Gli ambienti negativi, cattivi o distruttivi frequentati abbastanza a lungo ci “costringono” (in modo non del tutto consapevole) a fare un percorso che va dal biasimo e condanna all’accettazione e alla partecipazione. L’inizio può essere insignificante ma la quotidianità porterà la situazione a evolversi. Facciamo qualche esempio: se entriamo in un ambiente sporco e disordinato, presteremo meno attenzione a dove buttiamo la cartina della caramella.
Vale anche al contrario. Se siamo in una città (estera di solito) dove tutti pagano il biglietto della metropolitana, saremo indotti ad acquistare il biglietto anche noi, anche se nella nostra città viaggiamo a scrocco. Wikipedia, l’enciclopedia libera, definisce così la psicologia ambientale: è una disciplina che studia il benessere e il comportamento umani prendendo in considerazione le transazioni che avvengono tra gli individui e l’ambiente socio-fisico. La psicologia ambientale può essere concepita come un approccio contestuale all’esame delle transazioni tra la persona e gli ambiti sociali. In altri termini: ci sono alcuni “fattori” che influenzano i nostri comportamenti e azioni. Uno di questi è l’ambiente.
Su questo semplice concetto ci sono esperienze molto interessanti. Prendiamo la raccolta differenziata dei rifiuti urbani. Per ogni cittadino è uno “sforzo” praticarla, anche per il più motivato. Ma se la differenziazione comporta un premio (un piccolo sgravio fiscale) è più facile superare l’ostacolo. Un’eventuale ammenda, invece, ci spingerebbe probabilmente a cercare qualche scorciatoia per evitarla.
Un’altra esperienza molto interessante è quella del sindaco di Bogotà, (dal ‘95 al ‘97 e dal 2001 al 2003) Mockus: dichiarò battaglia agli incidenti automobilistici e all’indiciplina di chi gioda, ma anziché alzare multe e sanzioni mandò una decina di “mimi-clown” sulle principali strade di Bogotà, con l’incarico di ridicolizzare i comportamenti da kamikaze degli automobilisti e dall’altra premiare chi rispettava le regole. Il risultato? Alla fine del secondo mandato i morti della capitale si erano ridotti della metà, da 1.300 l’anno a 600. Se l’ambiente è premiante saremo maggiormente portati a comportarci meglio.
Anche negli ambienti lavorativi premiare e riconoscere il raggiungimento dei risultati dei nostri collaboratori genera comportamenti virtuosi. Invece di “punire”, premiare i comportamenti virtuosi porta nel tempo tutta la squadra ad allinearsi. Questo vale sicuramente per il raggiungimento degli obiettivi, ma ancor di più se vogliamo che i nostri collaboratori diano un contributo propositivo e creativo alle attività della farmacia. Se chiedete ai vostri collaboratori di proporre idee e progetti, non potete poi ignorarli. Se non si possono mettere in pratica così come sono, modificateli insieme e trovate il modo di attuarli. Premiate (non sono sempre necessari i contanti) i progetti migliori o che raggiungono gli obiettivi che si erano prefissati. E’ sempre lo stesso collaboratore a essere propositivo? Bene, continuate a mettere in evidenza il suo lavoro e sostenetelo. Fate sì che il suo e il vostro comportamento modifichi piano piano l’ambiente e sviluppi il desiderio di partecipare.
Se volete collaboratori partecipativi, che operino come se fossero imprenditori, devono agire non soltanto per lo stipendio ma per il desiderio di avere soddisfazione e riconoscimenti dal lavoro. E permettete loro di sbagliare. Ogni tanto.