Per le micro-imprese, categoria cui appartengono le farmacie, le banche rappresentano da sempre il principale canale di finanziamento. Tuttavia, negli ultimi anni gli istituti di credito hanno modificato le proprie modalità operative in materia di erogazione dei prestiti e analizzano con maggiore profondità la capacità di rimborso dei clienti. Un’occasione per capire che cosa è cambiato nel rapporto tra banche e farmacie l’ha offerta l’incontro organizzato venerdì scorso dal Laboratorio Farmacia in collaborazione con la Cassa di Risparmio di San Miniato.
Nelle valutazioni che le banche effettuano per misurare i rischi connessi ai prestiti, le caratteristiche del singolo cliente assumono un rilievo crescente e vengono sintetizzate in un “rating” utile alla misurazione dei livelli di rischio di ciascun prestito e a determinarne il relativo prezzo, congruo rispetto al rischio sopportato.
«Scopo dell’incontro» ha sintetizzato Falorni «è comprendere come la banca definisce il profilo di affidabilità e il merito creditizio del cliente farmacista».
«Quello che interessa alla Banca» ha detto Alessandro Bandini, presidente della Cassa di Risparmio di San Miniato «al di là delle necessarie valutazioni quanti-qualitative, è soprattutto il progetto industriale, ovvero se colui che chiede il finanziamento è in grado di restituire nel tempo quanto ricevuto grazie a una redditività che gli permette di poter vivere e di rimborsare al contempo il finanziamento» .
È naturale che alle aziende più “rischiose” la banca faccia pagare il tasso d’interesse più alto, perché deve esserci corrispondenza tra rischio e redditività. Chi ha rating “A” dispone di forza contrattuale e può ottenere tassi d’interesse vantaggiosi, chi ha rating “B” ha meno forza contrattuale, c’è maggiore rischio ma la banca lavora volentieri con questi clienti. Chi ha rating “C”, invece, può solo razionalizzare i propri costi e trovare nuove soluzioni per invertire il trend negativo. «È statisticamente dimostrato che con un rating “C” il default arriva entro un anno nel 40% dei casi» ha ricordato Bandini. Che ha aggiunto: «Le banche oggi si trovano a far fronte a un quantitativo di credito “deteriorato” (da aziende in default, ndr) senza precedenti. Fino a 5-6 anni fa tale massa era costante, prevedibile e sostenibile, anche perché gli istituti godevano di margini maggiori. Oggi il ricavo è inferiore e le aziende in difficoltà sono aumentate, quindi le banche si trovano a far fronte a un volume di crediti inesigibili molto elevato, con costi importanti che si ripercuotono sul conto economico».
Nel rapporto con la banca creditrice, quindi, è di primaria rilevanza la capacità del titolare di generare reddito, ancor più di un patrimonio che possa dare garanzie.
Questo significa, sopratutto per le aziende in difficoltà, investire per rilanciare la propria azienda. Ne consegue che la disponibilità, ossia la capacità finanziaria della farmacia, assume sempre più rilevanza nel sopperire all’oggi e progettare il futuro. Chi in passato ha impoverito la propria farmacia prendendo più di quanto prodotto – al pari di chi ha risultati economici deludenti – oggi incontra serie difficoltà nel rapporto con le banche.
Come abbiamo detto, la banca valuta i clienti e attribuisce loro un “voto” (rating) che esprime il grado di rischio con cui l’azienda si presenta e che condiziona l’affidabilità e il livello di condizioni applicato. Ma nei fatti come le Banche costruiscono il rating? Andrea Nannelli, responsabile Servizio Corporate ed Estero di Crsm, ha individuato i tre elementi di valutazione sostanziali:
1. I dati di bilancio e la loro evoluzione nel tempo. E tra questi in particolare: il grado di indebitamento, i risultati economici, l’autofinanziamento.
2. La Centrale dei rischi, servizio della Banca d’Italia, che ad ogni fine mese rappresenta i fidi complessivamente concessi e utilizzati sul sistema bancario. Utilizzo pieno dei fidi e la presenza di sconfinamenti (utilizzo superiore al fido) rappresentano anomalie che hanno un rilievo importante nella determinazione del rating.
3. La movimentazione del conto corrente. L’assunzione di un rischio implica per la banca acquisire adeguati volumi di lavoro con relativi ritorni economici. Quindi valutazione quantitativa e qualitativa del lavoro appoggiato sulla banca. Fidi e utilizzi alti senza movimentazione sono motivo di deterioramento del rating.
Ogni banca attribuisce poi pesi differenti ai tre elementi di valutazione: chi assegna più importanza ai dati di bilancio, altri alla movimentazione eccetera.
Secondo Sergio Ghelardi, del Laboratorio Farmacia, alla base del rapporto con la banca il farmacista deve mettere prima di tutto la trasparenza: «Spiegare bene cosa si sta facendo o si è programmato di fare, fornire tutti i dati e le informazioni utili, presentare piani finanziari, business plan e quant’altro».
Da notare che metodologia di valutazione bancaria si sta progressivamente diffondendo anche al mondo dei distributori intermedi, che si assumono rischi di credito importanti. La farmacia che si presenta con diversi punti di debolezza quindi, non solo ha difficoltà di accesso al fido bancario e ai tassi primari, ma si troverà ad affrontare anche rientri sul credito di fornitura. «Il titolare» ha aggiunto Ghelardi «deve prendere atto che oggi la banca opera in un quadro di regole che la costringono a misurare i clienti attraverso tabelle di valutazione dei rischi e software informatici piuttosto che per mezzo di quei rapporti personali e sociali che in passato determinavano in gran parte la decisione di concedere il prestito».
«Comprese le regole» ha concluso Luisella Guerrini, dg della Cofapi, cooperativa intermedia pisana «la farmacia deve mettere a fuoco i propri punti di debolezza rispetto alla costruzione del rating e quindi programmare correzioni che nel tempo possano agevolare il rapporto con le Banche e, in alcuni casi, con i propri fornitori».