La shopping experience come tecnica di vendita

L'esperienza di acquisto è un concetto ben noto negli altri canali ma ancora poco applicato in farmacia. Una lacuna da colmare in fretta, visto che il non-farmaco fa ormai il 50% dei ricavi medi del titolare

La shopping experience come tecnica di vendita

Quando acquista, il consumatore segue un percorso emotivo che è opportuno conoscere e tenere in considerazione. Gli addetti ai lavori la chiamano shopping experience, esperienza di acquisto, e da anni negli altri canali le si presta grande attenzione. La farmacia fino a oggi se n’è disinteressata perché il 70% del suo fatturato arrivava dal farmaco; ora che in molte farmacie il parafarmaco rappresenta il 50% circa dei ricavi, però, è diventato cogente fare pratica con tale concetto.

Nel marketing l’esperienza di acquisto si divide in quattro fasi:

1. Esperienza di anticipazione (fase di preacquisto)

2. Esperienza di acquisto di un prodotto/servizio

3. Esperienza di consumo di un prodotto/servizio

4. Esperienza di ricordo

Il comportamento del cliente cambia a seconda del tipo di prodotto che viene acquistato.Nel caso di un farmaco – un analgesico contro il mal di denti, per esempio – la fase decisiva è l’esperienza di consumo, perché il paziente si aspetta che la medicina faccia passare il dolore nel minor tempo possibile e senza effetti collaterali. La fase di preacquisto consiste nella ricerca di informazioni e sarà rapida ma accurata. L’acquisto non è guidato da sogni o pianificazioni, che invece scattano quando si acquista una macchina, una casa, un capo d’abbigliamento o altro. La fase di acquisto sarà influenzata dalla cortesia dei farmacisti, dal consiglio dello staff sull’uso corretto del prodotto o dall’abbinamento ad altri prodotti al fine di una terapia migliore, ma anche dall’accoglienza del punto vendita a tutto tondo (luci, temperatura, leggibilità dell’offerta, vetrine, esposizione dei prodotti e dei prezzi, ampiezza e profondità dell’assortimento eccetera).

L’esperienza di acquisto può invece assumere aspetti psicologici rilevanti nel caso in cui si debbano comprare altri generi di prodotti, come quelli per la cura del sé. Chi si reca in farmacia per acquistare una crema corpo premium price, lo farà magari dopo averne visto la pubblicità in tv, sui giornali o dopo il consiglio di una cara amica. Il sogno – l’esperienza di pre-acquisto – è quello di diventare “patinati” come la modella dello spot. Vivrà il forte desiderio di provare il prodotto e probabilmente programmerà la visita in farmacia. E’ bene sapere che a volte le persone comprano anche solo perché attraverso il prodotto vogliono emozionarsi, o perché vogliono socializzare con gli altri, o perché desiderano sollevarsi dallo stress e rilassarsi, dedicando attenzione e tempo a se stessi. In questi casi il farmacista deve ricorrere a tecniche di vendita diverse, in base al tipo di prodotto che viene richiesto. La donna che vuole acquistare una crema per il corpo, cerca un’esperienza d’acquisto e non solo la soluzione a un problema o la soddisfazione di un bisogno. Compra un oggetto che starà in bella mostra nel suo bagno per un mese e quindi saranno fondamentale il design del contenitore e tutti gli aspetti emozionali correlati al suo uso.

Nella fase di consumo, invece, il cliente interagisce con il prodotto (e prima ancora con il suo packaging) per poi provare soddisfazione o insoddisfazione: se parliamo dell’analgesico, diventano decisivi gusto del farmaco e tempi di efficacia; se parliamo della crema, contano profumo, texture e capacità del cosmetico di far sognare o migliorare lo stato della pelle. L’ ultima fase, quella del ricordo, fa riferimento alla traccia che nella mente del consumatore hanno lasciato tutte le fasi precedenti del percorso.

Per fare in modo che questo processo sia positivo, sono quindi necessarie tecniche di vendita e grandi capacità comunicative in store e al banco. La comunicazione è un elemento importante, perché non si esaurisce soltanto nel saper approcciare il cliente ma impone anche un ascolto interattivo e la capacità di persuasione, sempre nei confini posti dall’etica professionale. Tutti sanno che la comunicazione è di tre tipi, verbale (parola), paraverbale (voce, volume, suono, pause, silenzi e intonazione) e non verbale (linguaggio del corpo), pochi invece sanno che il “come” si comunica è più importante della parola in sé, che conta solo per il 7%.

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Il farmacista, ancora troppo legato all’esitazione meccanica e fulminea della ricetta (devo eliminare la coda al più presto), comunica poco e male. Una ricerca dice che più del 50% dei farmacisti italiani non pone alcuna domanda al cliente o al massimo gliene fa una soltanto.

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Il dato rivela quanto potenziale inespresso ci sia ancora nella farmacia. I gestionali possono aiutare nelle vendite correlate, ma il software serve a poco se il farmacista non rivede la propria funzione al banco. Mi imbatto spesso in farmacisti che mostrano una sorta di pudore nel proporre una vendita correlata, come se questo fosse poco professionale. Semmai è vero il contrario: suggerire al cliente altre opzioni significa dare valore aggiunto e non deve essere fonte di imbarazzo. Alcuni farmacisti preferiscono che siano soggetti esterni alla farmacia (le promoter) a proporre la prova di nuovi prodotti o a fare cross-selling, senza capire che è fondamentale garantire al cliente un punto  di riferimento che potrà ritrovare lì in farmacia anche tra una settimana (la promoter c’è tre giorni all’anno).

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