Con quali occhi vediamo l’attuale crisi economica? Con gli occhi stupiti di un bambino meravigliato da qualcosa di inatteso? Oppure un qualcosa, magari una creatura mostruosa, molto lontana o, all’opposto, troppo vicina? La vediamo come un insieme di minacce/opportunità oppure un ostacolo che divide chi vi è colpito da chi non lo è?
Le mille facce della crisi confermano almeno quattro considerazioni: che questa esiste ed è globale, che la percezione della crisi spesso non riflette la realtà, che questa colpisce in maniera differenziata, che non tutti reagiscono e/o possono reagire allo stesso modo.
Ma che crisi vede la farmacia? Intanto, a livello di mercato, ci permette di dire che la crisi non ha prodotto nel settore della distribuzione del farmaco cataclismi economici, almeno ad oggi, soprattutto in confronto con i settori dell’industria, manifattura, edilizia, commercio. Pensiamo alla nautica (strettamente legata all’artigianato), al tessile, all’abbigliamento, alla pubblicità. Un po’ di dati medi sulla farmacia (dagli studi di settore – ultimo biennio):
– i ricavi di vendita delle farmacie si sono ridotti del 3,7%;
– i ricavi di vendita da SSN si sono ridotti quasi del 5%;
– il costo del lavoro ha subito un incremento pari al 7%;
– il costo del capitale ha subito un incremento pari al 12,2%;
Il 25% delle farmacie italiane presenta segnali di squilibrio economico-finanziario, (dati 2013), lo 0,25% è assoggettato a procedure concorsuali, lo 0,72% ha cessato la propria attività senza il ricorso a procedure giurisdizionali (comprese parafarmacie).
In termini di valore del mercato delle farmacie, la variazione dal 2009 ad oggi è del -6/8%, confronto ad altri settori dove è del -25% e anche di più.
Una fotografia, in sintesi, di un settore che non è massacrato, che non è allo stremo; si sono ridotti i margini, i ricavi flettono, i costi lievitano. Ma i farmacisti, quelli contraddistinti dai caratteri dell’imprenditorialità, si sono sicuramente rimboccati le maniche e hanno preso provvedimenti opportuni che possono rimettere in moto l’economicità della farmacia.
Per “economicità” s’intende che il complesso dei ricavi garantisce l’integrale recupero dei costi, nonché un margine di utile giudicato soddisfacente dall’imprenditore. Economicità che fino a qualche anno fa era insita nell’azienda farmacia. Oggi come mai invece l’economicità deve essere governata dal titolare-imprenditore. Il farmacista non svolge attività impiegatizia ma imprenditoriale, e quindi:
– fissa gli obiettivi;
– pianifica la propria attività;
– individua i problemi;
– accerta i fattori di complessità e di rischio;
– ricorre alle soluzioni più appropriate e ne trae profitto.
Il tutto all’insegna dell’appagante economicità, senza mai confondere la dinamica finanziaria da quella economica.
Questo porta a riflettere sull’opportunità di passare dal “cicalismo” al “formichismo” aziendale.
Il formichismo produce arricchimento patrimoniale, risparmio, accantonamento degli utili.
Al contrario, il cicalismo produce depauperamento patrimoniale. Attenzione soprattutto alle spese di famiglia, ai prelevamenti titolare. Occorre cultura aziendale, rigore, serietà.
Il percorso fisiologico dell’economicità impone una politica finanziaria prudente, basata sul formichismo, al fine di fronteggiare la crisi sin dai primi sintomi. Affinchè la farmacia sopravviva è necessario che rispetti il principio di economicità.
La situazione delle farmacie oggi è la seguente: chi si è “rimboccato le maniche”, “va meglio” del passato, con margini ed utili superiori a quelli precedenti la crisi. Evidentemente ci sono titolari di farmacia che hanno adottato tutta una serie di comportamenti virtuosi che gli hanno permesso di superare/limitare gli effetti della crisi.
La prospettiva di molte farmacie è di non conoscere la crisi aziendale, se non quella generale, o lievemente. Altre la avvertiranno in maniera più forte.
In questo senso se di crisi stiamo parlando, questa è soprattutto crisi di “capitale umano imprenditoriale”. In passato sicuramente anche da parte dei consulenti aziendali sono stati fatti degli errori, ma è il farmacista che deve appropriarsi della funzione imprenditoriale, che spetta a lui, non al proprio consulente.
È in questo senso che la crisi diventa “benedizione” come dice A. Eistein, per alcuni almeno. La crisi è una benedizione perché ci costringe a mettere in campo tutte le nostre forze morali ed umane ed a modificare certi atteggiamenti che anziché essere virtuosi sono viziosi.
Ma se da una parte è il singolo farmacista che deve prendere provvedimenti, dall’altra alcuni problemi devono essere affrontati dal sistema della distribuzione del farmaco nel suo complesso per evitare che la farmacia in qualche maniera venga emarginata.
La spesa convenzionata è diminuita molto di più rispetto alla spesa territoriale perché a danno della prima è aumentata la spesa della distribuzione diretta (compresa dpc).
Questo aspetto deve far meditare perché quando si parla di remunerazione, questa è orienatata a creare opportunità affinchè la farmacia si riappropri di una distribuzione che sta perdendo. Con la distribuzione diretta ci perde la farmacia e la distribuzione intermedia, quindi è il sistema che deve affrontare il problema.
L’andamento della spesa farmaceutica è molto variabile nelle Regioni italiane; il valore medio (Euro) per fustella è in Lombardia 10,54, Lazio 10,04, Sicilia 10,32. Il Governo centrale per controllare la spesa pubblica sta creando benchmark che sarà 8 o 7, non 10.
L’andamento della spesa farmaceutica netta dal 2013, nei primi mesi del 2014 è diminuita del 3,40%. La spesa della distribuzione diretta della Fascia A non rivela variazioni nel confronto gennaio-giugno 2014 rispetto allo stesso periodo del 2013 (fonte:AIFA), ma il dato complessivo nasconde forti scostamenti a livello regionale (con picchi in aumento di quasi il 16% per l’Abruzzo e del 18% in diminuzione per la Sicilia).
La distribuzione diretta non riguarda esclusivamente farmaci del PHT, ma oggi le Asl per recuperare costi hanno ampliato la distribuzione diretta (anche dpc); in molti casi la Fascia A oltre i 30 Euro sta “andando” verso la distribuzione diretta, facendo così perdere questo mercato alla farmacia ed all’intera filiera della distribuzione del farmaco.
Intervenire a livello di sistema è quindi fondamentale.
Andamento economico delle farmacie: fatturato diminuito fino al 2012 (SOSE). Il 2013 non è migliore, anche in termini di margine operativo lordo. Aumenta il costo del lavoro a fronte impossibilità di diminuire il numero degli addetti.
Per una valutazione approfondita delle reali condizioni di difficoltà non ci si deve soffermare tanto sul reddito di impresa, quanto sulla capacità della farmacia di far fronte ai pagamenti attraverso l’utilizzo del flusso di cassa generato dalla gestione dell’impresa. L’ammontare di liquidità a disposizione della farmacia può essere calcolato sottraendo dal Margine Operativo Lordo l’ammontare dei pagamenti per interessi passivi e per il rimborso dei debiti a lungo termine. Il problema è questo ed è grave per molte farmacie (circa 300).
Il “cassetto” è aumentato dal 42/43% al 54% di oggi (no ticket). Significa che farmacia ha introdotti nuovi prodotti ed organizzato farmacia e vendita per entrare in questo nuovo mercato, che assieme alla nuova remunerazione può migliorare il futuro della farmacia.
Incrementare attività extrafarmaco o farmaci alternativi dipende dal singolo, recuperare spazi per la farmacia in rapporto con il Ssn dipende dallintera filiera, dalle Associazioni di categoria e dalle associazioni della distribuzione intermedia.
Il distributore è il soggetto che più avverte la crisi perché le farmacie indebitate, i cui flussi della gestione non erano più sufficienti per le esigenze del titolare, hanno comprato a credito dai distributori lasciando crediti “non buoni” nei loro bilanci lasciandoli “a piedi”.
Distribuzione che a fronte di margini limitati, ha comunque trasferito la propria marginalità alle farmacie, trovandosi oggi in forte difficoltà.
Ma quali soluzioni possono adottare oggi le farmacie in situazioni di indebitamento oltre la soglia critica?
Le soluzioni sono diverse, per poter ricominciare. Le imprese in difficoltà possono trovare nell’ordinamento giuridico degli strumenti per risolvere i loro problemi (non nella mancanza di imprenditorialità).
Soluzioni fisiologiche:
– vendita farmacia. Fino a qualche anno fa era possibile vendere la farmacia e saldare i debiti. È questa la vera crisi della farmacia oggi: vendere l’azienda può non essere sufficiente per ripagare i debiti. Quindi, tornando al discorso precedente sulla distribuzione intermedia, ma anche per gli istituti di credito ed altri, il problema è anche di chi avanza soldi dalla farmacia.
– Nuovi apporti di capitale (per ridurre le passività)
•Ricerca di un socio
•Ricerca di un finanziatore esterno
– Risanamento/turnaround (ristrutturazione della gestione aziendale recuperando la redditività)
Quando il problema non è più sanabile agendo sulla gestione, è necessario ridurre l’entità dei debiti.
La crisi delle farmacie è “crisi patrimoniale”, ovvero un estremo sbilanciamento dei debiti. Raramente si tratta di una “crisi reddituale”; il mercato farmacia è ancora buono, come la reddittività (seppur inferiore al passato).
I fallimenti sono generati da patologie patrimoniali, non da crisi aziendali (ed il fallimento è del farmacista, non della farmacia).
Soluzioni della patologia
– Concordato stragiudiziale. Si convocano i creditori e senza coivolgere tribunali o professionisti con atti formali, si cerca di concordare dilazioni, piani di rientro, ecc. Azione rischiosa anche con ripercussioni future, si profilano reati fallimentari: ipotesi distrattiva o aver prorogato dissesto con operazioni azzardate).
– Piani attestati (simile a sopra, ma c’è un professionsita che attesta i dati e il piano di rientro dei pagamenti per il risanamento aziendale. I creditori che ricevono pagamenti non corrono rischi di vederseli revocare se l’azienda fallisce e dover restituire il denaro per essere poi ripagati successivamente con “moneta fallimentare”).
– Accordi di ristrutturazione del debito (accordo con solo alcuni creditori, i principali normalmemte, omologato dal tribunale. Accordo che esclude gli altri creditori a patto che siano pagati entro un termine certo.)
– Concordato preventivo (strumento che ha lo scopo di evitare il fallimento e semplificando, è il tentativo di proporre ai creditori un piano di risanamento e un accordo con la mediazione del tribunale che nomina un commissario il quale si incarica di verificare che il piano presentato sia un piano fattibile e aiuta i creditori ad esprimere un voto. Il voto è a maggioranza, quindi la forza del concordato preventivo è che è sufficiente il consenso della maggioranza dei creditori chirografari per venir accettato). Il concordato preventivo , che blocca possibili azioni esecutive, può essere:
•Liquidatorio (con cessazione dell’attività produttiva, vendita dei beni e con il realizzo sono pagati i creditori);
•In continuità (prosecuzione dell’attività produttiva. All’impresa-farmacia si attaglia lo strumento del concordato preventivo in continuità aziendale. Si preservano i valori avviamentali, che nel settore hanno grande rilievo).
Presupposto delle soluzioni è un “piano” credibile. Se il piano non è credibile, o non è validato o fallisce, fallisce la farmacia.
Si può sopravvivere ad un concordato ed al fallimento?
Con il concordato in continuità l’imprenditore continua a fare imprenditore. Con il concordato liquidatorio no, l’azienda viene venduta attraverso il tribunale, ma l’imprenditore può ricominciare una nuova avventura.
Il concordato 9 volte su 10 permette di sopravvivere, perché l’imprenditore o rimane “in sella” o perché non subisce il fallimento, non viene indagato per bancarotta fraudolenta, se è amministratore di società non subisce azioni di responsabilità, ecc., in qualche modo sono neutralizzati gli effetti peggiori del fallimento.
Si sopravvive anche al fallimento. Oggi è considerato un fisiologico strumento di soluzione delle crisi aziendali. I crediti non sono più esigibili dal fallito (esdebitazione) a condizione che si sia comportato bene, quindi può ricominciare l’attività economica. Nella pratica comunque rimangono difficoltà di accesso al credito (idem per il concordato).
Quello che è sicuro è che il sistema della distribuzione del farmaco non può permettersi idee shumpeteriane secondo le quali la “distruzione creatrice” della crisi serve per rigenereare il sistema.
Quanto sopra è frutto di una sintesi degli interventi dei dott. G. Brunello, M. Tarabusi, F. Poddighe, F. Falorni, P. Pietrini intervenuti in occasione del convengo “La gestione della Crisi d’impresa nel settore della distribuzione del farmaco: strategie e strumenti di risanamento” organizzato a Pisa dal Laboratorio Farmacia il 9 Ottobre scorso.
Dal seguente link è possibile consultare e scaricare le slides dei relatori intervenuti al Convegno.
Si sfugge alla crisi solo facendosi formiche
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