti alle farmacie territoriali. Se non si raggiunge una determinata soglia di fatturato d’acquisto, pertanto, le farmacie meno strutturate urbane e soprattutto le farmacie rurali, che sono l’ossatura dell’assistenza farmaceutica territoriale come capillarità e come prossimità, risultano in evidente difficoltà economica e conseguentemente professionale». Le farmacie – ricorda Lattuneddu – «hanno obblighi di temperatura e umidità nonché di sanificazioni quotidiane nei propri locali a uso farmacia, servizi sanitari e laboratorio, oltre che orari di servizio spesso ampliati in funzione delle esigenze di salute degli assistiti, tanto più in epoca Covid». Con il caro bolletta potrebbe essere difficile garantire tutto questo.