Tagli ai prezzi? Fatelo solo se siete capaci

Nei canali del retail si diffonde la tendenza ad abbassare i prezzi su ampie fette dell'assortimento per rialzare i volumi di vendita. E' una strategia che può funzionare, ma solo se si accettano tutte le ricadute

Tagli ai prezzi? Fatelo solo se siete capaci

Nel canali del retail si fa sempre più largo la tentazione di intervenire sui prezzi di ampie fette dell’assortimento per aumentare gli ingressi nei punti vendita. Ma dagli esperti arriva un avvertimento: o lo si fa bene, o si rischia soltanto di accelerare il fallimento dell’impresa. Così la pensa, per esempio, Riccardo Trentini, responsabile Practice consumer della società di consulenza Oliver Wyman. In un’intervista al magazine di marketing Mark Up, Trentini consiglia cautela: una strategia di interventi massicci sui prezzi può anche essere valutata, ma soltanto a patto di chiedersi seriamente se si vuole veramente condurre una battaglia su questo terreno.

Il punto, sostiene l’esperto, è che percorrere una simile opzione significa innescare una serie di ragionamenti sullo stato di salute dell’impresa e implica anche l’eventualità di un radicale mutamento del proprio modello di business. Questo, ricorda d’altronde Trentini, è ciò che capiterà nel prossimo futuro a parecchie insegne del food e del non food, che dovranno riposizionarsi o rivedere il proprio lay out. Per spiegare l’esperto ricorda i meccanismi percettivi con cui i consumatori valutano il fattore prezzo: un arredamento raffinato tende a trasmettere l’idea che in quel negozio non si compra a buon mercato, un layout più vicino a quello di un semplice magazzino, benché meno attraente, trasmette l’idea di un acquisto low-cost”. Non è una regola fissa per tutti i canali del retail, ma un’insegna che sceglie la strada dei ribassi e poi non adegua la comunicazione del proprio punto vendita rischia solo di rinunciare a quote importanti di utile senza controbilanciare con maggiori volumi di vendite.

La regola, in sostanza, è che non si possono tagliare i prezzi senza ottimizzare le vendite. Di solito la prima carta che giocano i retailer è quella di strappare condizioni migliori ai fornitori – ed è senz’altro una strategia legittima – ma ci sono anche altri elementi da valutare. Trentini ricorda per esempio il “global sourcing”, che non significa andare a comprare in Cina ma cercare i partner più convenienti senza porsi limitazioni geografiche. Poi c’è l’ottimizzazione degli stock, che si attua attraverso un’attenta osservazione delle dinamiche del mercato. E infine le aperture: inutile stare aperti dalla mattina presto o la domenica se poi le vendite non lo giustificano nei fatti.

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