Laboratori galenici nei Paesi in via di sviluppo: il progetto A.P.P.A. compie 20 anni

Laboratori galenici nei Paesi in via di sviluppo: il progetto A.P.P.A. compie 20 anni

8 laboratori galenici operativi in Madagascar, Angola, Ciad e Haiti; 17.000 litri di preparazioni ad uso orale; 8.500.000 preparazioni solide per uso orale allestite nei laboratori del Progetto; 2000 lotti di medicinali galenici controllati: sono solo alcuni dei numeri di 20 anni del progetto di cooperazione sanitaria internazionale A.P.P.A. (Aid Progress Pharmacist Agreement).

A.P.P.A. nasce dalla collaborazione tra l’Università degli Studi di Torino, il Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco (DSTF) e i farmacisti che esercitano sul territorio con lo scopo di realizzare laboratori per preparare medicinali galenici in base alle esigenze terapeutiche individuate dai medici locali nei Paesi in via di sviluppo.

Abbiamo intervistato Paola Brusa, docente presso il Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco dell’Università degli Studi di Torino che vent’anni fa, insieme al farmacista Antonio Germano, ha fondato A.P.P.A.

 

Come è nato il vostro progetto?

Antonio Germano, il co-fondatore di A.P.P.A., già vent’anni fa regalava medicinali a una realtà missionaria in Tanzania, ma c’era un tema di esigenza massiccia da parte della Tanzania e anche di molti altri Paesi che ovviamente semplici donazioni non potevano soddisfare. Così insieme ci siamo resi conto che la risposta migliore per soddisfare il fabbisogno, ma anche per evitare il rischio di utilizzo di medicinali contraffatti che nei Paesi in via di sviluppo sono molto diffusi, era quella di insegnare alla popolazione locale a fabbricare in proprio i medicinali con criteri scientifici riconosciuti dalle agenzie regolatorie.

Il primo laboratorio è nato a Douala, in Camerun. Un’esperienza che abbiamo avviato insieme a un chirurgo camerunense che stava sperimentando il parto cesareo per evitare la trasmissione dell’HIV da madre a figlio. L’entusiasmo di medici locali e pazienti ci ha dato lo stimolo per andare avanti, per fondare la Onlus e per definire un programma operativo in sei fasi per allestire i medicinali e gli alimenti terapeutici e per insegnare al personale locale a diventare autonomo che è naturalmente lo scopo finale del progetto.

 

Chi si occupa di formare il personale locale?

I tesisti del nostro dipartimento. È un progetto che coinvolge i giovani che da subito hanno aderito con entusiasmo, sono tutti volontari. Il personale locale, grazie a loro, riceve una formazione specifica alla quale non avrebbe accesso nel proprio Paese perché nella maggior parte dei casi non esistono percorsi di formazione specifici o, dove questi esistono, gli accessi sono limitati da fattori economici e sociali. I laboratori sono finanziati da enti del terzo settore che operano nei vari Paesi, noi come Università attraverso il 5 per mille riusciamo a sostenere le trasferte dei volontari.

Anche la formazione dei tesisti richiede un periodo lungo, non solo per l’allestimento galenico dei medicinali, ma anche perché si tratta di imparare a confrontarsi con realtà, culture, modi di operare molto diversi, di prepararsi a un’esperienza di cooperazione internazionale.

 

In quali Paesi operate al momento?

Attualmente abbiamo laboratori galenici in due ospedali di Haiti, poi siamo in Madagascar, in Ciad e in Angola. Sono operativi in tutto sette laboratori, sempre all’interno di ospedali o strutture sanitarie. Dal 2017, nell’ospedale di Haiti, è attivo anche un progetto per l’allestimento di sacche personalizzate per la nutrizione parenterale totale (NPT) neonatale e pediatrica. Purtroppo siamo dovuti andare via da alcuni Paesi, come il Camerun, a causa di conflitti in atto, o situazioni di rischio, come la presenza di Boko Haram. Non siamo una associazione che opera in situazioni di emergenza e non possiamo mettere a rischio i nostri volontari quindi andiamo dove non sono presenti contesti rischiosi.

 

I numeri di quello che siete riusciti a realizzare in questi vent’anni sono importanti.

Sì, e ne siamo molto felici, ma la soddisfazione più grande è stata quella di essere riusciti a insegnare alla popolazione locale a curarsi, alle mamme a dare l’antibiotico al bambino per più giorni, un’azione che sembra semplice ma non lo è dove non esiste conoscenza e nemmeno i frigoriferi. In questo tipo di contesti, per esempio, insieme al personale locale abbiamo messo a punto formulazioni che possono stare anche fuori dal frigo.

 

Come festeggerete questo anniversario?

Con una cena solidale domenica 16 giugno a Villa Sassi, a Torino. Durante la serata, è in programma anche una rappresentazione teatrale che racconterà quello che è successo in questi vent’anni e poi ci sarà un’asta di foto e vasi di farmacia. Lo scopo della serata è quello di festeggiare il nostro percorso naturalmente, ma anche di raccogliere fondi per realizzare le iniziative più urgenti: in Ciad vorremmo riuscire a comprare apparecchiature per lavorare in sterilità, in Madagascar speriamo di poter allestire cibi terapeutici di cui c’è grande carenza, ad Haiti vorremmo acquistare due protesi, in Angola ci servono fondi per comprare le materie prime per la produzione di medicinali galenici.

 

È possibile iscriversi alla cena solidale o donare a questo link.

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