Split payment, le imprese tifano per l’Europa

Split payment, le imprese tifano per l’Europa

Potrebbe essere l’Europa a liberare farmacie e altri fornitori della Pubblica amministrazione dall’incubo dello split payment, la novità forse più sgradita della Legge di Stabilità. Di che si tratta è ormai noto: dal primo gennaio gli enti della Pa (Asl comprese) sono tenuti a pagare le fatture al netto dell’iva, che devono poi versare al Fisco per proprio conto. L’obiettivo che avrebbe spinto il Governo a mettere in campo tale meccanismo sarebbe quello di ridurre evasioni e truffe sull’imposta, ma resta il fatto che per le aziende la novità potrebbe tramutarsi in mazzata: a causa dello split payment, molte di loro andranno spessissimo in credito d’iva con il rischio di vedere i relativi rimborsi soltanto a distanza di molto tempo.


Per fortuna si tratta di un’eventualità che dovrebbe soltanto sfiorare le farmacie: come Federfarma ha già avuto modo di spiegare ai suoi associati (forte del parere di diversi consulenti), lo split payment si applica soltanto ai pagamenti delle Asl soggetti a fattura (come dpc, Cup e integrativa), ma non a quelli per i quali si emette scontrino fiscale (i farmaci rimborsati). Il nuovo sistema, quindi, dovrebbe creare qualche grattacapo soltanto alle farmacie che intascano una quota consistente di rimborsi Asl per servizi o distribuzione per conto e magari già mettono a credito d’iva somme consistenti (per recenti investimenti o altro) ma le stime dicono che dovrebbe trattarsi di un numero ridottissimo di aziende.


In ogni caso la novità ha fatto storcere la bocca fin dalla sua entrata in vigore e nel mondo delle imprese cresce l’insofferenza. Non solo per lo split payment ma anche per il reverse charge, l’altra sgradita (dalle aziende) novità della Legge di Stabilità. Qui a essere coinvolti sono i comparti dell’edilizia, dei servizi e della gdo, ma il meccanismo rimane più o meno lo stesso: l’acquirente di beni o servizi paga le fatture dei fornitori al netto dell’Iva, che va poi versata al Fisco. Ma come detto, le aziende non ci stanno. La rappresentanza cuneese di Confindustria, per esempio, ha condotto un sondaggio tra gli iscrittiti per raccogliere i loro pareri su split payment e reverse charge: il 52% delle imprese sostiene che in caso di applicazione delle nuove norme dovrà ridurre il personale, il 53% sarà forse costretto a ritardare il pagamento dei salari e il 40% paventa una cessazione dell’attività. «Si tratta di uno dei peggiori provvedimenti che il sistema industriale e dei servizi abbia dovuto subire negli ultimi anni» ha detto il presidente della Confindustria provinciale, Franco Biraghi. Pollice verso anche dall’Associazione commercianti di Vicenza: «Lo split payment va bloccato oppure modificato in modo sostanziale, perché non metta in difficoltà le imprese» ha detto il direttore dell’Ascom, Ernesto Boschiero.

E l’Europa che c’entra? Il fatto è che occupandosi di iva – un’imposta che impatta sugli scambi all’interno del Mercato unico – le due norme della Legge di Stabilità su split paymente e reverse charge sono soggette alla valutazione dell’Ue: soprattutto quest’ultima, che infatti resta sospesa (nei suoi effetti sulla gdo) fino a quando Bruxelles non avrà dato luce verde. Cosa che potrebbe non accadere: secondo anticipazioni fornite nei giorni scorsi da Il Sole 24 Ore, infatti, l’Unione europea sarebbe già orientata a bocciare il meccanismo italiano, cosa che obbligherebbe Roma a cercare in un aumento delle accise sulla benzina i 730 milioni di euro stimati in entrata grazie al reverse charge. Per la proprietà transitiva, poi, un eventuale no di Bruxelles all’inversione contabile metterebbe in serio forse anche lo split payment, sul quale la Ue dovrebbe esprimersi attorno a marzo.
Non resta che attendere.

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