Solo pochi anni fa nessuno aveva mai sentito parlare di Body Positivity o di Gender Fluid. La percezione del corpo è cambiata in modo radicale rispetto a 20 anni fa, soprattutto negli ultimi 5 anni il corpo e la bellezza hanno assunto un nuovo significato sociale grazie a tematiche come: la diversità, l’inclusività e l’uguaglianza. I brand, per non perdere contatto con il loro interlocutori, sono sempre più sensibili a un concetto di corpo sempre meno perfetto e sempre più veicolo espressivo al di là di estetica, genere, età e orientamento.
Il Report Future of the Body di FutureBrand, agenzia che monitora costantemente i cambiamenti socio-economici che si riflettono sui brand, analizza questa nuova percezione del proprio corpo e come il marketing in parte stia già allineandosi nel mondo del beauty, della cosmetica, ma anche della nutraceutica.
Il futuro è la personalizzazione dei prodotti e delle formule
«Se in passato il corpo era un corpo ideale che corrispondeva a diktat come magrezza, tonicità e giovinezza, ora siamo posti dinnanzi a diversi modelli di corpo ideale a cui corrispondono altrettanti diktat» scrive nell’introduzione Anthony Mathé, semiologo e brand consultant. «Non siamo più un corpo, abbiamo un corpo. L’idea che il corpo ci appartiene e che identifica la nostra immagine, la nostra icona, ci ha resi più consapevoli, ma ci ha anche messo sotto pressione – e i social media non fanno altro che amplificare questa pressione sociale, spingendoci a inseguire nuovi canoni di ‘perfezione’ imposti dal modello di corpo cui facciamo riferimento». Poiché è cambiato il modello ideale, si è modificato anche il concetto di bellezza, prosegue Mathè: «In passato, la bellezza era descritta come una metamorfosi, un costante cambiamento nel tentativo di raggiungere un’ideale di perfezione incentrato su giovinezza e magrezza. Questa narrativa della metamorfosi è tutt’ora presente, ma è divenuta pragmatica e raggiungibile». In questo contesto, il futuro nel settore dei prodotti beauty è «la personalizzazione. Customizzare prodotti e formule sulla base del Dna, per esempio, dello stile di vita e delle preferenze di ciascuno. Questo processo permette di essere sia inclusivi sia scientifici grazie a un’adeguata ricerca».
Tra gli aspetti più evidenti della mutata prospettiva da cui osserviamo il corpo umano, secondo il Report, c’è l’accettazione dei corpi non conformi. Una nuova frontiera che libera il corpo dalla schiavitù dell’estetica, ridimensionandone l’importanza a favore di una visione più funzionale che celebra orgogliosamente il corpo come mezzo che ci consente di vivere, sostenerci, spostarci, nutrirci, amare. Promuovere l’autocelebrazione del corpo qualunque esso sia, ponendo tutte le fisicità sullo stesso piano, ci incoraggia a prenderci cura di noi stessi, ridando pari dignità ai corpi finora etichettati come «diversi». Da qui si sviluppa la Body Positivity che da semplice hashtag con cui le donne oversize rivendicavano la bellezza del proprio corpo, è passato a essere un movimento su scala globale che preme per la normalizzazione del corpo, di ogni corpo. Oppure le campagne di alcuni brand, pensate per superare l’espressione ‘color carne’ inteso come rosa pallido, che sono in grado di ridefinire il linguaggio di categoria, in apparenza inoffensivo ma in sostanza assai discriminatorio, proponendo prodotti e rappresentazioni visive in grado di valorizzare ogni persona e rendere giustizia a tutte le sfumature dell’umanità.
C’è poi il concetto di Gender Fluid che ormai fa parte del percepito delle nuove generazioni, che rifiutano le etichette e si ribellano quando si trovano costrette a dover incasellare la propria identità di genere all’interno del binarismo maschio/femmina. Se tradizionalmente, le marche propongono prodotti che rispondono ai bisogni dei consumatori, ne riflettono le caratteristiche e ne assecondano i comportamenti, fino a poco tempo fa esistevano offerte dedicate agli uomini e offerte rivolte alle donne, differenziate nel packaging, nelle forme e perfino nei colori, accesi quelli maschili, tenui e delicati quelli femminili. Questa dicotomia, basata su stereotipi di genere e alimentata da decenni di gender marketing, sta via via lasciando il posto a proposte e rappresentazioni in cui chiunque, indipendentemente dal genere, si può riconoscere. Il ruolo attivo dei consumatori e la loro mutata sensibilità verso queste tematiche sta ridefinendo il paradigma del mercato, obbligando i brand ad adeguarsi.
Anche il modo in cui ci si prende cura del corpo e l’approccio al body care hanno subito una metamorfosi radicale. Ora prendersi cura del corpo è un modo per entrare in contatto con sé stessi, per amarsi e la bellezza non è che il risultato delle piccole, grandi, attenzioni che ci dedichiamo ogni giorno. Di conseguenza anche il rapporto con i beauty brand si è evoluto: da distributori di soluzioni “miracolose” last-minute e quick-fix, si propongono ora come alleati sinceri, onesti e decisamente più realistici nel proporre formulazioni che agiscono con il tempo e la costanza. Il cambiamento in atto promuove un benessere per l’appunto olistico, e punta anche su una bellezza che parte dall’interno. Di conseguenza la “inner beauty” sta avendo un successo senza precedenti, basti pensare al numero crescente di brand che capitalizzano sulla nutricosmetica, proponendo integratori e supplementi ingeribili. I brand stanno sperimentando nuovi formati per gli integratori capaci di combinare effetti positivi per la salute e il benessere fisico a benefici estetici. Novità che sono perfettamente in linea con il trend che vede il 54% dei consumatori a livello globale considerare la “bellezza” come riflesso della salute.