La farmacia multispecializzata? Non ha domani

La farmacia multispecializzata? Non ha domani

La farmacia singola e multispecializzata non ha futuro e l’aggregazione in reti e network è un passaggio ormai obbligato. Ma anche qui serve un salto di qualità: una rete ha senso soltanto se ha contenuto, se c’è un significato che la determina. Non basta un adesivo appicciato alla vetrina per fare catena. Verità scomode dalla tavola rotonda che Farmacistapiù, l’evento congressuale organizzato a Roma dal 4 al 6 aprile da Fondazione Cannavò, Fofi ed Edra Lswr, ha dedicato al fenomeno delle aggregazioni. Scomode soprattutto per chi ancora è legato a un vecchio modello di farmacia, in cui il titolare è re assoluto e solitario del proprio castello. Uno stereotipo in lento arretramento, a giudicare dai dati della ricerca condotta da Pharma Consulting Group nel dicembre scorso: in un anno, le farmacie associate in reti sono cresciute di un centinaio di unità, dalle 5.429 del 2012 alle 5.512 del 2013. Effetto trainante la crisi, che spinge molti titolari a cercare nell’aggregazionismo un sostegno al proprio business. Lo ha ammesso il 60% del campione intervistato da Pharma Consulting Group (formato da titolari di 18 diverse catene) e lo hanno confermato i relatori della tavola rotonda, moderata da Giulio Cesare Pacenti, presidente di Pcg. «La crisi ha favorito lo sviluppo dei gruppi d’acquisto» ha spiegato Marco Mariani, responsabile della catena Farmondo di Cofapi «insegne e network sono la risposta delle cooperative e dei distributori intermedi per favorire l’integrazione verticale». «Ottimizzare i servizi alla clientela, portare più persone paganti in farmacia, accrescere la loyalty con fidelity card o altro, sono tutte attività complesse» ha aggiunto Lorenzo Vitali, di Unico «il singolo titolare non è più in grado di gestirle così come non è in grado di organizzare da solo la giornata dedicata alla Moc o qualche altra campagna. L’aggregazione serve innanzitutto a questo».


Il fenomeno delle aggregazioni, però, deve ancora giungere a maturazione e soprattutto deve ancora compiere il passo più importante, che è quello del posizionamento di format. «La farmacia ha bisogno di soluzioni, di formule» ha osservato Massimo Mercati, amministratore unico di Apoteca Natura, il network di farmacie targato Aboca «la farmacia multispecializzata, che cerca di fare tutto, non ha più senso. Occorre individuare un format che sia sostenibile». Una considerazione condivisa anche da Pacenti: «Con il cambio del mix intervenuto in questi anni» ha detto «le farmacie hanno di fronte a loro un bivio: o acquisiscono un’identità propria, oppure si riducono a essere un mero polo logistico. Bisogna specializzarsi e riposizionarsi, a patto che non sia sul prezzo». «Quando l’amministratore delegato di Conad, Francesco Pugliese, ha detto di recente che le farmacie sono rimaste agli anni ’60» ha ripreso Mercati «non ha detto una cosa del tutto sbagliata se riferita alla gestione del punto vendita. La farmacia continua a non avere strumenti e numeri per misurare il proprio lavoro, cosa che invece la Gdo fa in maniera maniacale: quanto minuti si impiegano per servire ogni cliente, quale incidenza hanno gli sconti sui ricavi e altro ancora».


Ma c’è di più: reti e network possono dare un contributo importante alla crescita della farmacia a patto che cambi il rapporto tra catena e associati. «Il problema oggi» ha rammentato Mariani «rimane quello delle deleghe: la scarsa fedeltà del titolare, che giostra tra due o tre fornitori per strappare le condizioni migliori, non aiuta la rete».  Tra i cui compiti, invece, dovrebbe esserci anche “l’audit”: «Mi immagino che il network sia innanzitutto l’occasione per confrontarsi quotidianamente sui propri problemi e valutare le soluzioni» ha detto Marco Grespigna, di Sanofi «il problema oggi è che spesso la progettualità viene calata dall’alto verso il basso».

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