Oggi che la bellezza è più che mai legata al concetto di salute, per molti consumatori la farmacia rappresenta la location più idonea per ottenere consigli qualificati e adatti a trattare (anche) i problemi di “fragilità”. Come quelli dei pazienti in terapia oncologica, che vivono un disagio, già profondissimo, acuito dalle conseguenze che le cure hanno sulla pelle e sugli annessi cutanei (capelli, unghie). Terapie come chemio, radio ma anche i nuovi farmaci biologici hanno, infatti, un impatto dermatologico molto importante per circa l’80% dei pazienti. Prevenire questi effetti collaterali con un approccio multidisciplinare, in cui anche il farmacista svolge un ruolo essenziale, non solo è possibile, ma comporta anche un significativo miglioramento della qualità di vita e una maggiore aderenza alle cure dei malati. «Il farmacista, come le altre figure mediche, dermatologo in primis, ha un compito essenziale: fornire una guida competente nelle scelte, che dia risultati tangibili ed escluda l’uso di prodotti che possono interferire con le terapie oncologiche», spiega a Pharmaretail la dermatologa Pucci Romano, presidente Skineco e presidente del board scientifico di “Il Corpo Ritrovato”, associazione no-profit che si prende cura dei pazienti oncologici dal punto di vista dermo-cosmetologico.
L’approccio più corretto
Il cliente in cura oncologica va supportato su due fronti: su quello psicologico e su quello del consiglio prettamente dermocosmetico. Il primo, richiede un approccio che infonda un senso di accoglienza, per esempio facendo leva sull’importanza del prendersi cura di sé per meglio gestire i cambiamenti che avvengono anche sulla pelle. «Il dialogo deve aiutare la persona a ritrovare fiducia e una sorta di controllo sul proprio corpo per affrontare le conseguenze della terapia con una marcia in più. È fondamentale anche trasmettere l’importanza della prevenzione, ove ancora possibile, ossia di impostare un protocollo di “accudimento cutaneo” prima di iniziare il ciclo di cure, così da preparare la pelle allo stress estremo che la attende e di mitigarne l’impatto negativo», dice Romano.
Quali dermocosmetici aiutano la pelle a trovare un migliore equilibrio
Il principio portante di qualsiasi protocollo, preventivo o a terapie oncologiche già iniziate, è impedire la rottura della barriera cornea della pelle (e gli effetti a cascata che ne derivano) con un uso ragionato dei dermocosmetici, dai detergenti alle creme passando per i trattamenti complementari, come gli scrub corpo (se ancora tollerati dalla pelle). Il primo passo è contrastare l’estrema secchezza cutanea che le terapie oncologiche comportano, prestando massima attenzione alla detersione, che deve essere preferibilmente dermo-affine. «Vanno consigliate ad esempio emulsioni acqua/olio quotidiane in cui la componente lipidica è costituita da grassi vegetali di derivazione naturale, come il burro di karitè, l’olio di germe di grano o di jojoba o di avocado o da grassi da “chimica buona” e affini al film idrolipidico, come ceramidi, colesterolo, squalene. Allo stesso tempo va ricordata l’importanza di eliminare i detergenti ricchi di tensioattivi, che impoveriscono ulteriormente il film idrolipidico», spiega Romano. Per ripristinare l’idratazione e contrastare l’effetto ossidativo della terapia farmacologica andrebbero suggerite anche maschere viso bisettimanali e creme corpo, oltre che viso, ad uso quotidiano. Le formule migliori a proteggere una pelle resa così fragile sono quelle ricche di principi attivi dall’elevato potere idratante e nutriente, come insaponificabili (olio d’oliva, di palma, burri vegetali), aloe, niacinamide (vitamina B3), gamma-orizanolo, tocoferoli e tocotrienoli, e prive, invece, di derivati dal petrolio e dal silicone, di emulsionanti, addensanti, solventi sintetici, profumi e conservanti. «Vanno sconsigliate le creme a base di sostanze esfolianti e irritanti, come acido glicolico e alfa-idrossiacidi. E quando la secchezza è così importante da produrre fissurazioni e ragadi, si può suggerire l’uso di eosina acquosa al 2% per toccature locali, associata a creme o paste a base di vitamina E e ossido di zinco», dice l’esperta. A “soffrire” delle cure oncologiche sono spesso anche le unghie, che diventano particolarmente fragili e soggette, per esempio, a emorragie sub-ungueali e a macchie, e per le quali si possono consigliare oli specifici (di ricino, di semi di zucca, di girasole), da massaggiare quotidianamente. Si può caldeggiare anche l’applicazione di smalti con ingredienti fortificanti e “sicuri”, privi di toluene, formaldeide e canfora: non va trascurato, infatti, l’effetto up sull’umore di una manicure “colorata”. «Allo stesso modo, il make up, ove gradito, ha un risvolto sia estetico sia psicologico, poiché contribuisce con le giuste formulazioni, come quelle dedicate alle pelli sensibili e intolleranti in genere, a mantenere alto l’umore e a correggere inestetismi quali le sopracciglia più rade, il colorito spento e le discromie favorite dalle terapie», dice Romano.
Alopecia da chemioterapia: cosa consigliare
Nell’immaginario collettivo i capelli sono un simbolo della femminilità stessa e per questo la loro caduta è uno degli effetti collaterali più temuti, soprattutto dalla donna. «L’alopecia da chemioterapici compare da 1 a 8 settimane dall’inizio della terapia e fortunatamente di solito è reversibile: nella maggior parte dei casi, terminate le cure i capelli ricrescono. Ma non sempre le chiome tornano come prima e alcuni trattamenti preventivi, come i caschi refrigerati, oltre ad essere mal sopportati non preservano dalla caduta», osserva l’esperta. Alla cliente si possono dare suggerimenti di autocura importanti, come l’utilizzo di shampoo e di balsami eco-dermocompatibili, di tinte a base naturale e con ingredienti nutrienti, ricordandole nel contempo di evitare trattamenti con sostanze chimiche aggressive, come la permanente, che su una chioma indebolita possono peggiorare la situazione. «Farmaci specifici per accelerare la ricrescita e per proteggere il follicoli, come il minoxidil – che offre buoni risultati – e gli integratori a base di antiossidanti e vitamine, vanno invece prescritti dal medico, per il rischio di interferenze con le cure oncologiche», conclude Romano.