Le ultime campagne lanciate dalla grande distribuzione organizzata – come “Bassi e fissi” di Conad o “Scegli tu” di Coop, che lascia al consumatore la scelta dei prodotti sui quali applicare gli sconti – dimostrano che le promozioni rimangono per il mass market uno strumento di marketing fondamentale. Per quanto siano creative le insegne, le tecniche promozionali sono essenzialmente due: every day low price e high low pricing. La prima è tipica di insegne come Wal-Mart, Aldi e Ikea e consiste nel mantenere i prezzi più bassi rispetto alla concorrenza per tutto l’anno, perché l’obiettivo è quello di apparire agli occhi del consumatore il punto vendita o la catena più conveniente. Per riuscirci, Wal-Mart aggiorna quotidianamente i propri prezzi e in più garantisce ai clienti che se trovano un prezzo più basso altrove, vengono rimborsati della differenza. L’high low pricing invece consiste in riduzione temporanea dei prezzi in una forbice che di norma dovrebbe oscillare tra il 30% e il 50%; il risultato è un aumento dei volumi delle vendite per cinque o anche dieci volte.
E’ evidente che l’every day low price è un lusso che si possono permettere soltanto i gruppi più grandi e cioè coloro che hanno una struttura dei costi tale da garantire un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo. L’ high low pricing, invece, può essere messo in campo anche da piccole realtà come la farmacia, ma a certe condizioni. Per cominciare, non si dovrebbe mai dimenticare quello che diceva un articolo della rivista di business Fortune: sconti e tagli ai prezzi sono «lo strumento di marketing più stupido che esista». Quando si usano, di conseguenza, andrebbero sempre stimati preventivamente gli effetti, i risultati e gli scostamenti. Sono ancora pochi, invece, i farmacistiche misurano i volumi delle loro vendite, le quote di mercato guadagnate, gli incrementi di margine, i clienti attratti e i cali delle quote di mercato patiti dalla concorrenza e non studiano con attenzione i prodotti da mettere in offerta.
Più numerosi, invece, sono i titolari che pensano di competere sul terreno della convenienza o contrastare l’every day low price dei corner della Gdo distribuendo ogni due mesi un centinaio di volantini con 10/15 prodotti scontati. Niente di più errato, soprattutto se gli sconti sono poco invitanti – magari perché inferiori a quella soglia psicologica del 25% che gli studiosi dicono essere il livello minimo per stimolare i clienti all’acquisto – oppure i prodotti inseriti in promozione sono di marche sconosciute al grande pubblico.
L’uso della marca nelle promozioni è fondamentale: è quello che si chiama “effetto civetta” e la gdo sa farne un uso sapiente, perché forti sconti sui prodotti di maggiore notorietà invogliano i clienti ad andare a fare la spesa in quel centro commerciale. Molte farmacie, invece, buttano alle ortiche l’effetto civetta senza neanche accorgersene, semplicemente scegliendo i prodotti non per la loro notorietà ma per gli accordi commerciali stipulati con le aziende o per le condizioni di acquisto concesse dal fornitore.
Ma sconti e marche a parte, quando una farmacia si mette a fare promozioni la prima cosa di cui deve tenere conto è che stampare un po’ di volantini non basta, poi vanno anche fatti girare. Invece, molti farmacisti li stampano e poi li abbandonano sul banco in prossimità delle casse o, peggio, in qualche angolo. E’ raro persino che si faccia una stima attendibile delle copie da produrre: mediamente in una farmacia si contano 240 ingressi al giorno, mi è capitato di vedere titolari che stampano 250 opuscoli e dopo un mese sono ancora tutti lì sul banco, con due dita di polvere sopra. Con la media ingressi di cui s’è detto sarebbe stato naturale vederli esauriti in un paio di giorni al massimo, sarebbe bastato infilarli nei sacchetti di ogni cliente che arriva alla cassa con un acquisto, oppure distribuirli a tutti quelli che entrano perdendo qualche secondo per spiegare cosa c’è nel volantino.
E non basta. Se pochi farmacisti distribuiscono i volantini come dovrebbero, non tutti i clienti li sfogliano come fanno con quelli della gdo. Innanzitutto non c’è lo stesso livello di interesse: un’abbondante metà del mercato della farmacia, quella rappresentata dal farmaco, non trae giovamento dalle promozioni perché la domanda è anelastica al prezzo (cioè prezzi più bassi non fanno aumentare gli acquisti). Ovviamente il discorso cambia nel parafarmaco, ossia per quei prodotti ad acquisto ripetuto come i pannolini, gli omogenizzati, la pasta per dentiere o i cosmetici, dove si può invogliare l’effetto scorta.
Gli sconti, in sintesi, non sono solo la politica di marketing più stupida, sono anche quella che fa più disastri: se non si tutelano con un attento governo del conto economico, due concorrenti che competono abbassando continuamente i prezzi (per strapparsi vicendevolmente quote di mercato) finiscono soltanto per danneggiarsi a vicenda. Che fare allora, evitare del tutto gli sconti? No, ma è opportuno farli soltanto se ne vale la pena: lo scopo di una promozione, infatti, non è quella di cannibalizzare un prodotto per un altro (cioè spostare la domanda da una marca a un’altra) ma vendere di più, aumentare il fatturato globale e attirare nuovi clienti in farmacia. In farmacia, inoltre, l’high low price è una tecnica che vale la pena mettere in campo soltanto su prodotti leader o novità in fase di lancio. E a queste condizioni, i risultati sono più che buoni: l’esperienza, per esempio, dice che chi ha messo in offerta i pannolini per bambino a prezzi conocrrenziali rispetto al fuori canal, ha fatto numeri esorbitanti.