Si sono riuniti a Roma medici, rappresentanti di istituzioni, società scientifiche e associazioni per un confronto sui temi prioritari della sanità pubblica, quali gestione sostenibile della cronicità, antibiotico-resistenza, uso dei Big Data sanitari. L’occasione è stata Inventing for Life-Health Summit, evento istituzionale organizzato da Msd Italia, durante il quale sono stati diffusi i risultati di una indagine sul percepito italiani rispetto alle priorità in sanità.
I dati dell’indagine
A fare da sfondo delle discussioni, l’indagine quantitativa svolta dall’Istituto Piepoli per conto di Msd Italia, realizzata attraverso 1.088 interviste a un campione rappresentativo della popolazione italiana (maschi e femmine sopra i diciotto anni).
Secondo i risultati il 29% degli intervistati identifica la ricerca scientifica come priorità sulla quale si dovrebbero concentrare gli sforzi del Servizio sanitario nazionale; appena l’8% considera prioritario per il Ssn garantire l’accesso ai farmaci innovativi in tempi rapidi. Eppure, il 97% considera importante, per un paziente con tumore, poter usufruire delle nuove terapie.
Secondo i cittadini coinvolti nell’indagine, a oggi sono i tumori a rappresentare la sfida prioritaria per la sanità pubblica; il 72% crede che si dovrebbe investire di più in quest’ambito mentre si sottovaluta l’impatto di malattie come il diabete (meritevole di investimenti solo per il 13% degli intervistati), delle malattie infettive (2%) e della prevenzione vaccinale (2%).
Uno su due non conosce l’antibiotico resistenza
Un intervistato su due non sa cosa sia l’antibiotico-resistenza e solo il 32% la ritiene un problema “molto” preoccupante, quando l’Oms lo ritiene un’emergenza sanitaria globale: entro il 2050, le infezioni resistenti agli antibiotici potrebbero essere la prima causa di morte al mondo, con un tributo annuo di oltre dieci milioni di vite. Però l’86 % vede nelle infezioni ospedaliere un’emergenza di sanità pubblica.
Per quanto riguarda la gestione sostenibile della cronicità, secondo gli intervistati, la patologia che costa di più al nostro Servizio sanitario nazionale è il cancro: 66%, contro il 18% del diabete e il 19% delle patologie cardiovascolari. Tale percezione non trova conferma nei dati. Infatti, in uno scenario come quello del nostro Paese, dove 1 persona su 5 è over 65, con un’età media di 45,2 anni, e un saldo negativo tra nuove nascite e decessi in continuo aumento (-183.000 nel 2017, secondo i dati Istat dello scorso anno), le patologie croniche incidono in maniera decisamente significativa a livello di costi.
Big data
Oggi, i cosiddetti Big data sono considerati un’importante risorsa per migliorare la gestione della complessità in sanità. I cittadini, però, non sembrano ancora cogliere del tutto i vantaggi di questa opportunità; solo la metà degli intervistati si dichiara disposta ad autorizzare l’uso dei suoi dati sanitari privati. L’utilizzo dei Big Data in sanità, così come la telemedicina, che l’89% degli intervistati crede possa essere d’aiuto per i pazienti cronici, rappresentano quindi importanti risorse per la sanità del futuro, a patto che non si perda di vista la centricità del paziente, esigenza che emerge fortemente anche dall’indagine. Il 39% degli intervistati, infatti, reputa che i pazienti non siano adeguatamente ascoltati e considerati nelle decisioni del Ssn e l’84% sostiene che l’offerta di servizi sanitari in Italia non sia distribuita in modo omogeneo ed equo.
Un quadro complesso, quello delineato, nel quale appare evidente l’importanza della cooperazione tra attori del mondo scientifico, del settore pubblico e privato, per il perseguimento di un fine comune: il miglioramento delle condizioni di salute dei cittadini.