Con la pandemia da Coronavirus sono nate nuove esigenze nella cura di sé e di pari passo sono profondamente cambiate le dinamiche d’acquisto anche in ambito cosmetico. È diventato centrale il tema della protezione: la scelta ricade di preferenza sui prodotti della safe beauty, che garantiscono sicurezza e un solido contenuto scientifico. Un’inclinazione che in parte spiega la buona tenuta delle vendite dei cosmetici in farmacia rispetto ad altri canali, come ha fatto notare Michele Superchi, Global Performance Executive di Beautystreams, durante la diretta Facebook per la serie “quattrochiaccherecon”, organizzata da Cosmofarma Exhibition. «Continua, sempre forte, anche la preferenza per i prodotti solidali, sostenibili e più in generale per la clean beauty – precisa Michele Superchi a Pharmaretail -. Ma con una differenza rispetto al passato: si ricercano anche i cosmetici che uniscono l’ottimo profilo naturale alla sicurezza garantita dagli ingredienti da “chimica buona”, tanto che è nata una nuova tendenza, oggi tra le più forti in cosmesi: la cleanical, crasi di clean + clinical. Non solo: l’appeal del cosmetico non si gioca più solo sul suo buon contenuto, ma anche sulla trasparenza della comunicazione che lo accompagna in merito a controlli, prove di stabilità e sicurezza eseguite dal produttore». Il consumatore, dunque, ha l’esigenza di essere il più possibile informato e consapevole di ogni singolo aspetto e dei procedimenti che portano al prodotto finale. Ed è proprio il farmacista, grazie alla sua preparazione e alla presenza radicata sul territorio, una delle figure di riferimento più autorevoli per assolvere alla necessità di un’informazione completa, chiara, scientifica, ma allo stesso tempo accogliente, empatica. «Le dinamiche che spingono all’acquisto coinvolgono indubbiamente i fattori emotivi: per comprare dobbiamo anche innamorarci del prodotto o del servizio, percepirne il valore in termini di benessere, desiderarlo e trovarci nel contempo in un rapporto empatico con chi lo sta proponendo», spiega Superchi.
Come sviluppare l’empatia e l’ascolto attivo nella vendita
La tendenza da qui al prossimo quinquennio premierà dunque i farmacisti che si sapranno proporre nella doppia veste di figura qualificata e preparata riguardo al cosmetico e nel contempo capace di comunicare empaticamente, ovvero sapendo ascoltare il cliente, cogliendone i bisogni più profondi. «Un farmacista che si pone con queste modalità è una sorta di “psicologo del benessere”, in grado di far sentire la persona meglio compresa, accudita, quasi “coccolata”, alimentando, di conseguenza, la fiducia nei suoi confronti e nei prodotti che gli illustra e propone», spiega a Pharmaretail Caterina Carloni psicologa e psicoterapeuta ad orientamento psicosomatico a Roma. Ma in difetto, come sviluppare l’empatia applicata alla vendita del dermocosmetico o di qualsiasi altro prodotto da banco? «Per esempio, con una comunicazione sia verbale sia corporea incentrata sull’ascolto attivo, teorizzato dallo psicologo americano Thomas Gordon, che segue alcune specifiche tappe», spiega Carloni. Lo step iniziale dello scambio empatico è caratterizzato dall’”ascolto passivo”: il farmacista ascolta le richieste del cliente restando in silenzio, non interrompendo, così che il cliente riesca a percepire un sincero interessamento alle sue problematiche ed esigenze, per esempio attenuare la cellulite o contrastare l’acne o i problemi di sensibilità cutanea. «Non dimentichiamo che tutte le attività che implicano una comunicazione interpersonale, compresa quella più squisitamente commerciale e di vendita, si rivelano tanto più efficaci quanto più l’interazione con l’altro, in questo caso il cliente, è autentica, vera, genuina», ricorda Carloni. La seconda fase dell’ascolto attivo ed empatico è ritmata da messaggi di accoglimento verbali del farmacista, ad esempio “Prego, l’ascolto” o “Sto cercando di comprenderla”, associate a messaggi corporei, come cenni del capo, sorrisi e sguardi, che trasmettono palesemente la propria partecipazione attiva al dialogo. «Guardare negli occhi l’altro, in questo caso il cliente, è fondamentale per comunicare bene, ma altrettanto importante è utilizzare il body language più efficace: seppure inconsciamente, la persona a cui ci rivolgiamo percepisce il nostro reale coinvolgimento ed interessamento al suo problema se, ad esempio, ci incliniamo leggermente in avanti, se abbiamo un viso espressivo e usiamo dei gesti incoraggianti e facilitanti il dialogo, per esempio annuiamo di tanto in tanto col capo», dice Carloni. Il terzo step dell’ascolto attivo sono gli inviti all’approfondimento, per esempio con frasi come: “Mi spieghi meglio”. Quindi si passa all’offerta di uno o due prodotti, presentandone la tecnologia, la proprietà e gli utilizzi con un linguaggio preciso, ma anche semplice e dinamico, come se ci si rivolgesse, con tatto e delicatezza, a una persona amica» spiega Carloni. Solo come atto finale della vendita è utile raccogliere informazioni, come e-mail e numeri di telefono (previo naturalmente consenso da parte del cliente), per un’eventuale attività di recall. «Oltre alla trasparenza nella comunicazione, è importante finalizzare la richiesta, per esempio all’offerta di una carta fedeltà che funzioni anche da pro-memoria per le date importanti: una promozione in occasione del compleanno, ad esempio, è sempre molto gradita perché trasmette calore e valorizzazione dell’altro, garantendo un ritorno d’immagine e business», suggerisce Carloni. Infine, è importante toccare le corde emotive dei clienti curando il comfort del reparto, per esempio diffondendo un’essenza non troppo “invadente”: le persone tornano volentieri e si aprono meglio al dialogo nelle location che stimolano piacere e relax.