«Tutti sappiamo quanto l’ambiente possa impattare sulla salute. Inquinamento, deforestazione, presenze di plastiche, cambiamenti climatici, urbanizzazione eccessiva: tutte relazioni che conosciamo benissimo. Forse conosciamo meno la bidirezionalità di questa relazione, cioè quanto anche l’assistenza sanitaria, se non controllata e correttamente governata, possa impattare l’ambiente, contribuendo a danneggiarlo».
Nelle parole di Roberta Siliquini, presidente della Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Sitl), il fulcro del convegno “Care2Cure, innovazione terapeutica e sostenibilità ambientale”, che si è tenuto a Roma con l’organizzazione di Edra. Al centro del dibattito una particolare declinazione della sostenibilità ambientale, quella legata all’innovazione in medicina. La crescente preoccupazione per l’impatto ambientale delle pratiche sanitarie ha posto l’attenzione sull’importanza di sviluppare e implementare soluzioni e tecnologie terapeutiche innovative che generino sostenibilità, ricercando nuovi modi di progettare i prodotti, il loro riciclo o riutilizzo e rimodellando le attività produttive per ridurne i consumi e i rifiuti.
«L’aspetto della sostenibilità viene sempre più spesso preso in considerazione anche all’interno del regolamento europeo sull’Health technology assesment», Francesco Saverio Mennini, capo del Dipartimento della programmazione, dei Dm, del farmaco e delle politiche a favore del Ssn presso il ministero della Salute. «Questa variabile è stata introdotta recentemente e impone di considerarla all’interno dei domini economici per valutare l’impatto ambientale delle tecnologie sanitarie».«la par
Dalla parte del paziente
In questo contesto, l’approccio alle cure ha un ruolo strategico nel contribuire a ridurre l’impatto ambientale, anche attraverso soluzioni e tecnologie sanitarie sostenibili, che non curino soltanto la patologia cronica ma che preservino pure un ambiente di vita sano, a favore di una migliore qualità di vita dei pazienti, sia in ottica di cura che di prevenzione.
«Dobbiamo sempre tenere conto della sostenibilità della patologia o burden of disease. Quindi, nel caso della persona con diabete il peso che può avere una malattia complessa, legata anche all’obesità e a tutte le malattie metaboliche, e la necessità di rendere sostenibile per queste persone la gestione di questa patologia», afferma Riccardo Candido, presidente dell’Associazione medici diabetologi (Amd).
Ma come spesso accade nei dibattiti pubblici incentrati sulla sanità italiana emerge anche nel corso di Care2Cure una questione fondamentale, quella del divario esistente, in materia di assistenza sanitaria, tra Regione e Regione. Se parlare di sostenibilità sanitaria significa anche avviare politiche finalizzate alla riduzione dell’insorgenza di malattie croniche e, quindi, a una riduzione dei costi per il Ssn nel lungo periodo, questa disomogeneità di partenza in termini di qualità dei servizi rappresenta un handicap non da poco.
«Io penso che sia necessario ripristinare un’equità del sistema, perché purtroppo continuiamo a ragionare con venti mentalità diverse e su alcuni aspetti l’autonomia sanitaria può avare grandi vantaggi ma allo stesso tempo anche grandi svantaggi», sintetizza Angelo Avogaro, presidente della Società italiana di diabetologia (Sid).