Abbiamo visto le attività di loyalty marketing più diffuse in Italia. L’Osservatorio Fedeltà del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Parma ha osservato le pratiche delle 100 aziende internazionali che hanno sviluppato i migliori programmi di fidelizzazione, per un raffronto con l’eccellenza in questo ambito.
Il confronto delle italiane con le best in class
«In sostanza le best in class svolgono attività coordinate in tutti i canali fisici e digitali. Anche le attività più semplici da implementare, come la lista dei desideri, dovrebbero essere rese sempre disponibili e aggiornate anche nel punto vendita per permetterne la consultazione attraverso il personale o con chioschi interattivi digitali. Le best sono più avanti nelle attività online, ad esempio il virtual catalogue che da noi non è ancora così diffuso, adottato solo dal 24% delle aziende italiane intervistate». L’integrazione tra canali fisici e digitali di fatto riguarda dunque ancora poche aziende italiane, aggiunge Cristina Ziliani «solo il 10% delle aziende italiane sono omnicanale, il 55% ha implementato solo attività cosiddette drive to store mentre il 35% non si sono attivate per nulla». In Italia possiamo distinguere diverse tipologie di approccio.
Le aziende omnicanale
Esse danno più importanza al contesto, in cui il consumatore si sta progressivamente abituando a servizi disponibili in tutti i punti di contatto, hanno competenze, risorse e tecnologie adeguate a sviluppare tali programmi per rispondere alle pressioni della concorrenza.
Le aziende pessimiste
Di fatto sono poco in contatto con l’evoluzione della clientela , non hanno mai realizzato neanche progetti sporadici per provare l’efficacia di nuovi approcci con il cliente. Non ritengono importanti né le attività drive to web né quelle drive to store. Continuano a pensare all’online e al fisico come a due mondi separati.
Prossimamente nuovi approfondimenti con Cristina Ziliani.