Nella relazione di apertura dell’assemblea pubblica di Farmindustria – che quest’anno celebra il quarantennale dalla fondazione – il presidente Massimo Scaccabarozzi annuncia con orgoglio che nel 2017 è avvenuto il sorpasso sulla Germania: con 3,1 miliardi di euro di valore l’Italia è il primo produttore di farmaci d’Europa.
Punti di forza
I poli industriali sono dislocati principalmente nel centro-nord: Milano, Monza, Varese, Verona, Vicenza, Bologna, Firenze, Lucca, Parma, Pisa, Siena, Ancona, Roma, Latina, Frosinone. Ma non mancano le eccellenze anche al sud: l’Aquila in primis – un polo industriale in espansione, che ha saputo vincere anche i traumi del terremoto – la provincia di Napoli, Bari e Brindisi, Catania.
Una crescita, quella del settore, sospinta, in particolare, dal boom dell’export, che negli ultimi dieci anni ha fatto registrare la crescita maggiore tra i Paesi big dell’Ue. Le esportazioni farmaceutiche, oggi, rappresentano il 6 per cento dell’export totale nazionale. «Le nostre imprese», sottolinea Scaccabarozzi, «continuano a credere nel Paese. Nel 2017 abbiamo investito complessivamente 2,8 miliardi: 1,5 in ricerca e 1,3 in impianti produttivi, un valore aumentato del 20% in cinque anni. Siamo tra i primi tre settori manifatturieri per investimenti nella ricerca e il primo in assoluto in rapporto agli addetti».
A proposito di occupati, nel 2017 il numero degli addetti nell’industria farmaceutica ha toccato le 65.400 unità – mille in più rispetto al 2016 – per il 93% a tempo indeterminato. Una forza lavoro sempre più giovane, se si considera che, in base ai dati Inps, la metà delle assunzioni realizzate nel comparto negli ultimi anni è rappresentata da under 35. Buone notizie anche sul fronte del genere: il 42% degli occupati sono donne, quasi il doppio rispetto alla media dell’economia nazionale. Se poi ci si limita all’area della ricerca il sorpasso sulla quota maschile è ormai cosa fatta: il 52% degli addetti sono donne.
Una nuova governance
La necessità da più parti avanzata, anche al livello istituzionale, di rivedere dalle fondamenta l’assetto del Servizio sanitario nazionale – che anch’esso compie quarant’anni – è condivisa dal presidente di Farmindustria. Una nuova governance non può prescindere dalla considerazione che la produzione e la natura stessa dei farmaci sta cambiando radicalmente. «Inutile negare che la sostenibilità delle nuove terapie rappresenta la più grande sfida per la salute dei pazienti», afferma Scaccabarozzi, «perché siamo di fronte a uno tsumani della ricerca, con 15.000 nuovi medicinali in arrivo per patologie anche molto gravi, che sta trasformando il tradizionale concetto di farmaco come prodotto in quello di farmaco come processo». Cosa significa questo? Che le avanguardie del settore – i gruppi con il più alto grado di innovazione – si muovono in una sempre più stretta interazione con il mondo Ict. La farmaceutica è uno dei settori di maggiore applicazione dei Big Data, al fine di implementare tutti i processi aziendali: ricerca, produzione, accesso alle terapie. Un numero che può sorprendere ma fino a un certo punto: sono circa 300.000 le app dedicate alla salute, dalla gestione degli stili di vita al sostegno all’aderenza terapeutica. In sintesi, la produzione del farmaco diventa parte di un processo più complesso che comprende anche la diagnostica di precisione, i device, i servizi di assistenza. Allo stesso modo i laboratori di una volta sono ormai troppo angusti per contenere tutto l’universo che si nasconde dietro la produzione di farmaci sempre più “ritagliati” sulle esigenze del singolo paziente. «Il cammino della scienza farmaceutica», evidenzia un fascicolo di Farmindustria dedicato ai quarant’anni, «si fa sempre più multidisciplinare e richiederà una sempre maggiore specificità delle competenze impiegate: medici, genetisti, ma anche matematici, bioinformatici, esperti di chimica combinatoria».
Meccanismi da rivedere e nuove opzioni
Fondamentale, per Farmindustria, sedere attorno a un tavolo per ridiscutere il meccanismo del payback, la norma che impone alle aziende di ripianare gli sforamenti della spesa farmaceutica rispetto al budget previsto. Un sistema che limita l’ulteriore sviluppo del settore, secondo Scaccabarozzi, che pure accoglie con cauto ottimismo i segnali di apertura arrivati dal ministero della Salute in merito alla volontà di tornare sulla questione. «Non è con il payback», ribadisce, «che si garantisce la sostenibilità del sistema. Ci sono altri modi, dei quali vorremmo discutere con le istituzioni».
In compenso l’Italia è prima al mondo per «numero di accordi innovativi tra aziende e servizi sanitari nazionali per la remunerazione dei farmaci in base ai risultati. Un modello di eccellenza di cu spesso si parla a livello internazionale. Si chiamano value based agreement: accordi intelligenti e più convenienti, perché prevedono il rimborso alle imprese farmaceutiche del costo del farmaco solo se il farmaco è effettivamente efficace sul paziente che lo assume». La strada da seguire.