Il sì o il no al referendum costituzionale produrrà grandi risvolti anche sulla salute. Uno dei quesiti su cui sono chiamati a pronunciarsi gli italiani, il prossimo 4 dicembre, modifica l’articolo 117 che sancisce proprio il riparto delle competenze tra Stato e Regioni, affidando al primo competenza esclusiva sulla tutela della salute e politiche sociali, alle seconde l’organizzazione dei servizi. Cosa potrebbe cambiare, dunque, per il Sistema sanitario nazionale? Su questa domanda si sono confrontati a Roma medici, politici e industria del farmaco all’evento “Riforma costituzionale e salute: possibili scenari nazionali e regionali”, promosso da Roche con il patrocinio di Farmindustria e dell’Osservatorio nazionale sulla salute delle Regioni. Al centro della discussione le possibili conseguenze dell’abrogazione della legislazione concorrente tra Stato e Regioni, gli impatti della cosiddetta “clausola di supremazia” e i potenziali cambiamenti negli assetti organizzativi regionali e nazionali, ma anche la mobilità interregionale per motivi di cura, l’accesso alle terapie, le liste d’attesa e i Lea. «Fondamentalmente – ha spiegato Giuseppe Franco Ferrari, docente ordinario di Diritto costituzionale presso l’università Bocconi – l’idea di questa revisione è di sopprimere la podestà legislativa concorrente tra le Regioni e lo Stato e di introdurre solo due legislazioni: quella regionale e quella statale, salvo ulteriori clausole. Nel lungo periodo, tutto ciò potrebbe portare a una situazione sicuramente più omogenea in campo sanitario, ma è difficile immaginare che questo possa accadere nel giro di due o tre anni». E in riferimento ai Lea, Ferrari evidenzia come siano interpretati dalla Corte come «qualitativi, quantitativi, strutturali e tecnologici», e di fatto antecedenti alla revisione del Titolo V. «Quello che verrà rimarcato – aggiunge – è che i punti sui quali si esplicava il potere statale, e cioè il prezzo dei farmaci o il rientro del deficit regionale, ora saranno criteri stabiliti unilateralmente con legge statale e non più condivisi anche se, non essendo caduta la Conferenza Stato-Regioni e avendo il Senato una nuova funzione, potrebbe essere questo il luogo di equilibri e mediazioni. Ma dipenderà anche molto da quello che poi succederà nel contesto elettorale». E a tratteggiare un quadro disastroso della sanità italiana attuale è Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva «È a pezzi, ovvero divisa in tanti parti diverse». Le cose prima della riforma del 2001 che ha modificato il titolo V «non andavano alla grande, ma quello che è accaduto dopo – continua – ha implementato tutti i difetti del precedente sistema. La nuova riforma va nella direzione di una maggiore responsabilità a fronte dello scaricabarile sul mancato rispetto dei Livelli essenziali di assistenza che vediamo oggi tra Regione e Governo».
Riforma costituzionale e salute
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