Dal 2009 a oggi sono oltre 400mila le piccole e media imprese (Pmi) che hanno beneficiato delle iniziative messe in campo dalle banche italiane per sostenere il credito. Il dato arriva dall’Abi (Associazione bancaria italiana), che in una nota diffusa nei giorni scorsi ricorda lo «sforzo enorme» compiuto dal settore «in un momento in cui l’economia italiana ha conosciuto una fase di recessione-stagnazione tra le più profonde e persistenti». Di fronte a questo scenario, prosegue l’Abi, il mondo bancario ha «realizzato una serie di iniziative dirette a mitigare gli effetti» della crisi, riassunte in un documento che l’Associazione «porterà all’attenzione delle istituzioni, del Governo e delle forze politiche». Nel documento, in sostanza, si «raccolgono tutte le informazioni utili a comprendere lo sforzo profuso dalle banche ed il modo in cui i diversi settori economici e le diverse aree del Paese hanno beneficiato del supporto fornito».
L’iniziativa delle banche va messa in relazione con il dibattito sempre più intenso attorno al credit crunch, ossia la stretta sull’accesso al credito per le imprese (e le piccole in particolare). Non passa settimana, infatt, senza che i dati della Banca centrale europea o di altri istituzioni comunitarie rimarchino l’ingolfamento in cui è piombata nel nostro paese la macchina del prestito bancario a fronte di quanto accade nel resto d’Europa. C’è ormai chi accusa apertamente le banche italiane di non fare più le banche e l’iniziativa dell’Abi si annuncia di fatto come una risposta a tali critiche.
Ma forse dietro c’è anche la preoccupazione per quello che potrebbe arrivare nelle prossime settimane. Da domani, infatti, iniziano le ispezioni che la Banca centrale europea di Mario Draghi aveva programmato nei 15 istituti italiani di maggiore rilevanza. Si tratta di verifiche inserite nel percorso che deve portare all’Unione bancaria, ma tra i banchieri c’è qualcuno che tira il fiato perché dalle ispezioni dovrebbe saltare fuori lo stato di salute reale delle nostre banche. E soprattutto, il livello delle esposizioni. Ed è qui che potrebbero saltare fuori sorprese. I dati, riportati da un articolo del Corriere Economia, dicono infatti che i prestiti non onorati ammontano a circa 156 miliardi. E molti di questi potrebbero arrivare da imprese alle quali, in base ai parametri europei, non si sarebbe dovuto concedere credito. In Italia invece s’è fatto perché qui – come ammette un bancario al quotidiano milanese – contano più le relazioni che la solvibilità del cliente. Ma tra qualche mese, la Bce potrebbe dire che la musica deve cambiare.