E se la crisi che stanno vivendo iper e supermercati non fosse legata soltanto alla contingenza ma avesse invece radici più profonde? Se a 50 anni dalla sua nascita, questo modello di acquisto e consumo avesse cominciato una parabola discendente forse inarrestabile? Sono alcuni degli interrogativi che – soprattutto nei paesi anglosassoni, dove il supermarket è nato – esperti e addetti ai lavori hanno cominciato a porsi da qualche tempo. Perché la sensazione che comincia a farsi strada è che al di là della crisi, nelle famiglie e nei consumatori stiano emergendo nuove tendenze di acquisto e consumo che portano a privilegiare le due “estreme” del retail, l’hard discount da una parte e il punto vendita tradizionale dall’altro. Lo dice a chiare lettere, in un’intervista citata dal settimanale Gdonews, Mark Price, managing director di Waitrose, importante catena britannica di supermercati: il consumatore medio ha sempre meno tempo a disposizione e la spesa settimanale sta diventando un rito sempre meno praticato, mentre prende invece piede la tendenza ad acquistare ovunque, e solo per la sera stessa. «Le persone acquistano gli alimentari solo per il consumo immediato» osserva «l’idea di riempire il carrello per la spesa settimanale è ormai un retaggio del passato. Questa condizione sta fondamentalmente cambiando il mercato». Per Price, in sostanza, si continuano a costruire supermercati pensati per il “vecchio mondo”, quando invece è alle porte un cambiamento «che si verifica una volta ogni 50 o 60 anni. L’ultimo grande cambiamento fu il supermercato stesso, negli anni 50. Penso che ciò che si vede oggi sia ugualmente fondamentale».
Price non è l’unico a pensarla così. In un articolo uscito su la Repubblica di oggi, Federico Rampini si sofferma sulla crisi che negli Usa stanno vivendo gli shopping mall, ossia i centri commerciali. Negli ultimi dieci anni hanno già chiuso i battenti in una decina e le previsioni parlano di un’altra sessantina di chiusure nel futuro più prossimo. Tanto che tra gli esperti c’è già chi preconizza l’estinzione di questa classe di ipermercati. Non per colpa della crisi, perché gli Stati Uniti sono in netta ripresa, i consumi crescono e l’occupazione sale: il fatto, spiega Rampini, è che sembra aver ormai fatto il suo tempo il modello di acquisto che era alla base del mall: lo shopping settimanale e interclassista, che chiamava a raccolta in un unico luogo classi lavoratrici, media borghesia ceti più abbienti. Oggi invece, le famiglie con basso salario si riversano negli hard discount, i “ricchi” invece vanno nei “flagship” stores, nelle catene monomarca o nei grandi magazzini più trendy.
E l’Italia? Viaggiando abitualmente con una decina di anni di ritardo rispetto ai paesi più dinamici, parlare di crisi sistemica del supermercato è forse prematuro. Ma di certo anche qui il modello è in seria crisi di ossigeno. Basta dare un’occhiata ai dati più recenti di Gdonews: sull’anno gli ipermercati fanno segnare un -2,70% nelle vendite rispetto al 2013, ma soltanto a dicembre la contrazione sullo stesso mese di un anno prima arriva al 4,91%; in “coma” anche il libero servizio: -3,01% sull’anno, -4,40% a dicembre; meno peggio, infine, i supermercati: -1,85% nel 2014, -3,46% nell’ultimo mese dell’anno.
Come detto, è presto per parlare anche qui di crisi del modello. Eppure gli esperti avvertono da tempo sui cambiamenti che si stanno facendo strada nel consumatore italiano, sempre meno animato dalla cosiddetta “store loyalty” (fedeltà al punto vendita). Le dinamiche in gioco possono essere diverse: da un lato l’attenzione alla promozione e al prezzo, che spinge una fetta di pubblico addirittura a spezzettare la spesa su più negozi pur di trovare l’offerta migliore, dall’altro l’affermarsi di una cultura del consumo responsabile che disaffeziona dalla distribuzione di massa e porta invece a riscoprire il commercio tradizionale.
Per i canali come la farmacia è un’iniezione di fiducia, ma non va dimenticata la riflessione di Price proposta in apertura: nei paesi che stanno più avanti, la spesa settimanale al supermercato perde adepti perché la gente ha sempre meno tempo (e forse questo tempo lo vuole dedicare ad altro). Molte catene della gdo lo hanno capito in anticipo e – per contrastare il trend – si sono lanciate con decisione nel recapito a domicilio e in servizi innovativi come gli sportelli pick up, il drive and buy eccetera. Urge una riflessione per capire se la farmacia, per le sue peculiarità, può permettersi di ignorare tali tendenze o invece le dovrà assecondare per non farsi emarginare.