La pandemia sta già cambiando e cambierà ancora di più il rapporto dei cittadini con la propria salute: si pensi, da una parte, al maggiore utilizzo di integratori alimentari e, dall’altra, alla minore aderenza agli screening di prevenzione. Parallelamente, il Sistema sanitario nazionale dovrà evolversi per garantire servizi e sinergie sostenibili, in grado di dare risposte a una domanda di salute crescente e complessa.
Per capire il rapporto consapevole e maturo del cittadino con la propria salute nel Servizio sanitario del prossimo futuro Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione, ha commissionato una ricerca al Censis, dal titolo “Il valore dell’autoregolazione responsabile della salute dei cittadini per la nuova sanità”.
I cittadini chiedono una gestione più territoriale
Secondo dati della ricerca, nell’ultimo anno 46 milioni di italiani maggiorenni hanno avuto piccoli disturbi che ne hanno limitato la funzionalità: il 91% ne ha avuto almeno uno piccolo, il 73% almeno due e il 52,5% addirittura almeno tre. Durante l’emergenza sanitaria, la proliferazione dei piccoli disturbi ha amplificato paure e difficoltà legate al virus: ma come hanno reagito gli italiani l’ultima volta in ordine di tempo che hanno sofferto di un piccolo disturbo?
Il 44,1% con l’automedicazione, assumendo un farmaco senza obbligo di ricetta di cui aveva sperimentato l’efficacia in un altro episodio; il 41,3% rivolgendosi al medico di medicina generale; il 16,9% con il ricorso a rimedi naturali o al semplice riposo; il 16,3% rivolgendosi al farmacista. L’automedicazione tramite farmaci senza obbligo di ricetta è la soluzione maggiormente praticata degli italiani, che ne certificano anche l’efficacia: infatti, per il 76,1% del campione è stata decisiva o importante per guarire dal piccolo malessere e svolgere le attività quotidiane a cui si avrebbe dovuto rinunciare, con il dato che arriva all’82,3% tra gli occupati, certificando il contributo dell’automedicazione anche in termini di riduzione delle assenze dal lavoro e taglio di costi sanitari, economici e sociali.
Per quanto riguarda, nello specifico, il periodo pandemico, il 65,4% degli italiani si è autogestito ovvero, basandosi sulle pregresse esperienze simili, ha fatto ricorso a farmaci senza obbligo di ricetta che già conosceva, con valori che arrivano al 77,8% tra i giovani, al 72,8% tra i laureati, al 71,6% tra gli occupati.
Il 73,1%, in almeno uno dei casi in cui ha affrontato piccoli disturbi, si è rivolto al medico o al farmacista, con il 42,3% che si è tenuto in contatto con il proprio medico di medicina generale grazie al digitale. In ogni caso, fatta 100 la quota di italiani che si sono autogestiti ricorrendo a un farmaco senza obbligo di ricetta, il 77,4% si è rivolto anche al medico o al farmacista, mentre il 22,6% ha agito in autonomia.
In conclusione, la ricerca rileva che 41 milioni di italiani hanno l’abitudine di praticare l’automedicazione responsabile ricorrendo a farmaci senza obbligo di ricetta già conosciuti e comunque spesso indicati da medico o farmacista: numeri che certificano il suo essere risorsa strategica per la sanità, da valorizzare.
Il Censis ha chiesto, infine, ai cittadini come immaginano il Servizio sanitario nazionale del prossimo futuro: l’89,6% vorrebbe strutture sanitarie di prossimità riconoscibili e di facile accesso per le cure primarie, l’83,5% punterebbe sul potenziamento delle farmacie come centri servizi, l’82,3% su interventi per patologie gravi, acute o croniche mentre il 73,1% chiede di promuovere un più intenso ricorso a digitale e telemedicina.
«I cittadini chiedono una gestione sempre più territoriale e autonoma dei piccoli disturbi», ha spiegato Salvatore Butti, presidente di Assosalute. «Come Assosalute vogliamo supportare la collaborazione tra i medici di medicina generale e i farmacisti, affinché “intercettino” questa domanda di salute dei cittadini e la supportino nel rispetto delle specifiche professionalità. Inoltre, vogliamo promuovere e sviluppare azioni di informazione e di educazione al cittadino sui temi della salute affinché possano contribuire alla crescita della cultura sanitaria del nostro Paese e alla sostenibilità del nostro sistema sanitario».