Farmaci equivalenti, ancora divergenze tra farmacisti e medici

Farmaci equivalenti, ancora divergenze tra farmacisti e medici

I farmaci generici sono dal punto di vista terapeutico equivalenti al prodotto di marca, ma meno cari in un range che va dal 20% al 50%: per questo motivo l’uso di farmaci equivalenti è ritenuto fondamentale per la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, consentendo di liberare risorse indispensabili a garantire una sempre maggiore disponibilità di farmaci innovativi.

E che permette al cittadino di risparmiare all’atto dell’acquisto dei medicinali.

Ma l’uso del farmaco equivalente in Italia è ancora ridotto rispetto a quello dei medicinali di marca.

In Europa i più utilizzati

Secondo i dati Assogenerici, il comparto degli equivalenti a livello europeo genera circa 190.000 posti di lavoro in ricerca e sviluppo, produzione e vendita: i medicinali equivalenti in Ue rappresentano il 67% a volumi e il 29% a valori e offrono cure di qualità a oltre 500 milioni di pazienti. Secondo i dati del 2018, in Olanda la percentuale dei generici nel mercato farmaceutico era del 65,5%, in Germania del 64,9%, nel regno Unito del 58,3%, in Francia il 45,6%. In questa tabella l’Italia segnava un 23%. Mentre lo scorso anno, secondo lo studio “Il mercato italiano dei farmaci generici: dati 2019” nel canale farmacia, gli equivalenti hanno assorbito il 22,16% del totale del mercato a confezioni e il 14,1% del mercato a valori.

A questi dati si aggiungono quelli dell’analisi dei consumi per area geografica, presentato da Motore Sanità, in collaborazione con Mondosanità, nel webinar “Farmaci equivalenti opportunità clinica ed economica”: nei primi nove mesi 2019 si è visto come il consumo degli equivalenti di classe A, in Italia, sia risultato maggiore al Nord (37,3% a unità e 29,1% a valori), rispetto al Centro (27,9%; 22,5%) e al Sud (22,4%; 18,1%).

«Le farmacie hanno da subito collaborato con le istituzioni per promuovere i farmaci equivalenti: ogni giorno in farmacia diamo informazioni sulla loro sicurezza ed efficacia ai pazienti, spiegando che gli equivalenti sono sicuri e affidabili», ha affermato il presidente di Federfarma Marco Cossolo, intervenendo al convegno. «L’impegno delle oltre 19.000 farmacie italiane nella diffusione di una cultura del farmaco equivalente rientra nella loro vocazione di presidi territoriali di prossimità, facilmente accessibili anche nelle aree più interne del Paese, in cui il cittadino può entrare con fiducia per ricevere un consiglio professionale e assistenza utile per seguire correttamente le terapie prescritte dal medico».

Secondo i medici però la sostituzione, detta anche switch, tra generico e originatore o tra generico e generico da parte del farmacista è un problema in termini terapeutici e di aderenza alla terapia: «Il vantaggio del farmaco equivalente è soprattutto per il paziente e per il farmacista. I farmacisti devono rinunciare alla politica dello switch, perché i comportamenti dei medici sono una derivata degli atteggiamenti dei cittadini. Il vero problema tra il farmaco equivalente e il brand resta lo switch» ha sottolineato Claudio Cricelli, Presidente SIMG. Dello stesso parere Roberto Venesia, Segretario FIMMG Piemonte e Coordinatore Area del Farmaco FIMMG, che ha affermato: «l’indiscriminata sostituzione del farmaco prescritto da parte dei farmacisti resta ancora un problema aperto. Se ben governata la genericità di un farmaco determina benefici per il sistema sanitario liberando risorse per i costosi farmaci realmente innovativi».

Restano dunque divergenze di fondo tra i diversi attori del comparto, nel promuovere l’utilizzo di questo tipo di farmaci. A conferma di questo, la contestazione di sette società scientifiche (SIR – Società Italiana di Reumatologia; SIN – Società Italiana Nefrologia; SID – Società Italiana di Diabetologia; FADOI – Federazione delle Associazioni Dirigenti Ospedalieri Internisti; ADOI Associazione Dermatologi Venereologi Ospedalieri; SIGE – Società italiana di Gastroenterologia e SIMI – Società Italiana di Medicina Interna) di una recente sentenza sulla sostituibilità automatica dei biosimilari, che in un documento congiunto hanno comunicato: «Contestiamo profondamente la recente sentenza 465/20 del TAR del Piemonte sull’approvvigionamento dei farmaci biologici. È una decisione che consentirà alle Regioni di porre le condizioni per una sostituibilità automatica da un farmaco originator al suo biosimilare, o da un biosimilare all’altro. Si tratta di un pericoloso precedente giuridico che potrà avere conseguenze e che lede due diritti: la continuità terapeutica per il paziente e la libertà prescrittiva per il clinico». E sottolineano: «come rappresentati dei clinici ribadiamo che non siamo contrari allo switch o allo switch multiplo. L’avvento dei biosimilari ha, infatti, rappresentato un’opportunità terapeutica nonché un sistema per contenere i costi di terapie in grado di modificare il decorso di diverse patologie infiammatorie croniche. Lo switch per ragioni non mediche però non può e non deve diventare una prassi ineluttabile. È assolutamente necessario valutare attentamente ogni singolo caso e la storia clinica specifica di ogni paziente prima di procedere a questa pratica clinica».

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