Nel mio ultimo articolo avevo scritto che molte farmacie tendono a difendere la propria marginalità agendo spasmodicamente sulla sola leva dei costi e trascurando quella dei prezzi. Anche in tempi di crisi, osservai, non è folle ritoccare verso l’alto il prezzo quando il prodotto lo giustifica. Le mail che ho ricevuto da diversi lettori mi invitano a proseguire e approfondire. Il primo concetto da puntualizzare è che prezzi alti sono giustificati soltanto davanti a prodotti o servizi di qualità altrettanto alta. E’ anche cruciale che il cliente riconosca loro tale plusvalore, una consapevolezza che si può favorire investendo in comunicazione, da quella tradizionale al noto passaparola.
Al contrario, una strategia “every day low price” (sempre il prezzo più economico) è perseguibile soltanto se si è in grado di comprimere realmente i costi. Il grande errore che molte aziende commettono quando fissano il prezzo è quello di ricorrere al metodo del “cost plus”, quando invece si dovrebbe partire dal “value to customer” che si fonda sulla “willingness to pay” (la disponibilità del cliente a spendere quando il valore percepito viene considerato giusto). Il “cost plus” consiste nel prendere in esame il costo di produzione o di acquisto di un bene per applicarvi un ricarico percentuale. Altri determinano i prezzi in base all’analisi della concorrenza, con opportune variazioni al rialzo o al ribasso.
Il prezzo va sempre elaborato sulla base di tre variabili: i costi (di produzione, distribuzione e vendita), gli obiettivi commerciali (concorrenza) e la domanda del mercato. Un prezzo troppo alto penalizza le vendite, uno troppo basso depaupera la marginalità inutilmente, visto che le persone avrebbero comunque acquistato il prodotto. Un caso da manuale è quello dello Zantac di Gsk: lanciato sul mercato dopo il Tagamet, venne commercializzato a un prezzo più alto del concorrente (quando invece chi arriva per secondo tende sempre a collocarsi su una fascia inferiore) perché vantava una posologia più semplice ed effetti collaterali ridotti. Gsk fece centro, anche grazie a una buona comunicazione, e questo dimostra che scelte di prezzo “alte” funzionano solo se ben motivate e gestite.
Come dicevo nell’articolo precedente, anche aumenti di prezzo di appena l’1% possono incrementare la redditività, a patto ovviamente che non incidano sui fatturati. Senza un’attenta analisi preventiva gli sconti non sono altro che un salto nel buio, perché i prezzi si tagliano soltanto se c’è una ragionevole probabilità che i ribassi generino incrementi di fatturato tali da compensare la perdita di redditività. Molti degli sconti che si vedono nelle farmacie non sarebbero mai stati avallati se si fosse ragionato preventivamente sui numeri.
Facciamo un esempio prendendo a riferimento un Otc più che noto, il Bronchenolo sciroppo. E’ un prodotto anelastico, che si acquista soltanto in caso di necessità e quindi non reagisce a variazioni di prezzo (non ne compro di più per fare scorta solo perché costa qualche centesimo in meno). Una farmacia che decidesse di metterlo in promozione per un certo periodo con uno sconto del 30% lo venderebbe a 5,67 euro più iva, quando il prezzo al pubblico ammonta a 8,10 euro più iva e il costo d’acquisto per il titolare 2,75 (sempre senza iva). Soltanto per pareggiare la perdita di redditività determinata dal ribasso, la farmacia dovrebbe vendere un numero di pezzi superiore dell’83% a quello che in condizioni normali aveva venduto nello stesso periodo dell’anno precedente (vedi figura). Superata tale soglia ogni pezzo in più giustifica lo sconto, sotto invece significa perdita.
Il fatto è che ogni intervento sui prezzi richiede una strategia di base, perché quando le cose sono lasciate al caso o all’intuito spesso si sbaglia. Insegna molto la cosiddetta battaglia dell’Atlantico, la lotta che nella Seconda Guerra Mondiale contrappose gli U-boot tedeschi ai convogli di mercantili con cui gli Usa rifornivano l’Inghilterra assediata. Inizialmente, i capi della Marina britannica pensarono che il modo migliore per sfuggire ai sommergibili fosse quello di far partire le navi in piccoli gruppi ben sparpagliati, per ridurre le probabilità di intercettazione. Un gruppo di matematici reclutato per violare i codici nemici, dimostrò invece calcoli alla mano che era più conveniente organizzare convogli massicci, perché sarebbe stato più facile proteggerli e perché le statistiche dicevano che le perdite erano sì maggiori, ma era anche maggiore il numero di navi che arrivava nei porti inglesi. Le cifre aiutano a non pescare a caso.