Le farmacie italiane, nonostante l’impatto della crisi, rappresentano un sistema che tiene dal punto di vista occupazionale con un numero di addetti ancora in crescita. Meno positivo, invece, l’andamento dei loro bilanci: il complesso delle attività, infatti, non ha ancora recuperato i livelli dei ricavi di vendita del 2008, anche se una lieve ripresa si può rilevare rispetto al 2012. È quanto emerge dal secondo Bilancio Sociale delle Farmacie, condotto dall’Utifar (Unione tecnica italiana farmacisti) in collaborazione con il Centro Studi Sintesi della Cgia di Mestre, con il contributo non condizionato di Teva Italia, azienda farmaceutica impegnata nello sviluppo, produzione e commercializzazione di farmaci generici, farmaci di marca e principi attivi. Secondo i numeri della ricerca, nel sistema farmacia la crisi si è resa più evidente a partire dal 2011 ed è risultata in generale più pesante al diminuire del numero di addetti occupati, ossia per le farmacie più piccole. La ricerca, infatti, evidenza come siano proprio queste ad aver subito il forte taglio dei ricavi nei sei anni della crisi (-15,4 per cento). Per contro, all’aumentare della dimensione dell’attività, si riduce la perdita di fatturato per arrivare al -1,2 per cento dei ricavi nelle farmacie con oltre quattro addetti. Dal punto di vista della redditività, la perdita risulta attorno al 10,5 per cento per le farmacie fino a 4 addetti; oltre questa soglia, la perdita di reddittività risulta, invece, quasi dimezzata (-5,6 per cento). Ed è importante anche la dislocazione sul territorio. Le farmacie dell’area meridionale e insulare risultano essere le più piccole sia per numero di addetti e dipendenti sia per superficie occupata. E questo appare evidente anche dalle loro voci di bilancio: le farmacie più redditizie – secondo i dati del Bilancio – sembrano infatti essere quelle localizzate nel nord-est del Paese, con un reddito d’impresa che nel 2014 risulta pari al 10,2 per cento dei ricavi. L’esame, condotto per ripartizioni geografiche, ha poi mostrato che la perdita reale di reddito d’impresa per la farmacia media della ripartizione sud-isole raggiunge il -19,5 per cento stimabile in circa 25 mila euro, contro gli oltre 21mila euro del nord-ovest (-16,1 per cento), i quasi 18mila euro delle farmacie del nord-est (-12,5 per cento) e i poco meno di 11 mila euro dell’area centrale (-8,7 per cento rispetto al 2008). Ma la farmacia non fa solo ricavi, investe anche nello sviluppo e nella coesione sociale della comunità. Si stima, infatti, che almeno 2/3 degli utenti giornalieri (che corrisponde a circa 800mila cittadini) si rechi in farmacia solo per ricevere consulenze sulla salute. In questo senso, la farmacia offre una consulenza sanitaria gratuita che impiega due ore di lavoro al giorno per addetto, con un costo medio di 10mila euro all’anno per addetto per farmacia. Ma non tutti percepiscono questo valore aggiunto offerto dalle farmacie. Si legge infatti nel Bilancio Sociale che se da un lato la stragrande maggioranza degli utenti (mediamente 8 su 10) vede nella farmacia un vero e proprio presidio sanitario, dal lato opposto si percepisce una maggiore diffidenza da parte degli altri organismi sanitari. Rientra quindi pienamente nei termini della consulenza l’attenzione alla prevenzione dimostrata dalle farmacie italiane. «Oltre 7 farmacie su 10 – svela ancora lo studio – hanno organizzato giornate dedicate a questa attività e sono cresciute notevolmente le ore mediamente dedicate: 7,8 giornate in media nel 2013 contro le 10,3 attuali. Si stima inoltre che circa 4 milioni di cittadini abbiano fatto prevenzione delle malattie più comuni grazie alle farmacie: mediamente circa 32 persone si sottopongono a ciascuno dei molti test di prevenzione organizzati dalle farmacie. Tale attività – conclude- comporta un evidente risparmio per il Ssn».
Utifar presenta il Bilancio Sociale delle farmacie.«Sistema che tiene nonostante la crisi»
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