Nell’epoca della share economy – o del “consumo collaborativo” – è cruciale che le aziende trasformino i propri clienti in veri e propri “partner di valore”, assieme ai quali sviluppare nuovi prodotti o nuovi paradigmi di servizio. L’indicazione arriva da un articolo sulla share economy di Nielsen Insight: identificata come quel modo di fare business attraverso la condivisione di oggetti di varia natura (attrezzature sportive, dispositivi elettronici eccetera) la share economy sta conoscendo una forte espansione a causa della crisi economica e dello sviluppo del “social” web. Grazie a internet, infatti, è in continua crescita il numero di imprenditori “part-time” che traggono dalla condivisione di oggetti personali profitti extra più o meno consistenti. Quali oggetti? Secondo una ricerca condotta da Nielsen l’anno scorso, il 71% degli italiani è disposto a “mettere in comune” la propria auto, che perde quindi il suo valore di status symbol e diventa semplice strumento per soddisfare una necessità di base. Anche i dispositivi elettronici rientrano tra i beni che il 37% degli italiani è disposto a “sharizzare” e lo stesso vale per gli abiti da occasione speciale (smoking, vestiti lunghi eccetera: li condividerebbe senza difficoltà il 33% degli intervistati).
Ma la share economy non scatta soltanto in presenza di oggetti fisici: il 43% degli italiani è disponibile a condividere il proprio sapere via internet, mediante l’offerta di corsi di lingua o lezioni di musica. La funzione “social” del web valica così la sola sfera delle relazioni e delle comunicazioni digitali per entrare nella vita offline, trasformando il concetto di possesso in una accezione più ampia di “possesso condiviso”. Entrano dunque in gioco nuovi valori che ridisegnano lo scenario delle relazioni tra produttore e consumatore. Nella share economy, anzi, produttore e consumatore finiscono spesso per sovrapporsi ed ecco allora che per le aziende – comprese quelle del retail – si profila un nuovo panorama.
L’invito degli esperti, in particolare, è quello di fare proprio il modello di “conoscenza condivisa” proprio dell’economia di consumo collaborativo. Non si deve smettere di cercare con il cliente una relazione imperniata sui concetti di reputazione e fiducia, ma può essere decisivo cominciare a farlo spingendo il consumatore a condividere esigenze e aspirazioni, sia a livello online che offline, in una partnership del tutto nuova dove chi acquista è anche colui che disegna contenuti e modi dell’offerta. Per la farmacia che cerca nuovi modi di fare salute, potrebbe essere una sfida affascinante.
La relazione con il cliente nella share economy
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