La pandemia da SARS-CoV-2 sta mettendo a dura prova i sistemi sanitari in tutto il mondo, sovraccaricando in maniera drammatica le strutture sanitarie e gli operatori sanitari, compresi i farmacisti impegnati nelle farmacie territoriali che sono state, e continuano a essere, presidi in prima linea contro il Covid-19. Da queste considerazioni è partita l’indagine della terza edizione del “Rapporto annuale sulla Farmacia” – redatto da Cittadinanzattiva in collaborazione con Federfarma e con il contributo incondizionato di Teva – i cui risultati mettono in evidenza le difficoltà e i punti di forza delle farmacie in questa situazione di criticità.
Farmacie sempre aperte, poche hanno canale e-commerce
Il III Rapporto annuale sulla farmacia, dal titolo “Il ruolo delle farmacie e la loro relazione con i cittadini nell’emergenza Covid-19” nasce da un’indagine rivolta alle farmacie e una survey rivolta ai cittadini, realizzate fra luglio e ottobre 2020. Hanno risposto 633 farmacie e 664 cittadini.
«Il Rapporto mette in evidenza come i cittadini ci riconoscano il ruolo di presidio del sistema sanitario nazionale, ruolo che non sempre viene riconosciuto dalle istituzioni», ha dichiarato Marco Cossolo, presidente di Federfarma. «Da qui la necessità di valorizzare le potenzialità delle farmacie come servizio di prossimità, potenziando le attività di assistenza e supporto alla popolazione e al sistema sanitario nel contesto pandemico». Inoltre, «le farmacie, come hanno dimostrato alcune esperienze locali, possono avere un ruolo attivo nel contrasto alla diffusione del Covid-19, permettendo ai cittadini di effettuare test sierologici o tamponi rapidi. L’altro grande fronte aperto è quello delle vaccinazioni, a partire ovviamente da quella antinfluenzale e antipneumococcica. Anche in questo campo, come avviene in altri Paesi, le farmacie sono a disposizione per ampliare al massimo la copertura vaccinale».
Dai risultati emerge che, durante la fase 1 dell’emergenza l’86,3% delle farmacie non ha modificato i propri orari di apertura. Sospesi invece alcuni servizi: gli screening (dato riportato dal 15,6% delle farmacie), il monitoraggio di alcuni parametri di salute (9,6%), test/esami diagnostici di base (8,8%) nonché le prestazioni fornite da altre figure professionali solitamente presenti in farmacia (7,9%). D’altra parte, più della metà delle farmacie (63%) ha fornito nuovi servizi, principalmente consegna a domicilio, assistenza telefonica/consulenza, possibilità di ordinare/prenotare farmaci e altri prodotti da ritirare in farmacia. La consegna a domicilio è stata gestita nella maggior parte dei casi direttamente dalla farmacia (67,1%), oppure da Protezione civile e Croce Rossa (35% ciascuno).
Sul fronte della comunicazione tra farmacista e utenza, le farmacie si sono affidate sia a forme più tradizioni – avvisi mediante cartelli all’ingresso (87,8%) o in bacheca (46,6%) – sia ricorrendo a social media (49%) piuttosto che al web (28,3%). Da parte degli utenti il 26,4% dei cittadini si è rivolto al proprio farmacista di fiducia per chiedere lumi su come comportarsi in caso di manifestazione di sintomatologia sospetta Covid-19. Quando ciò è avvenuto, l’attenzione e le risposte ricevute sono risultate buone/molto buone nel 97% dei casi. La diffusione di fake news riguardanti possibili rimedi farmacologici (e non) contro il Covid-19 ha fatto sì che anche un 10,4% delle persone che hanno risposto alla survey ne fosse in qualche modo vittima: in queste circostanze, in un caso su due si sono rivolti al farmacista per avere chiarimenti ritenuti il più delle volte (85,3%) molto di aiuto.
Tra le novità principali introdotte dalla pandemia c’è quella della completa dematerializzazione della ricetta che, a detta del 66,5% dei farmacisti, ha portato prevalentemente vantaggi e quasi il 90% ritiene che dovrebbe diventare una prassi. Una prospettiva che trova d’accordo il 90% dei cittadini, anche perché ben il 77,3% di essi l’ha utilizzata evitando di stamparla, servendosene tramite posta elettronica (70,6%), sms (35,5%), Fse-Fascicolo sanitario elettronico (17,5%).
Poche le farmacie territoriali (8,4% sul totale di quelle coinvolte nell’indagine) che svolgono attività di e-commerce, e fronte di un 30,9% che lo ritiene utile, il 25,5% rimane scettico e solo il 27,4% lo attiverebbe una volta superata l’emergenza. Chi ha un canale e-commerce ha registrato un aumento sia delle vendite (37,7%) che di visitatori al canale on-line (47,2%). Scarso l’utilizzo di questo canale anche da parte dei cittadini intervistati che, nel periodo considerato, solo nel 27,3% dei casi ha effettuato acquisti on-line per farmaci/mascherine/Dpi, eccetera. Non solo, tra gli utilizzatori dell’on-line, solo il 37% ha fatto ricorso a canali di e-commerce di farmacie autorizzati dal ministero della Salute mentre una quota significativa, pari al 38,7% non ha consapevolezza di essersi giovato o meno di tali canali autorizzati dalle autorità competenti. Nel dettaglio, i cittadini che hanno usato l’e-commerce ne hanno fatto ricorso in misura maggiore all’anno precedente (lo segnala il 52,2% degli attivi sul web), principalmente per l’acquisto di mascherine (64,2%), disinfettante (43,3%), vitamine/integratori (35,8%), guanti (32,8%).
Infine, sull’eventualità di introdurre anche in Italia, come già avviene in altri Paesi europei, la possibilità di effettuare in farmacia vaccinazioni e test sierologici, il 66,4% dei farmacisti sarebbe favorevole in particolare per la vaccinazione antinfluenzale (99%) e per la futura vaccinazione anti Covid-19 (77,4%). Il 66,2% delle farmacie si dichiara disponibile anche allo svolgimento di test sierologici per il Covid-19. Da parte loro, i cittadini si mostrano favorevoli (nel 63% dei casi) alla possibilità di vaccinarsi in farmacia oltre che di svolgere test sierologici (opzione che raccoglie ben il 77,6% di pareri positivi).