La medicina di genere ha dimostrato che le donne soffrono più frequentemente degli uomini, per periodi più lunghi e con una maggiore intensità. Proprio per la rilevanza del fenomeno, il consiglio del farmacista è importante. Il tema è stato affrontato da Eugenio Leopardi, Presidente Utifar (Unione Tecnica Italiana Farmacisti) in un incontro svoltosi di recente a Milano, alla vigilia della seconda Giornata Nazionale della Salute della Donna, iniziativa voluta dal ministro Lorenzin.
Sindromi algiche prima causa di consulto
«Le sindromi algiche sono tra le condizioni che più frequentemente vengono sottoposte al farmacista» ha spiegato Leopardi. «Un terzo dei cittadini esce dalla farmacia con un consiglio: di questi, circa il 20% è costituito da consulenze per la risoluzione di stati dolorosi, molto spesso richieste proprio dalle donne, che sono le maggiori consumatrici di farmaci. Non a caso, sei volte su dieci l’analgesico viene dispensato a un paziente di sesso femminile. Il ruolo del farmacista è di grande importanza per guidare la donna nella scelta consapevole del principio attivo più indicato, favorendo i prodotti con un buon profilo di efficacia e sicurezza, come per esempio paracetamolo, e chiarendo che il ricorso a farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) va evitato se si è in terapia con anticoagulanti, se si soffre di gastrite o reflusso in caso di gravidanza».
Un ruolo codificato dall’Oms
«Secondo quanto più volte ribadito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, tutti farmaci, anche quelli che sono stati concepiti per un utilizzo in “autonomia”, sono molecole che nello svolgimento della propria azione terapeutica possono interagire con i processi dell’organismo. Il rispetto della giusta modalità di assunzione in termini di tempi e posologia, contribuisce a garantire che questa azione sia il più possibile specifica, controllata e priva di conseguenze negative». Da alcuni anni, aggiunge il Presidente Utifar «La farmacia offre, tra le altre cose, quelli che vengono definiti “Servizi Cognitivi’” cioè quel tipo di supporto che aiuta nella diagnosi e nella risoluzione di problemi pratici, correlabili con le esigenze del cliente e che serve a mettere in atto successive strategie comportamentali. Il farmacista deve essere dunque pronto a fornire consigli specifici sui vari aspetti della cura anche in caso di automedicazione, e a discutere con il paziente con modalità di eventuali effetti collaterali legati all’intervento farmacologico». Soprattutto, prosegue Leopardi, «nella sua attività di counselling il farmacista deve anche mettere in guardia dai possibili rischi di un ‘selvaggio’ e protratto “fai-da-te”, che potrebbe causare ritardi diagnostici (se il disturbo di protrae per 2/3 giorni è bene rivolgersi al medico), interazioni farmacologiche o lesioni alla mucosa gastrica. In generale, comunque, il ricorso all’automedicazione per ridurre sindromi dolorose infiammatorie lievi e transitorie si basa soprattutto sull’impiego di analgesici centrali e FANS ».
Come deve essere condotto il counselling
Nell’ottica di un’automedicazione responsabile, il ruolo del farmacista è importante soprattutto nell’indirizzare il paziente verso la scelta del farmaco più corretto al fine di evitare errori di assunzione o effetti collaterali. «Sono di fondamentale importanza quelle poche domande che il farmacista rivolge al paziente prima di consigliare un prodotto» conferma Leopardi. «Il farmaco da banco è un farmaco a tutti gli effetti» ribadisce «e, quindi, dobbiamo stare attenti a quegli effetti gastrolesivi, di sonnolenza e altro che si potrebbero avere. Gli errori si verificano quando l’autocura non è filtrata del farmacista e quando sull’assunzione di un prodotto influiscono vita familiare, televisione e Internet può succedere che si assumano due farmaci con lo stesso principio attivo credendo che sia diverso o che si prenda un farmaco a stomaco vuoto».