Non è soltanto in Francia che network e circuiti di farmacie avvertono la crescente necessità di fare “brand” e di dare un’identità al proprio marchio. L’esigenza comincia a farsi strada anche in Italia, come Pharmaretail ha constatato attraverso un veloce giro di domande tra le principali reti operanti nel Paese. «Quello del brand è un tema che finora non ci eravamo posti» ammette Marco Cossolo, farmacista e amministratore delegato di Farmauniti, catena del Nord-ovest con oltre 760 farmacie associate «ma ora è incalzante farlo nel caso in cui un giorno arrivassero le catene “vere”. Purtroppo la crisi ci ha spinto per lungo tempo a concentrare ogni attenzione prima sul prezzo e poi sui servizi». Nel gruppo, in ogni caso, è in atto un’attenta riflessione sul tema del brand: «Anzi» riprende Cossolo «visto che il nostro circuito è numericamente esteso, stiamo ragionando sulla possibilità di dare vita a più reti, ciascuna con il proprio posizionamento e insegna, per lasciare poi ai nostri associati la scelta del circuito cui aderire».
Decisivo, nell’operazione, sarà anche l’avvio di un’adeguata campagna di comunicazione. «Va tenuto presente che servono investimenti consistenti» prosegue Cossolo «oggi facciamo già una robusta comunicazione in-store con l’assidua presenza del nostro logo, bisognerà lanciare una comunicazione out-store altrettanto efficace». Nella quale un ruolo decisivo lo reciterà il claim del brand: «La differenziazione e l’identità della rete per noi si giocheranno soprattutto lì: Farmauniti ha scelto come claim “priorità salute” proprio per trasmettere il messaggio che nelle nostre farmacie tutto, dall’offerta ai servizi, è orientato in quella direzione». Il progetto, in ogni caso, è già in avanzata fase di studio: «Lo chiamiamo Progetto di rete: lo dovremmo presentare alle farmacie a giugno per essere poi realizzato entro la fine dell’anno. Visto che, come detto, la comunicazione out-store richiederà risorse non indifferenti, al momento stiamo ragionando sull’opportunità di “vestire” prima le farmacie per renderle identificabili e riconoscibili: insegna, vetrine, allestimento esterno. Fatto questo, partiremo con la comunicazione».
Sull’urgenza che reti e network di farmacie si mettano a lavorare sul proprio brand concorda anche Massimo Mercati, amministratore unico di Apoteca natura, la catena di Aboca: «Se non hai un brand il cliente fa fatica a capire che cosa sei» avverte «però è fondamentale che il marchio abbia un significato. Troppo spesso, invece, si vedono brand di farmacie che non significano nulla: per averlo vanno innanzitutto individuati dei valori e in farmacia non è facile arrivarci, perché le farmacie sono abituate a trattare di tutto e a essere per prima cosa un centro logistico. Ecco, serve innanzitutto rendersi conto che per avere un brand occorre prima rinunciare a qualcosa. Con i nostri associati, per esempio, fatico tantissimo a far capire che non puoi avere contemporaneamente prezzo e servizio, perché sono due elementi che si elidono. Per costruire un brand servono anni di scelte coerenti». E poi c’è il problema della fedeltà: «Quello dell’allineamento delle farmacie aderenti al brand del network è un tema devastante» ricorda Mercati «tanto che noi abbiamo inziato a fare comunicazione soltanto dal 2010, cioè da quando abbiamo istituito criteri selettivi di appartenenza. E ancora non siamo soddisfatti». E infine gli investimenti: «Noi spendiamo circa un milione di euro l’anno in comunicazione per sostenere il brand, basta questa cifra per suggerire che aggregazioni soltanto orizzontali difficilmente sono in grado di sviluppare un brand coerente e maturo». E poi attenzione a non confondere brand e format. «Se penso a insegne come Lloyd pharmacies» conclude Mercati «vedo più format che brand. Perché c’è sempre il dilemma di fondo: se hai dimensione – cioè una rete consistente di farmacie – ti è più facile avere un brand ma è più difficile affermare un format; invece, se non hai dimensione è più facile darti un format ma devi sudare per avere un brand».