Il farmacista può ottimizzare le cure nei pazienti con epatite C

Il farmacista può ottimizzare le cure nei pazienti con epatite C

Uno studio condotto negli USA e pubblicato sul “World Journal of Gastroenterology” ha evidenziato le capacità di un farmacista clinico di individuare le interazioni tra farmaci in pazienti infetti da HCV ed intervenire suggerendo la sospensione del trattamento. Si tratta di una sperimentazione pilota condotta in ambito universitario ma può essere interessante introdurre questo spunto in Italia, dove vi è, in alcuni casi, la possibilità di distribuire nelle farmacie antiretrovirali normalmente di uso esclusivo ospedaliero. Occorre poi considerare il valore aggiunto dell’importante ruolo svolto dal farmacista territoriale di counseling, educazione all’adesione al trattamento e monitoraggio degli effetti avversi.


I risultati di una ricerca USA

Nello studio condotto presso l’Ospedale dell’Università del Colorado gli autori (un gruppo di epatologi, farmacisti e farmacologi), hanno cercato di quantificare:

1) le interazioni tra farmaci (DDI) nei pazienti che assumevano medicine dirette contro il virus dell’epatite C (HCV);

2) gli interventi che sono stati condotti;

3) il tempo necessario per completare questi passaggi.

Sono state verificate le carte cliniche redatte dal farmacista clinico presso la Clinica Epatologica del medesimo ateneo in un periodo compreso tra il novembre del 2013 e il luglio del 2015 così da verificare la prescrizione di farmaci a pazienti sottoposti a trattamenti con antivirali direi (DAA) per l’HCV e mappate tutte le sovrapposizioni per riconoscere i rischi legati alle interazioni dannose. È stato identificato un totale di 664 pazienti, dei quali il 51,5% presentava cirrosi. I ricercatori hanno quindi riesaminato 5.217 farmaci (in media: 7,86 farmaci per paziente) e hanno riconosciuto 781 interazioni problematiche (1,18 per paziente). «I farmacisti» concludono gli autori «possono incoraggiare misure preventive per ridurre la trasmissione dell’HCV, aumentare l’educazione all’adesione alla terapia, fornire un supporto a iniziare il trattamento antiretrovirale, aiutare a monitorare gli effetti clinici e gli eventi avversi e facilitare l’approvvigionamento dei farmaci».


Dati epidemiologici

L’epidemiologia europea dell’epatite C è riportata nel “Surveillance Atlas of Infectious Disease” dal quale risulta che, nel 2014, nel vecchio continente sono stati segnalati più di trentacinquemila casi di epatite C da ventotto Paesi, con un’incidenza di quasi nove casi per centomila abitanti. L’1,3% dei casi è stato classificato come infezione acuta e il 13,3% come cronica. L’epatite C risulta più frequente tra gli uomini rispetto alle donne; poco più della metà dei casi (51,3%) aveva un’età compresa tra i venticinque e i quarantaquattro anni. Per l’Italia i dati sono ricavati soprattutto dal “Sistema Epidemiologico Integrato dell’Epatite Virale Acuta” (Seieva) implementato nel 1985 presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Negli ultimi 20 anni l’incidenza è notevolmente diminuita, attestandosi sotto l’1%, e con dati di prevalenza compresi tra lo 0,1% e l’1%. L’infezione cronica coinvolge soprattutto la popolazione più anziana (> 60 anni) dato che, in passato, la fonte principale di infezione era dovuta alle trasfusioni di sangue infetto e all’uso di strumenti medici non a perdere. Oggi la fonte trasfusionale è stata sterilizzata, mentre rimangono attive altre forme di trasmissione con alcuni strumenti medici, la trasmissione sessuale e alcuni comportamenti a rischio come tatuaggi, piercing e soprattutto lo scambio di aghi e siringhe per l’uso di droga endovena (Fonte: EpaC).


Le opportunità per il farmacista

Rifacendosi all’organizzazione già in essere da oltre dieci anni per gli antiretrovirali contro il virus dell’immunodeficienza acquisita (HIV), vi sono alcune realtà italiane ospedaliere che si appoggiano alle farmacie territoriali per la distribuzione dei nuovi antiretrovirali diretti anti-HCV con l’obiettivo di allargare il bacino d’utenza dei pazienti avviati al trattamento. Solo per fare un esempio, in questo senso: l’Ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria, unico centro autorizzato dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) nella provincia a prescrivere i nuovi antivirali diretti. Come è noto, per via dell’elevato costo di questi farmaci, attualmente vigono criteri di rimborsabilità piuttosto contestati (sia dai pazienti come dai clinici) per cui hanno priorità d’accesso alle cure i casi più gravi. L’AIFA però sta conducendo serrate trattative con i produttori e recentemente il presidente dell’ente, Mario Melazzini, ha annunciato l’estensione delle cure a una platea più ampia di malati, preludio alla possibilità di dare accesso ai farmaci anche ai pazienti meno gravi, con farmaci a costo molto contenuto. Ciò può comportare un notevole aumento della distribuzione di questi farmaci attraverso le farmacie territoriali. Il farmacista che ha acquisito per tempo competenze specifiche per la gestione del malato con epatite C cronica, può dunque offrire un servizio utile al paziente e all’équipe ospedaliera che lo ha in cura con ricadute positive sul rapporto con il paziente, la specializzazione della sua farmacia e sul fatturato dell’esercizio.

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