In una situazione di cambiamento accelerato, di aumento d’intensità della competizione, di rapidità dei cambiamenti, di crisi economica, di evoluzione delle aspettative dei clienti, in un momento in cui lo sforzo di trasformazione e di adattamento delle aziende-farmacie è massimo, queste organizzazioni necessitano di Leader che sappiano guidare con successo persone ed attività. Leader, non capi, che sappiano combinare risorse e sviluppare il cambiamento. Domenico Bodega, preside della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, afferma che un Leader deve essere un “Change Agent” che mette in atto un cambiamento radicale e discontinuo rispetto al passato.
Motivi per cambiare ce ne sono molti: “ambientali”, mercati maturi, concorrenza, innovazione tecnologica, e organizzativi, aziende che diventano più grandi, diversificazione dei prodotti. Quindi aumenta la complessità organizzativa da una parte e dall’altra è sempre più difficile aumentare/mantenere la produttività, fidelizzare, comunicare. La leadership diventa necessaria proprio in questi momenti nei quali la sua efficacia diventa sempre più difficile da ottenere. Se il “gioco” cambia, è necessario reimmaginare la propria impresa, re-inventare strada facendo, proporre progetti meravigliosi e intuizioni originali.
Ma cosa/chi è un Leader? Se accettiamo la teoria che la natura della Leadership si realizza nella relazione tra persone, la qualità di fondo del Leader sta nella sua capacità di mobilitare coloro che sono coinvolti in questa relazione, che il “cuore” del suo valore consista nel realizzare gli obiettivi grazie all’alleanza positiva e produttiva con gli altri. Tra le tante definizioni di Leadership che è possibile trovare nell’abbondante letteratura in merito, propongo la definizione secondo la quale questa consiste nella «costruzione di relazioni di fiducia con il proprio gruppo di lavoro al fine di guidare, condurre, le persone verso il raggiungimento degli obiettivi organizzativi, costruendo occasioni di apprendimento e di crescita». Qualcuno potrebbe confondere i concetti di Leadership e Management, basti qui una distinzione fondamentale: il Leader propone una visione, “racconta una storia”, mantiene alta la fiducia e l’entusiasmo, fa leva sulle emozioni, soprattutto conserva e cura la positività nell’atteggiamento delle persone, animandone quanto di meglio “hanno dentro”. Di fatto costruisce, mantiene e trasforma – in caso di necessità – la cultura organizzativa.
Come potrebbe allora iniziare ad agire da Leader un titolare di farmacia? Intanto potrebbe utilizzare in concerto fra loro quattro “tattiche”: coinvolgere i collaboratori in un progetto condiviso, un progetto ad alto contenuto valoriale ed etico ad esempio; tenere presente gli interessi specifici di ogni collaboratore, fare leva sul loro desiderio di rispetto e affermazione e fare appello al loro senso della professione, alla loro dignità di farmacisti. Si tratta, alla fin fine, di lavorare su sé stessi prima, poi sugli altri. Iniziare dall’autoconsapevolezza, la comprensione delle proprie emozioni e la piena coscienza dei propri obiettivi, per gestire le emozioni – rabbia, frustrazione, ansia, ma anche entusiasmo o soddisfazione – e la capacità di puntare all’obiettivo in modo mirato e concentrato.
Oggi l’attenzione del titolare di farmacia è sui conti e sui numeri, sull’equilibrio finanziario, sulle aree merceologiche, sullo sviluppo dei nuovi servizi in farmacia. Ma se questi non “lavora” prima sul suo stile di Leadership, sul proprio atteggiamento, le capacità relazionali, come potrà mai gestire una nuova farmacia, una formidabile squadra di collaboratori, le – sempre più scarse – risorse? Allora un piccolo programma formativo per il titolare:
– formazione alla relazione (ascolto, empatia, comunicazione, ecc.)
– formazione della leadership
– formazione manageriale/gestionale
– formazione etica e della sostenibilità d’impresa
Ogni Titolare dovrebbe fare il punto della situazione, “misurare” il proprio livello e stile di Leadership, identificare le proprie criticità ed opportunità, stabilire degli obiettivi, eseguire e delegare compiti, monitorare e restituire feedback. Lavorare sui propri talenti, sull’impegno ed entusiasmo, la capacità di agire e reagire, l’istinto, la filosofia (sempre che se ne abbia una), sullo spirito di squadra. Soprattutto quest’ultimo aspetto spesso non è presente nel Dna del titolare di farmacia; cresciuto imprenditorialmente in una situazione di tranquillità economica e di mercato, o “educato” a gestire la farmacia da chi quel momento l’ha vissuto, l’imprenditore-titolare di farmacia è spesso individualista e la sua Leadership fa leva più sulla “proprietà”gerarchia che non sulle caratteristiche del Leader: integrità, credibilità, rispetto, atteggiamento, capacità di relazione, carisma… è una Leadership “malata”, che non produce crescita e cambiamento ma anzi li inibisce entrambi.
Abbiamo già detto che il Leader deve guidare/orientare i collaboratori alla realizzazione degli obiettivi, ma deve anche dare il buon esempio ai propri collaboratori in fatto di correttezza e di sensibilità etica, ispirare fiducia, dare modo alle persone di crescere umanamente e professionalmente; un modello culturale nel quale ci sia un’effettiva responsabilizzazione del personale. Coinvolgendo i lavoratori in una cultura di Empowerment – che consiste nell’assegnare ad altri il potere necessario per conseguire risultati personali e collettivi – si permette loro d’usare le proprie conoscenze, esperienze, motivazioni per realizzare dei compiti che vanno a beneficio dell’organizzazione, dando “significato” a ciò che fanno e provando un senso di orgoglio nel farlo. Si è a buon punto sulla strada per diventare dei Team Leader quando si realizza che i risultati si ottengono più facilmente con una cultura di partecipazione e coinvolgimento piuttosto che con una cultura “gerarchica”.
Come creare i presupposti di un processo di “empowering”:
– dare l’opportunità ai collaboratori di apprendere le conoscenze e le competenze adeguate per contribuire agli obiettivi organizzativi
– assegnare ai collaboratori il potere di prendere decisioni significative (collaboratori che devono possedere le abilità necessarie alle responsabilità assegnate)
– restituire ai collaboratori informazioni puntuali e continue sulla prestazione utili anche a comprendere il significato e l’impatto del loro lavoro
– riconoscere il contributo dei collaboratori in funzione dei risultati ottenuti Uno dei compiti principali del titolare-Leader è, dunque, identificato in quello di accompagnare i collaboratori nel processo di apprendimento e approfondimento del proprio potenziale
Ho in mente un titolare-Leader? Ne conosco molti. Hanno dei tratti comuni, quelli fin qui evidenziati. Ma non hanno lo stesso stile, che dipende dalle caratteristiche del Titolare così come dalla squadra; Leader direttivi, persuasivi, creativi, coinvolgenti, che delegano. Addirittura conosco Leader distruttivi: Leader deboli, che non prendono decisioni, non stabiliscono obiettivi, non impartiscono ruoli né responsabilità, non indicano la direzione da seguire. Leader accentratori, che non delegano, che stanno tutto il giorno a capo chino e quindi non possono “guardare” lontano, così assorti nei loro mille compiti quotidiani che non riescono a pianificare e delineare strategie. Leader conservatori, che non vedono la necessità di cambiare, si limitano a fare ciò che è sempre stato fatto C’è comunque un modo “rapido” per capire se si è un buon Leader: vedere se si trasmette nei collaboratori la convinzione e la determinazione per proseguire lungo la strada tracciata.
Sul tema della Leadership si terrà nei giorni 27-28-29 giugno, a Pisa, il corso di Laboratorio Farmacia “Quattro aule per diventare Leader”, con la partecipazione di relatori provenienti dal mondo dell’università, delle aziende, dello sport. Per info seguire questo link.
Non basta la titolarità per fare leadership
(Visited 170 times, 1 visits today)