Dalla legge sulla riclassificazione dei farmaci ospedalieri (cosiddetta “Legge ex-Osp 2”), i farmacisti territoriali, man mano che si succedevano le delibere regionali in ottemperanza alla normativa nazionale, si sono trovati a dover gestire, con non poche difficoltà, anche farmaci destinati a pazienti oncologici su cui non avevano esperienza. Secondo uno studio recentemente pubblicato sul Canadian Pharmacists Journal (CPJ) i farmacisti territoriali dovrebbero rivestire un ruolo più importante nella presa in carico dei pazienti oncologici soggetti a terapie farmacologiche. In questo articolo ripercorriamo l’evoluzione della situazione italiana su questo fronte per concludere con le proposte avanzate dai farmacisti canadesi.
I problemi iniziali con le Legge ex OSP 2
Una delle prime esperienze è stata condotta dalla Regione Piemonte (DGR 26 6900 del dicembre 2013). La delibera era stata emanata anche per caratteri organizzativi e di economia sanitaria, come aveva spiegato Mario Giaccone, consigliere regionale e membro della IV Commissione Sanità. «L’esplosione della spesa ospedaliera e l’invecchiamento della popolazione impongono e imporranno sempre più di spostare la cura delle patologie croniche dall’ospedale al territorio. Anche alcune patologie oncologiche, trattabili con terapie orali, sono gestibili per alcuni aspetti fuori dall’ospedale. In linea con questo indirizzo, la Regione Piemonte ha previsto che per una serie di medicinali – in precedenza distribuiti soltanto dall’ospedale – gli assistiti potranno rivolgersi anche alle farmacie territoriali di comunità» Pur essendo ciò un fatto positivo per il malato, vi era la consapevolezza della necessità di preparare i professionisti del territorio ad affrontare le tematiche di valutazione dell’efficacia e della tossicità del farmaco antineoplastico, al fine di ridurre i rischi per i malati e ottimizzare il risultato dei trattamenti.
Le diverse soluzioni adottate
In quell’occasione, per facilitare il counseling in farmacia, erano state redatte, in collaborazione con l’ASL di Asti, “schede informative indipendenti” per ogni medicinale appartenente agli ex OSP 2. Tali schede, derivanti dalla consultazione di fonti bibliografiche autorevoli, avevano il compito di aiutare il farmacista nella pratica quotidiana, costituendo uno strumento di facile e veloce consultazione. In seguito, un esempio di eccellenza si è avuto nel 2016 con il “Progetto di rete in oncologia con le farmacie di comunità” (Prof), varato dall’Istituto tumori della Romagna (Irst) in collaborazione con Federfarma, Promofarma e Assofarm. L’Irst si è fatto capofila delle centoventi farmacie di comunità della Romagna per facilitare, sostenuta da una piattaforma informatica interattiva, il buon uso dei farmaci da parte del paziente al domicilio, migliorando anche l’efficacia delle terapie oncologiche. Dal progetto Prof sono scaturiti corsi finalizzati all’accreditamento e alla formazione dei farmacisti di comunità. Un ulteriore esempio è fornito da un progetto formativo multidisciplinare sulla farmacia oncologica, la cui prima edizione, tenutasi l’anno scorso sotto la responsabilità scientifica della farmacista Elena Penazzi, ha visto coinvolta una folta schiera di docenti specialisti del settore.
Possibili vantaggi, secondo uno studio canadese
Nello studio “Guidelines for outpatient cancer care by community pharmacists” pubblicato su CPJ, gli autori (un gruppo di ricercatori di Halifax) sottolineano che la presenza del farmacista per i malati oncologici può costituire un grande vantaggio. «I farmacisti territoriali spesso hanno già sviluppato una relazione diretta con i loro pazienti» scrivono. «Inoltre, questi ultimi spesso necessitano di una cura che si trovi “vicina a casa”», bisogno che viene soddisfatto grazie alla capillare presenza delle farmacie. Lo studio indica quindi una serie di strumenti (resi disponibili sul sito CCNS, Cancer Care Nova Scotia) che possono essere adottati dai farmacisti che prendono in carico i pazienti oncologici, al fine di migliorare i risultati delle cure, consentendo al professionista di mantenersi sempre aggiornato su novità relative a farmaci, interazioni, possibili effetti collaterali, aderenza alla terapia e fornendo materiale educazionale. È inoltre indicata la necessità di standardizzare i documenti relativi alle cure, così da garantire una buona comunicazione tra il personale medico presente negli ospedali e i farmacisti. Se questi ultimi adotteranno queste pratiche, sono convinti gli autori, «potranno rivestire un ruolo sempre più di primo piano nell’ambito delle cure oncologiche».