Sanità low cost, l’identikit del cliente-tipo

Sanità low cost, l’identikit del cliente-tipo

E’ soprattutto donna, è convinto che la sanità possa essere gestita insieme da pubblico e privato e quando si rivolge a quest’ultimo lo fa perché le liste d’attesa negli ospedali pubblici sono troppo lunghe. E’ il ritratto dell’italiano che si affida alla cosiddetta sanità “low cost”, termine che identifica quelle strutture dove si erogano prestazioni a pagamento con tariffe “calmierate”. L’identikit emerge dal sondaggio condotto dal Centro medico Santagostino di Milano, una catena di otto ambulatori (sei dei quali nel capoluogo milanese) nata da un progetto di Oltre Venture Sociale, un fondo di investimenti sociali.


Sono circa 55mila le persone che quest’anno si sono già rivolte al Centro, in netta crescita rispetto alle 46 mila del 2014; ad ascoltare il sondaggio hanno per l’85% età compresa fra 25 e 64 anni, sono in larga parte donne (79%) e si sono rivolti al Centro Santagostino soprattutto per i prezzi (45,2%), anche se più di un paziente su tre dice di averlo scelto per evitare le lunghe attese del Ssn. Non a caso, per più del 20% del campione la facilità di ottenere un appuntamento in tempi brevi è il fattore che più pesa tra i criteri con cui si sceglie la struttura, seguito dalla gentilezza e da un buon rapporto medico-paziente (19,5%), dalla qualità tecnica e dall’innovazione delle cure (16,5%), dal costo vantaggioso (16,2%). In particolare, poco più di un quarto delle persone coinvolte nell’indagine (26,7%) spende meno di 500 euro all’anno, segue chi sborsa dai 1.000 ai 2.000 euro (20,9%) e chi supera i 2.000 (15,7%). A incidere in misura maggiore sul budget sanitario familiare sono le visite mediche private (39% degli intervistati), quindi dentista (27,3%), farmaci (21,5%), esami (7,6%) e ticket (4,6%).


Più della metà degli intervistati (54,7%) dichiara di non essere costretto a rinunce per far fronte alle spesa mediche, ma il 45,3% ammette che per far quadrare i conti è costretto ad altri tagli: sotto la scure finiscono soprattutto ristorante, abbigliamento, vacanze o viaggi e attività nel tempo libero. E se quasi il 70% del campione dichiara di non rimandare o rinunciare del tutto a curarsi per mancanza di soldi, il restante 30% ammette tagli o economie sulla spesa per dentista, fisioterapista, esami e accertamenti clinici.

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