Alla crisi di redditività della ricetta rossa – causata da genericazioni, tagli di spesa, intensificazioni della diretta-dpc e non solo – molti titolari di farmacia hanno risposto con la parossistica ricerca di maggiori volumi: se la ricetta cala di valore, io tengo botta spedendone di più. E’ evidente che si tratta di una strategia di corto respiro: a parte ogni considerazione sulle ricadute a breve termine (a forza aumentare le ricette lavorate, scatta la necessità di nuovo personale), si finisce per trasformare la farmacia in un “ricettificio”, in una catena di montaggio. Il rischio, in altre parole, è quello di cadere nel modello “fordista”: tutto ciò che conta è la produttività, misurata dallo spessore della mazzetta di ricette rosse che ogni sera sta sul banco. Attraverso continui aggiustamenti alla linea di assemblaggio, Henry Ford riuscì negli anni a ridurre il tempo necessario a costruire una macchina da venti ore a 90 minuti. Sbaglierebbe clamorosamente il titolare che cercasse di fare lo stesso con le ricette.
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Invece del “fordismo”, la farmacia avrebbe invece parecchio da prendere dal “toyotismo”. Il termine (ovviamente derivato dalla nota marca di auto nipponica), identifica un modello di organizzazione del lavoro che non ricerca più la produttività esasperata, ma la soddisfazione del cliente: non importa quante macchine in più produco, conta che le mie macchine siano esattamente ciò che vuole il pubblico. La chiave del toyotismo è la valorizzazione del cosiddetto capitale umano: nella catena di montaggio fordista, l’operaio compie operazioni parcellizzate e serializzate; in quella toyotista lavora in squadre di produzione che sono responsabili della qualità di ciò che producono e possono interrompere il ciclo quando individuano difetti o inefficienze nella catena. Il sistema Toyota è quello che più si addice alla farmacia perché è il sistema del miglioramento continuo.
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L’idea di base è che tutto ciò che facciamo può essere sempre migliorato. Il cambiamento è sempre dietro l’angolo e la flessibilità, orientata all’innovazione e allo sviluppo, rappresenta l’unica risposta possibile. Il toyotismo, in sostanza, incentiva il coraggio e la creatività, spinge ad andare alla fonte dei problemi, aiuta titolari e collaboratori a fare squadra per raggiungere i traguardi. Incoraggia i piccoli miglioramenti da farsi giorno dopo giorno e riconosce il giusto valore all’esperienza che viene dal basso, nella consapevolezza che in tutte le imprese – farmacia inclusa – i risultati non arrivano soltanto dal management ma dal lavoro di tutti.
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Il titolare che vuole applicare il sistema Toyota deve innanzitutto incoraggiare le persone a riflettere quotidianamente sul proprio lavoro per migliorarlo incessantemente. Spesso si ritiene a torto che migliorare sia possibile soltanto attraverso vere e proprie rivoluzioni del luogo di lavoro, sostenute da ingenti finanziamenti o sofisticati strumenti. Assolutamente no. Il toyotismo enfatizza innanzitutto l’attenzione ai piccoli dettagli che la routinarietà fa trascurare: sprechi, disservizi, inefficienze, rimuoverli può essere spesso più fruttuoso che inseguire l’incremento di produttività.
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E’ chiaro che nel toyotismo gli obiettivi si raggiungono solo attraverso l’empowerment del collaboratore: incoraggiare una persona a migliorarsi significa responsabilizzarla, invitarla ad andare al di là dei propri limiti. Il titolare, allora, deve innanzitutto incentivare i collaboratori a suggerimenti miglioramenti al lavoro non solo del singolo, ma anche della farmacia in generale: come fornire ai clienti un servizio di valore, come contenere costi e tempi, come incrementare la competitività rispetto a un vicino punto vendita di qualche canale concorrente eccetera. La farmacia che non si stanca mai di migliorare e rimettere in discussione la propria organizzazione del lavoro non troverà mai robot o distributori automatici capaci di sostituirla.
In farmacia meglio metterci una Toyota
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