Nonostante le problematiche relative all’emergenza Covid-19, la difficoltà a recarsi dal proprio medico di medicina generale e il rallentamento delle campagne di prevenzione, in Italia è cresciuta la fiducia dei cittadini nel sistema sanitario nazionale.
Un dato raccolto nella seconda indagine Swg sul rapporto degli italiani con la salute e l’utilizzo dei medicinali, condotta per Egualia: protagonisti anche i farmacisti che godono della fiducia dei cittadini secondo l’89% del campione. Resta però basso l’utilizzo di farmaci equivalenti, soprattutto per le malattie croniche.
Alta la fiducia verso farmacisti, medici e ospedali
«La pandemia in corso ha cambiato il rapporto tra gli italiani e la salute», ha spiegato Riccardo Grassi, direttore di ricerca Swg, presentando la ricerca. «Sono cresciute l’attenzione con cui si guarda alla propria salute e la fiducia verso un approccio scientifico della medicina e della cura, mentre si indeboliscono le visioni olistiche della salute come equilibrio tra corpo e mente». L’indagine è stata condotta nel mese di giugno su un campione di 4.534 soggetti maggiorenni residenti in Italia, e si è concentrata sul rapporto degli italiani con la salute e l’utilizzo dei medicinali.
Tra i dati di scenario emerge che il 58% degli intervistati si definisce piuttosto attento alla propria salute (+5% rispetto al 2018), mentre diminuisce di 12 punti percentuali il dato di chi considera la salute una questione di equilibrio tra corpo e mente (34% contro il 46% del 2018), così come diminuisce la quota di chi non sopporta di essere ammalato (22% contro il 29% del 2018). La pandemia, dunque, sembra avere dato più consapevolezza del valore della salute, per quanto tra gli intervistati rimangano prevalenti atteggiamenti che imputano la buona o la cattiva salute più a fattori esterni (predisposizione genetica 46%, inquinamento 34%) che ai propri modelli di comportamento (30%).
In questo contesto, i dati dell’osservatorio Swg mostrano come il periodo pandemico abbia comportato un’ulteriore crescita della fiducia verso il sistema sanitario pubblico (72% contro il 63% di dicembre 2019). Più nello specifico i medici specialisti godono della fiducia del 90% del campione, seguiti da Mmg (81%), farmacisti (79%) e ospedali pubblici (78%). La fiducia verso gli assessorati regionali si ferma al 50%, mentre quella verso il ministero della Salute raggiunge il 60%, così come per le aziende farmaceutiche (60-61%).
«Il farmaco», ha spiegato Grassi, «è percepito soprattutto come uno strumento che ci consente di vivere meglio, frutto di studi e tecnologia, ma che va sempre usato con grande attenzione. In questo quadro i rejector dei farmaci rispetto al 2018 sono scesi dal 12% al 9%». Denso di zone grigie, infine, il rapporto con i farmaci generici: «Tre quarti degli intervistati dichiarano di avere ben presente cosa si intende quando si parla di farmaci generici o equivalenti (75%), il 90% riconosce che il farmaco generico/equivalente costa meno ma solo il 34% degli intervistati è certo che sia identico al farmaco di riferimento. I dati evidenziano complessivamente un livello di informazione non sufficientemente accurato, che si traduce in una chiara discriminante all’acquisto». Una incertezza di fondo che porta il 29% del campione ad acquistare spesso farmaci generici, un 40% ad acquistarli occasionalmente e un 31% a non acquistarli o ad acquistarli solo di rado. La scelta di acquisto è fortemente condizionata dalle indicazioni ricevute da medici e farmacisti, che rappresentano i medium fondamentali per la scelta finale del farmaco, soprattutto laddove sia presente una prescrizione.
In termini assoluti è comunque una minoranza degli intervistati (44%) che opterebbe con certezza per un farmaco generico. Gli elementi ostativi sono legati essenzialmente all’abitudine e alla percezione che il farmaco generico o equivalente abbia una efficacia ridotta rispetto al farmaco di marca. La tendenza a scegliere un farmaco equivalente o un farmaco di marca cambia anche in funzione del tipo di medicinale che si deve acquistare. La preferenza per il farmaco equivalente è massima per antidolorifici e antinfiammatori ed è minima sugli anticoncezionali: il 61% degli intervistati acquisterebbe sicuramente un antidolorifico o un antinfiammatorio “equivalente”; solo il 35% un anticoncezionale, categoria che vede comunque una significativa presenza di farmaci generici dotati di nomi di fantasia.