Il digitale in Italia

Il digitale in Italia

Stiamo vivendo una nuova rivoluzione industriale attraverso la digitalizzazione e questo rappresenta una grande opportunità per il Paese, in termini di sviluppo e occupazione. Alla presentazione a Milano dello studio “Il mercato digitale in Italia nel 2016”, realizzato dall’Associazione italiana per l’Information technology (Assinform) e da Confindustria digitale, la buona notizia è che in quest’ambito c’è una ripresa di investimenti in tutti i settori, spinti soprattutto dalle grandi imprese, perché finora le medie e le piccole risultano meno coinvolte nella trasformazione digitale. Il mercato digitale in Italia è cresciuto dell’1 per cento nel 2016 (+ 2,4 per cento nel mondo, in dollari), per un valore di 64,9 miliardi di euro. Crescerà dell’1,5 per cento nel 2016 e dell’1,7 per cento nel 2017. L’andamento del mercato è stato spinto dalla digitalizzazione dei processi e dall’utilizzo dell’information technology in chiave competitiva e di innovazione dei modelli di business. Grande importanza dei software e dei servizi Ict, quindi, ma continueranno a crescere i contenuti e la pubblicità digitale. In grande espansione però, più di tutti, i Cloud, i Big data e i Social media. «La gestione competitiva dei dati è ormai fonte di vantaggio competitivo», si legge nel rapporto. «I Big data divengono leva strategica». E in quali settori si registra una maggiore crescita? Molto nelle banche e assicurazioni, che trainano e lo faranno anche in prospettiva, sull’onda di una trasformazione già avviata. Crescono gli investimenti però anche nell’industria manifatturiera e nella sanità. «L’impresa 4.0 è la parte visibile di una trasformazione digitale estesa a tutto il mondo dell’impresa, indotto compreso», spiega Agostino Santoni, presidente di Assinform, «e investirà quasi metà della nostra economia con cambiamenti profondi sia nella progettazione dei prodotti che nel modo di fare impresa, grazie alla digitalizzazione delle filiere e alla network-collaboration di tutti gli attori». L’Italia in questo momento è il Paese delle potenzialità ma è necessario costruire una cultura aziendale diversa. Il cambiamento sta avvenendo in tempi velocissimi e le imprese devono essere pronte: la trasformazione richiesta, infatti, non è solo di tipo tecnologico ma deve riguardare la visione e l’intera sfera organizzativa delle aziende. Per quel che riguarda i dati, per esempio, sono poco sfruttati e anche il valore del commercio B2B è ancora basso, così come l’utilizzo del Cloud da parte delle piccole e medie imprese. «Non possiamo ignorare il gap da cui partiamo in Italia», spiega Elio Catania, presidente di Confindustria digitale, «25 miliardi di euro all’anno in meno di mancati investimenti in innovazione tecnologica rispetto alla media europea. E ne stiamo pagando le conseguenze in termini di mancata capacità di ripresa. Dobbiamo portare in fretta le Pmi italiane ad allinearsi ai livelli di competitività e produttività europee, sostenute da distretti e filiere digitalizzate».

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