Ci sono due partiti. Quello di chi ritiene che il concetto di vendita sia estraneo alla farmacia e quello di chi pensa il contrario. Secondo noi, dipende dalla definizione che si da alla parola “vendita”. Talvolta si pensa al termine come all’azione degli imbonitori, al festival di sconti e di promozioni che si verifica in qualche supermercato o alle contrattazioni nei suq del Nord Africa. Se così fosse, niente è più lontano dalla vendita di quanto lo sia una farmacia.
Noi invece diamo un significato vasto al concetto, cioè pensiamo che la vendita sia qualsiasi attività che tende a interessare l’interlocutore a un concetto o a spingerlo a un’azione, con l’uso di argomentazioni e in qualche caso di artifici, con o senza esborso di denaro.
Per cui, pensiamo che Churchill riuscì a “vendere” la guerra ai suoi conterranei, nonostante si trattasse non di un bene desiderabile ma di un insieme di “lacrime e sangue”, inducendo il suo popolo prima a una caparbia resistenza e poi a un vittorioso contrattacco. Alla stessa stregua, alcuni profeti hanno “venduto” norme di condotta e visioni sul futuro dopo la morte, reclutando fedeli e incidendo sul loro comportamento. Il buon imprenditore “vende” la propria vision ai propri collaboratori. La signora interessata allo shopping di un certo tipo e a visitare città vivaci, “vende” al marito la sua idea di fare insieme un bel viaggetto a New York o a Parigi.
Vendita in farmacia
Che cosa può vendere un farmacista? Intanto deve vendere se stesso, come consulente della salute, esperto, aggiornato e disponibile. Per tutti i venditori, a partire di chi lo fa per mestiere, la prima vendita deve essere quella di loro stessi. I rappresentanti che raggiungono i migliori risultati sono quelli che vengono percepiti come affidabili. Quelli che fanno l’interesse del cliente. Dal momento che sul piano strettamente commerciale spesso ne sanno di più dei loro clienti, questi ultimi si sentono volentieri il parere di un consulente che abbia dimostrato di voler badare con coscienza ai loro affari.
Oltre alla vendita della propria competenza e della propria dedizione al cliente, il farmacista, nella veste di consulente della salute, venderà, nei limiti del possibile, anche comportamenti salubri. Per carità, nessuna pressione eccessiva per spingere a diete e comportamenti salutistici estremi, ma una sana promozione, tutte le volte che è possibile, delle abitudini che allungano la vita o almeno non la accorciano. E soprattutto ogni contatto con il cliente –code permettendo- sarà una puntata di informazione sanitaria, a meno che l’interlocutore non sia insofferente ai consigli.
Ci sono poi, sempre in farmacia, le vendite vere e proprie. Quando tratta prodotti di parafarmacia, è ammesso l’uso di tecniche di vendita. Ecco una snella scaletta di comportamenti
- Proporre i prodotti dopo aver capito esattamente qual è il bisogno e l’aspettativa, ponendo le opportune domande, e avendo valutato la capacità di spesa del soggetto
- Presentare più di una soluzione (non è una regola assoluta!), ma senza superare, generalmente, le tre proposte
- Quando si ha la certezza di aver capito qual è il prodotto migliore per il cliente, non mancare di dargli una decisiva spintarella per concludere l’acquisto
- Ricordare al cliente i prodotti complementari a quello richiesto e, a chi si ritiene interessato, le novità
- Dopo la decisione, far capire al compratore che ha fatto una scelta opportuna ed eventualmente complimentarsi per l’ottimo acquisto
- Non proporre mai un prodotto avendo la sensazione che l’acquirente si possa pentire
- In caso di reclamo successivo, fare il possibile, e anche qualcosa di più, per accontentare il cliente
Tutto ciò senza dimenticare che anche una vetrina accattivante e un’esposizione ben fatta vendono.
In definitiva, vendita in farmacia non è un ossimoro, ma è il modo in cui si conciliano salute e soddisfazione del cliente con il bilancio aziendale.