Nel 1515 Niccolò Machiavelli scrisse Il Principe, un capolavoro della letteratura rinascimentale ancora oggi letto e studiato. I più lo considerano una testimonianza di come si governava in quei tempi, altri una pietra miliare del pensiero politico, pochi forse lo definirebbero una guida alla gestione d’impresa. Eppure, tra le sue pagine manager e capitani d’azienda trovano spesso indicazioni preziose per governare attività e staff.
Basta assimilare il Principe di cui Machiavelli dipinge “l’ideal-tipo” all’amministratore delegato di una azienda – o al titolare di una farmacia – ed ecco che l’opera comincia a parlarci. Per esempio: se si vuol comandare, scrive il Toscano, bisogna avere il potere; «e se si vuole il potere si deve fare questo e quello per ottenerlo e conservarlo». Tradotto, chi comanda metta in conto che in certi frangenti diventa necessario essere “cattivi”, ossia sgradevoli o impopolari. Ci sono invece titolari che fanno fatica a imporsi sui propri collaboratori o evitano accuratamente ogni potenziale conflittualità, con il risultato che nell’azienda manca un centro di gravità. La resistenza del personale a seguire gli ordini, a sottoporsi a una formazione oggi indispensabile per consentire all’impresa di differenziarsi rispetto alla concorrenza, sono situazioni tipiche di molte farmacie.
L’impopolarità non è l’unico fardello del comando. «Nasce da questo una disputa: s’elli è meglio essere amato che temuto, o e converso. Rispondesi che si vorrebbe essere l’uno e l’altro; ma perché elli è difficile accozzarli insieme, è molto più sicuro essere temuto che amato, quando si abbia a mancare dell’uno de’ dua». Chi tira le redini dell’impresa dovrebbe basare la sua autorità tanto sul carisma (amato) quanto sulla severità (temuto), ma se non si riesce ad avere entrambe le doti meglio coltivare la seconda piuttosto che il primo. Il titolare dunque smetta di cercare a tutti i costi il consenso dei propri dipendenti, il comando si legittima con i risultati ottenuti piuttosto che con il gradimento degli altri. Jack Welck, celebre tycoon di General Electric, licenziava il 10% della propria forza vendita a intervalli regolari per tagliare chi era meno produttivo; non risultava simpatico a nessuno, ma i risultati commerciali gli davano ragione.
Carismatico o autoritario, il Principe deve comunque rendersi conto che il comando impone pratica ed esercizio continui. «Deve leggere le storie antiche e meditare le azioni di antichi uomini eccellenti, esaminare i motivi delle vittorie e delle sconfitte per potere imitare le vittorie e sfuggire le sconfitte. Il Principe in pace non deve stare mai ozioso, ma star preparato alle avversità. Tenere sempre ben esercitata la milizia, star sempre a caccia, a simulare azioni di guerra». Il capitano d’impresa non ha guerre alle quali prepararsi, ma governare la propria azienda tra le incertezze del mercato richiede spesso piglio da condottiero. E anche apertura mentale all’innovazione e al cambiamento: il manager che si siede, non scruta ciò che fanno i suoi avversari, non segue le novità e le innovazioni che arrivano da altri comparti, è come il generale che non addestra il proprio esercito alla guerra. Nel 1972 la Polaroid lanciò la famosa SX-70, che stampava all’istante la fotografia appena scattata. Venti anni dopo la fotografia digitale si affacciò sul mercato e fu subito chiaro che sarebbe stata una rivoluzione, ma Polaroid non affrontò l’innovazione e continuò a produrre le sue macchine fino a quando non ebbero più mercato. Morale, nel 1977 le azioni dell’azienda americana valevano 60 dollari, nel 2011 solo 28 centesimi.
Il Principe che si addestra al governo della propria impresa, dunque, si sottopone a una formazione incessante, studia per migliore i propri punti di debolezza ed esaltare quelli di forza, lascia periodicamente il banco per andare a indagare negli esercizi commerciali concorrenti (gdo, corner, parafarmacie eccetera) i format più innovati o le formule di vendita più efficaci. Le aziende che non innovano sfioriscono, ma l’innovazione non è soltanto frutto delle richieste che arrivano dal cliente. Henry Ford – il famoso industriale dell’auto – disse una volta: «Se avessi chiesto alla gente che cosa voleva da me, mi sarei solo messo a vendere cavalli più veloci». Lo dice anche Machiavelli: «Nella necessità di saper usare le qualità della bestia, [il Principe] di queste deve prendere ad esempio: la volpe e il leone. Bisogna essere volpe per riconoscere gli inganni, e leone per impaurire i lupi violenti». E’ una metafora che mantiene intatta la sua forza ancora oggi: l’impresa cresce se a sostenerla sono la forza economica e patrimoniale del leone e la furbizia della volpe per scegliere dove e quando investire.