Il 30 maggio sono stati eletti il nuovo presidente e il nuovo consiglio nazionale di Federfarma. Il nuovo eletto è Marco Cossolo mentre sono stati designati consiglieri Vittorio Contarina, Roberto Tobia, Achille Gallina Toschi, Marco Bacchini, Osvaldo Moltedo e Michele Pellegrini Calace. Parliamo del nuovo corso della federazione con Vittorio Contarina (nella foto), nuovo vicepresidente e delegato alla comunicazione.
Nel decalogo programmatico appena presentato si parla di aggregazione delle farmacie in reti «costruite dal basso» per accrescerne competitività ed efficienza, «anche attraverso alleanze e sinergie con la distribuzione intermedia dei farmacisti» Quale sarebbe il ruolo della distribuzione intermedia?
«In questo caso parliamo di distribuzione intermedia in mano ai farmacisti. Il modello è quello cooperativo e potrebbe essere uno degli strumenti più efficaci per contrastare il rischio di concentrazione degli esercizi nelle mani di pochi soggetti nelle modalità con cui viene consentito dal ddl concorrenza.»
Proprio su questo tema, nel programma si nomina l’accesso al credito con la “riconversione della ragione sociale di Credifarma” mentre in passato lei ha parlato sia della necessità di rafforzare una rete delle farmacie autonome che della centralità delle cooperative nel sistema di finanziamento degli esercizi. Sono quindi queste le armi con cui le farmacie affronteranno i rischi correlati all’iniezione di capitali privati prevista dall’ultimo ddl concorrenza?
«L’obbiettivo è quello di scongiurare il rischio di oligopolio. Essere uniti e compatti, creando una rete dal basso di farmacie indipendenti sostenute dalle cooperative per avere un effetto tampone sul mercato all’ingresso di capitali e arginare l’eventuale aggressività delle multinazionali, è una delle strade da percorrere. L’attuale ddl concorrenza paradossalmente potrebbe diminuire il numero degli attuali soggetti in gioco da più di 18.000 a 5. Tutto questo con una ricaduta certo sui titolari ma soprattutto sui cittadini e sulla salute pubblica. Il punto è che i farmaci non possono essere trattati alla stregua degli altri beni di consumo e non possiamo correre il rischio che i prezzi salgano senza controllo per una mancanza di reale concorrenza sul territorio.»
Nello stesso decalogo si parla di comunicazione e nel dettaglio di come si debbano “sfruttare appieno le risorse tecnologiche e professionali interne al sindacato, per sostenere l’evoluzione della farmacia e promuovere strumenti e progetti a favore di una farmacia più forte e autonoma nel suo progresso verso la Sanità Digitale e i nuovi scenari di settore”. Quali sono le necessità comunicative del settore verso il pubblico? Può darci degli esempi dei processi comunicativi che intende promuovere a livello nazionale?
«Sarà necessario avere una nuova filosofia e usare dei nuovi strumenti comunicativi. Dovremmo innanzitutto coinvolgere maggiormente la base circa le attività della federazione. Non dobbiamo puntare su una comunicazione dall’alto ma rovesciare la piramide del potere all’interno di Federfarma e dare voce alla base che deve sentirsi parte attiva dei processi decisionali. Una volta raggiunto il traguardo di avere un coro di voci e non solo dei solisti potremmo davvero essere efficaci a livello comunicativo. I primi obiettivi, propedeutici a rafforzare il dialogo con il pubblico, saranno combattere la percezione del farmacista come parte di una “casta” privilegiata e Federfarma come promotrice di soli interessi corporativisti. Il farmacista, oggi più che mai, ha gli stessi problemi di ogni piccolo imprenditore ma svolge allo stesso tempo una funzione sociale che deve essere riconosciuta per quello che è: centrale nella gestione della salute del cittadino. Andranno quindi contrastate le campagne di disinformazione promosse dalla concorrenza che lucra sulla mistificazione del farmacista per il proprio tornaconto come le campagne di Conad che cercano di minare la professionalità del settore. Per quanto riguarda gli strumenti di comunicazione Federfarma Roma negli ultimi mesi ha promosso delle iniziative che potrebbero essere rilanciate anche nel panorama nazionale.»
Parliamo di casi come la rivista Farmamagazine, lo sviluppo dell’applicazione Farmamia e una campagna mediatica sulle tv nazionali nati dall’esperienza di Federfarma Roma. Questi potrebbero essere strumenti utili anche nelle politiche di comunicazione di Federfarma nazionale?
«Certamente. Oggi Farmagazine viene distribuito con 100 copie in ciascuna delle farmacie Laziali e Torinesi che divengono così strumento di diffusione capillare e di coesione dei messaggi della federazione. Uno degli obbiettivi è di portare questa esperienza su scala nazionale. Potremmo arrivare ad una tiratura di 2 milioni di copie, con capillare presenza sul territorio, diventando a tutti gli effetti il settimanale più letto di Italia. Anche la stessa applicazione Farmamia potrebbe avere un rilancio su scala nazionale promuovendo un dialogo su due assi: Federfarma verso gli associati e la farmacia nei confronti dei sui clienti. In lavorazione anche l’idea di una FarmaTV che potrebbe trovare collocazione sugli schermi delle singole farmacie. L’obbiettivo comune di tutte le iniziative sarebbe sempre quello di avvicinare sempre più il sistema farmacia al cittadino.»
Si è da poco svolta la seconda edizione di “Farma&Friends”. Quale ruolo vede per le farmacie come promotrici di una cultura della solidarietà in un momento di congiuntura economica che porta molte famiglie a scegliere addirittura di non curarsi a causa della difficoltà di acquisto di farmaci?
«In una sola serata abbiamo visto accorrere 1.350 tra farmacisti ed esponenti della società civile e sono stati raccolti più di 80.000 euro. Nel complesso, durante gli ultimi 12 mesi, il valore delle donazioni ha superato i 230.000 euro. È evidente che i farmacisti stanno dando una mano importante alla società anche al di fuori del bancone della propria farmacia. Il farmacista non smette mai di aiutare il prossimo anche dopo aver tolto il camice perché la nostra non è solo una professione ma anche una missione che ha come obbiettivo primario la salvaguardia della salute pubblica e il benessere del cittadino.»
La farmacia come grande produttrice di big data sanitari. Il processo di creazione e di stoccaggio costa tempo e denaro agli esercizi ma il valore aggiunto non ricade sul farmacista e neppure sul SSN (in maniera diretta). Cosa ne pensa dell’attuale situazione?
«Penso che il carico di lavoro e gli investimenti degli esercenti andrebbero riconosciuti sia dallo stato che dalla collettività. Le molte adempienze burocratiche che sono imposte alla categoria non vengono retribuite e al contrario, per assurdo, possono comportare delle forti sanzioni. Il nostro lavoro, soprattutto quando può essere fonte di dati e analisi in tempo reale utili al SSN, dovrebbe essere fonte di reddito e non una voce di spesa per gli esercizi.»
Dopo il Reset di Federfarma Roma abbiamo un’analoga evoluzione di Federfarma nazionale, quali sono la visione e l’esperienza che hanno contagiato l’Italia intera?
«Direi che il volano principale è stato la voglia di nuovo associata ad un netto cambio generazionale. Quest’ultimo oltre ad esserci stato sia per i farmacisti che per i loro rappresentanti sindacali è trasversale al periodo che viviamo e visibile anche in politica (Renzi in Italia e Macron in Francia per citare due casi). Una nuova generazione quindi ma anche il bisogno di nuovi approcci e di una nuova filosofia. Spero che questa ventata di novità contagi i farmacisti così da poter davvero rinnovare il comparto e ritrovare l’orgoglio di appartenere ad una categoria che ha dato molto al paese e tanto continua a dare.»