Ricca di spunti l’annuale assemblea pubblica di Farmindustria, tenutasi a Roma. La farmaceutica italiana è un settore in espansione, che ha retto bene in questi anni di crisi economica, e che a livello produttivo vanta il primato in Europa, avendo superato anche la Germania. In sintesi, 32 miliardi di euro produzione nel 2018 (+3,2% rispetto all’anno precedente), un export che vale 26 miliardi, una crescita occupazionale, tra il 2014 e il 2018, dell’8,6%, con un +1% fatto registrare anche nei primi mesi del 2019. Gli addetti complessivi del comparto sono 66.500 (il 90% diplomato o laureato), di cui 6.600 ricercatori (+3% rispetto al 2017). La quota femminile supera il 50%. «Vi sono talenti, competenze, strutture pubbliche e private che con l’industria radicata nel nostro Paese possono partecipare alla competizione internazionale per l’innovazione, che oggi vede protagonisti non solo grandi economie come quella americana e cinese, ma anche Paesi piccoli e agili come Israele e Singapore», sottolinea il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi (nella foto), nella sua relazione.
La farmaceutica italiana, insomma, va molto bene, mentre sul piano istituzionale qualche fibrillazione c’è. Lo si è visto nel corso dell’evento romano, nel quale Scaccabarozzi si è confrontato con il ministro della Salute Giulia Grillo e con il direttore generale dell’Aifa Luca Li Bassi.
Grillo, da parte sua, parla subito di “cambio di passo” necessario nella governance della sanità, pur nel massimo rispetto di un settore industriale strategico, a livello nazionale, come la farmaceutica. Le stelle polari del suo agire sono la Costituzione e la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale. Pieno accordo con Scaccabarozzi? Non proprio: «Giusto garantire un equo profitto alle imprese ma dovere dell’Ssn è garantire solo le terapie davvero innovative, la sostenibilità del sistema è prioritaria». Quanto alle risorse previste dall’ultima legge di Bilancio, «i 3,5 miliardi in due anni non sono in discussione, sono il minimo sindacale, e neppure sono in discussione i due fondi extra per innovativi e non». Il ministro apre la porta a Farmindustria per discutere insieme di nuova governance e ricorda con soddisfazione l’accordo trovato tra le parti per sanare il contenzioso sul payback fino al 2017. La questione delle carenze è prioritaria, come dimostra l’apertura recente di un tavolo ad hoc.
Più evidente la divergenza di vedute, almeno su alcuni temi, tra Scaccabarozzi e Li Bassi. Il quale parte dalla urgente revisione del Prontuario e dalla necessità di valorizzare sì l’innovazione ma di non considerarla un dogma: «Riconoscere al meglio l’innovazione, oggi come oggi, è difficile. Bisogna saperla identificare con certezza». Li Bassi cita – tra gli argomenti su cui riflettere – il fatto un terzo dei trial clinici europei non venga pubblicato e una revisione pubblicata sul British medical journal, riguardante farmaci oncologici autorizzati nel periodo 2009 2013, da cui si evince che non sempre ci fossero prove di efficacia: «Abbiamo finanziato terapie che non hanno dato un chiaro vantaggio ai pazienti. Quello che stiamo mettendo in atto, con Aifa, per le terapie più avanzate è un approccio basato sul payment by result».
Altro motivo dialettico è il prezzo dei farmaci rimborsati, che Scaccabarozzi conferma essere, in Italia, il più basso tra quelli dei Paesi europei più sviluppati. Assunto che, secondo Li Bassi, non è dimostrato; lo stesso fatto che dall’Italia molti farmaci migrino verso l’estero, causando carenze, non ha a che fare con i prezzi ma è un fenomeno europeo di cui ancora si devono sviscerare le cause. Da un lato Scaccabarozzi reclama una governance della spesa farmaceutica che ponga fine alla «logica dei silos» per lasciare spazio a una riorganizzazione complessiva del sistema e delle risorse da gestire: «Pensare di ricavare cinque miliardi di risparmi dalla revisione del Prontuario è pura utopia. I tagli sono manovre vecchio stampo, occorre cambiare ottica». Dall’altra il dg Aifa ritiene che tale revisione serva «ad allineare i prezzi laddove vi siano delle evidenti disparità».
In chiusura di dibattito, l’auspicio di Scaccabarozzi, condiviso da tutti: «Parliamo di nuova governance insieme, senza pensare che le nostre soluzioni siano sempre le migliori».